lunedì 7 marzo 2016

DIFENDIAMOCI DALLE ZECCHE



Perché le zecche sembrano essere sempre più numerose sui nostri monti, sono davvero così pericolose? Come fare per evitare i loro attacchi, come ci si deve comportare se, con orrore, scopriamo di essere stati aggrediti, dobbiamo sempre stare in guardia? e se le misure di prevenzione fossero più nocive della stessa zecca?

Zecche e grandi mammiferi: un binomio indissolubile.
Nella seconda metà del 900’ si sono create condizioni socio-economiche tali da favorire un progressivo e massiccio abbandono delle campagne da parte dell’uomo. Per secoli gli esseri umani si sono impegnati a rendere vivibile un ambiente naturale spesso ostile, per rendere  più fertile il terreno, perché potesse fornire più cibo per loro e per gli animali domestici. Molti animali selvatici non resistettero a questi cambiamenti e poco alla volta si estinsero,il loro mondo era stato così modificato da essere divenuto “inospitale”, sterminati branchi di cervi, grandi concentrazioni di caprioli e soprattutto imponenti popolazioni di cinghiali, erano progressivamente scomparse. Le moltitudini di mammiferi selvatici vennero però sostituite da ordinate mandrie di animali domestici fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo, vacche, capre, pecore, cavalli. I predatori come il lupo, la lince, l’orso, provarono a nutrirsi di queste nuove e numerosissime prede ma trovarono un ostacolo insormontabile sulla loro strada: l’uomo pronto a tutto per difenderle. Per le fu molto più facile, potevano agire indisturbate come sempre, per loro era solo cambiato il menù, evitare le era molto semplice: non frequentare i pascoli. Quando però l’uomo decise di abbandonare le campagne le cose cominciarono rapidamente a cambiare, i grandi mammiferi tornarono a popolare i boschi e le pianure, oggi caprioli e cinghiali ma anche volpi, tassi, lupi, istrici, topi sono in fortissima crescita e stanno occupando ogni spazio disponibile, sfruttando in modo massiccio tutte quelle risorse alimentari che sino a pochi anni or sono servivano a nutrire gli esseri umani e i loro animali domestici e che, ora, sono lì a loro disposizione. Le si sono adattate benissimo al cambiamento che per loro ha significato maggior disponibilità di cibo, e maggior quantità di ripari e nascondigli tra un pasto e l’altro.

La famiglia delle zecche
Nel mondo esistono circa 900 specie di zecche, in Italia ne sono state scoperte fino a oggi circa 40 specie, le zecche sono ectoparassiti (parassiti esterni) ematofagi (che si nutrono di sangue), sono artropodi ma non sono insetti, sono piuttosto simili agli acari, parenti lontani dei ragni, come loro le zecche hanno, infatti, 8 zampe, fanno eccezione le larve che ne hanno sei come gli insetti. Vivono ovunque ci sia un vertebrato dal quale trarre nutrimento, amano le aree boscate con terreno ingombro da detriti vegetali come foglie secche, legno marcescente, dove si nascondono tra un pasto e l’altro e dove possono rifugiarsi per affrontare l’inverno.

Il singolare ciclo alimentare delle zecche: solo tre pasti in tutta una vita
Una larva può digiunare per mesi o al contrario rimpinzarsi di sangue il giorno stesso della sua nascita; lezecche sono dotate di un organo di senso davvero straordinario, posto sulla punta della prima coppia di zampe, grazie a questo organo sofisticatissimo, la zecca, è in grado di percepire stimoli chimici e fisici che provengono dall’ambiente, il calore, l’odore dell’acido lattico, l’anidride carbonica le vibrazioni prodotte dai movimenti, le zecche individuano così il loro ospite con precisione millimetrica. Le zecche non saltano né volano semplicemente si arrampicano o si lasciano cadere, la zecca una volta uscita dall’uovo sale su di un filo d’erba e attende che i suoi straordinari “detector” gli comunichino il momento per lasciarsi cadere sull’animale che in quel momento sta passando. La larva della zecca è piccolissima, quanto un granello di sabbia, è forse questa la fase più pericolosa perché praticamente invisibile ai nostri occhi, alcuni germi patogeni responsabili di gravi malattie, come la Borelliosi o morbo di Lyme, possono essere già presenti nella larva, perché si trasmettono per via “trans ovarica” dalla madre alla progenie. Una volta sull’ospite le magiche zampette della zecca la aiuteranno a trovare il punto dove la cute è più sottile, lì inserirà l’ipostoma, una “cannuccia uncinata”, che le permetterà di nutrirsi e di rimanere saldamente attaccata al suo ospite, per non più di tre o quattro giorni, poi si lascerà cadere a terra. Qui, grazie alle proteine ingurgitate, si trasformerà in ninfa, grande quanto una capocchia di spillo, e finalmente con otto zampette, quindi attenderà, digiunando, anche per mesi se necessario, il passaggio di un altro animale. Ancora una volta guidata dalle sue infallibili zampette, potrà consumare il secondo pasto della sua vita, rimarrà sulla sua seconda “vittima” non più di quattro o cinque giorni, poi ancora si lascerà cadere a terra dove si trasformerà in adulto. Da adulta la zecca si comporterà esattamente come già aveva fatto in precedenza, individuerà l’ospite vi si lascerà cadere, cercherà il punto più opportuno per pungere e si nutrirà per la terza e ultima volta, le proteine ingurgitate serviranno alla produzione delle uova, sino a 12000. Quanto possa vivere una zecca è difficile a dirsi, da pochi mesi sino ad alcuni anni, dipende da quanto tempo passerà tra un pasto e l’altro, se dovesse essere troppo la zecca è in grado di sospendere funzioni vitali per mesi e mesi, una sorta di stato di quiescenza chiamato “diapausa” che le permette di attendere un tempo indefinito tra un pasto e l’altro.

Quanto e perché sono pericolose le zecche
La pericolosità delle zecche sta proprio in quei tre pasti di sangue così lontani tra di loro, ogni volta lazecca finirà per parassitare un ospite diverso, quindi se uno degli ospiti è affetto da una malattia trasmissibile per via ematica la zecca la trasmetterà ai suoi ospiti successivi, la zecca adulta che parassita un uomo può essersi nutrita con il sangue di un capriolo quando era ninfa e magari con quello di un topo quando era una piccola larva, se il topo fosse stato affetto ad esempio da Tularemia, la zecca potrebbe trasmetterla al capriolo prima e all’uomo poi, in più potrebbe infettare le proprie uova così che deponendole originerebbe una moltitudine di zecche infette. Non tutte le zecche sono infette, se una zecca non contiene germi patogeni il suo morso, oltre che indolore, è del tutto innocuo, le zecche infette sono pochissime, dipende dalla salute degli animali che gli forniscono il sostentamento, una popolazione di ungulati sana produrrà generazioni di zecche altrettanto sane. Le principali patologie che le zecche sono in grado di veicolare sono: la Febbre Bottonosa Mediterranea, l’Ehrlichiosi, la Babesiosi, la Borelliosi o Morbo di Lyme, la Febbre Q, la Tularemia e l’Encefalite da zecche o TBE. Tutte queste patologie possono rivelarsi molto gravi, è fondamentale una diagnosi precoce.

Comprendere come si alimentano le zecche ci aiuta a prevenire i danni dovuti al loro morso.
Quando la zecca inserisce l’ipostoma in modo da raggiungere i vasi sanguigni più superficiali, non succhia come farebbe una zanzara, ma si lascia pervadere dal sangue sfruttando la pressione arteriosa, occorrono circa 24 ore perché sia sazia, in questa prima fase i rischi di contagio sono praticamente nulli, la possibile infezione avviene successivamente, quando cioè la zecca rigurgita attraverso l’ipostoma nel flusso sanguigno, la parte liquida del sangue trattenendo solamente quella corpuscolata, globuli rossi, bianchi e piastrine, poi riprenderà a farsi pervadere ancora dal sangue, sino ad essere sazia, quindi si lascerà cadere.

Quali accorgimenti si possono adottare, durante le escursioni, per tenere lontane le zecche.
La distribuzione delle zecche sul territorio è “a macchia di leopardo” in alcune zone sono molto comuni in altre più rare in altre ancora del tutto assenti, la regione Veneto pubblica periodicamente un bollettino nel quale vengono indicate le aree più a rischio, possiamo immaginare che le zone maggiormente infestate siano quelle dove insiste una nutrita popolazione di grandi mammiferi. Conviene camminare sempre al centro dei sentieri ed evitare di sedersi o rotolare nell’erba, soprattutto non avventurarsi tra l’erba alta o sostare in luoghi utilizzati per il riposo dai grandi mammiferi, ben riconoscibili perché lì l’erba risulta schiacciata, non inoltrarsi lungo le piste utilizzate da caprioli e cinghiali, anch’esse ben riconoscibili, scegliere per le soste luoghi con poca vegetazione con erba non troppo lunga, stendere se possibile un telo, fare attenzione a dove si poggia lo zaino, mai su cumuli di foglie secche o nell’erba alta. Preferire indumenti di colore chiaro che sembrano essere sgraditi alle zecche e che permettono di individuarle rapidamente qualora tentassero l’arrampicata, meglio preferire maniche e pantaloni lunghi, i pantaloni dovrebbero essere ben chiusi alla caviglia. Possiamo applicare repellenti, sulla cute esposta, a base di Dietiltoluamide o di Picaridina, i più efficaci repellenti per insetti in commercio sono formulati con queste sostanze, proteggono da 1 a 6 ore a seconda della loro concentrazione ( dal 10 al 35%) la Dietiltoluamide è sconsigliata per ragazzi sotto i 12 anni, la Picaridina sembra essere meglio tollerata, sono sostanze che vanno usate con attenzione e solo se è davvero necessario. Si possono spruzzare sugli abiti e sugli zaini prodotti molto repellenti per gli acari come la Permetrina, che è molto efficace ma va usata con prudenza e devono essere seguite con scrupolo le indicazioni presenti su tutte le confezioni. Durante l’escursione, ogni tanto è intelligente dare una “scrollata“ ai pantaloni.

Come comportarsi al ritorno di un’escursione in zone infestate da zecche.
È consigliabile cambiarsi d’abito prima di salire sull’auto o prima di entrare in casa, le zeccheeventualmente presenti sui vestiti potrebbero staccarsi e magari aggredirvi il giorno seguente mentre andate al lavoro o potrebbero girellando per casa aggredire qualche altro componente della vostra famiglia. Entro due ore dal rientro a casa, dopo un’escursione, è consigliabile fare una doccia, per dilavare zecchepresenti sul corpo ma non ancora ancorate alla cute. Esaminare con attenzione il proprio corpo in particolare alcune zone “preferite” dalle zecche come gambe, inguine, ombelico, ascelle, collo e testa.Sulla cute la zecca appare come un piccolo, a volte piccolissimo, corpuscolo scuro, potrebbe essere utile una lente di ingrandimento, sarebbe bene soffermarsi dove compaiono rigonfiamenti o arrossamenti della pelle. In ultimo spazzolare con cura indumenti zaini ed equipaggiamenti, gli abiti vanno lavati ad almeno 60 gradi centigradi.

Tecniche sicure per la rimozione delle zecche ancorate sulla cute.
Nel caso di rinvenimento di una o più zecche ancorate all’epidermide occorre rimuoverle il più rapidamente possibile, il rischio di infezione è, infatti, direttamente proporzionale al tempo che il parassita resta attaccato alla pelle. Le zecche vanno rimosse senza essere traumatizzate con sostanze chimiche, saponi, disinfettanti, provocherebbero il rigurgito dell’animale e quindi aumenterebbero il rischio di infezione, durante l’estrazione non vanno schiacciate, sempre per evitare rigurgiti. La zecca va afferrata con sottili pinzette o con appositi “leva-zecche” in commercio, il più vicino possibile alla cute, estrarre la zecca tirando verso l’alto senza stringere troppo e senza strappi o rotazioni, con una trazione continua. A questo punto non resta altro da fare se non lavare e disinfettare con cura la piccola ferita. Se durante l’estrazione l’ipostoma della zecca dovesse rimanere infisso nella cute non dovrete preoccuparvene eccessivamente, sarà naturalmente estromesso senza conseguenze. Annotate sul calendario la data corrente e prestate attenzione a sintomi sospetti per un periodo di circa 30-40 giorni, come segni di un’infezione locale con arrossamenti, gonfiore e dolore al tatto, febbre, eruzioni cutanee in corrispondenza del morso, ingrossamento dei linfonodi prossimi alla zona della puntura, debolezza e dolori alle articolazioni.





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