domenica 6 marzo 2016

Obbligati a correre







Si dice sempre che il riposo dagli allenamenti fa bene, ed è così in effetti, perché consente la rigenerazione dei tessuti stressati dai carichi di allenamento, oltre che il recupero fisico più in generale, senza escludere anche lo stacco mentale. Si tratta di aspetti positivi che consentono al corpo di reagire agli stimoli indotti dagli allenamenti svolti, che favoriscono il miglioramento prestativo proprio se vengono assimilati dal corpo.

Siamo tutti d'accordo quindi che il giorno di riposo è positivo nel contesto della preparazione, ma per alcuni podisti riposare determina invece situazioni fisiologicamente negative, che forse qualche volta abbiamo provato un po' tutti.

Con questa affermazione intendo dire che il primo allenamento svolto dopo il giorno di riposo non solo ci fa avvertire sensazioni alterate, ma ci presenta anche un rendimento inferiore rispetto a quello avuto nella seduta del giorno prima del riposo.

Com'è quindi possibile che lasciar riposare il corpo per 24 ore provochi un'alterazione prestazionale? Per alcuni podisti è proprio così, e sono quelli che hanno sviluppato adattamenti fisiologici particolarmente significativi sul piano prestazionale, tanto che la mancata sollecitazione quotidiana determina la perdita di alcuni benefici fisiologici. Si tratta ovviamente di modifiche momentanee, facilmente recuperabili proprio con qualche decina di minuti di corsa. Mi riferisco alla perdita di enzimi aerobici presenti nelle fibre muscolari e alla chiusura dei capillari delle fibre più profonde.

I podisti meno allenati (o efficienti) non arrivano a determinare aspetti fisiologici così particolari e per questo non avvertono alcuna variazione fisiologica se per 1-2, ed anche 3 giorni, non si allenano.

Si tratta certo di aspetti apparentemente poco rilevanti ma chi è sensibile agli adattamenti indotti dagli allenamenti “teme” sempre gli effetti del giorno di riposo, che a questo punto verrebbe voglia di annullare. Succede un po' la stessa cosa nelle sedute intervallate, dove la parte più difficile non è tanto il ritmo veloce da mantenere, quanto l'accelerazione che si fa nella prima parte della variazione di ritmo, tanto che si è tentati di ridurre il numero delle “ripetute” da fare per ridurre la parte critica.

Quei podisti che avvertono i “negativi” effetti del riposo possono annullare la pausa degli allenamenti limitandosi a correre per mezz'ora, un'uscita che ha lo stesso senso fisiologico del riscaldamento, vale a dire attivare il circolo sanguigno periferico.

Lo stesso senso ha quindi anche la vigilia della gara: meglio il cosiddetto pre riscaldamento piuttosto che il riposo completo, che può invece essere programmato per l'antivigilia. Quanti podisti affermano che il giorno della gara le gambe sono pesanti e che sembra di avere il “cuore in gola”, quando invece poche ore prima tutto era fisicamente a posto?

Se invece si è impossibilitati a fare anche la mezz'oretta e si è costretti a riposare, si deve considerare che è meglio impostare la prima seduta post-riposo senza inserire sollecitazioni organiche e muscolari elevate, in modo da non trovarsi a correre in un contesto psicofisiologico negativo. La prima seduta può essere strutturata solo per riattivare con efficacia il circolo periferico: va bene inserire delle leggere variazioni di ritmo (per esempio alternare 1' svelto a 4' di corsa in scioltezza), oppure completare la seduta con degli allunghi, o anche una progressione di ritmo. Meglio ancora se queste azioni stimolanti il sistema cardio circolatorio e meccanico vengono fatte nella prima parte della seduta piuttosto che alla fine, perché il disagio di rimettersi in moto dopo il riposo viene percepito di più nei primi momenti.



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