giovedì 10 marzo 2016

I test per conoscere la soglia anaerobica - seconda parte



Eccoci di nuovo qua a parlare di Soglia Anaerobica, in questo post che è il prosieguo di quanto abbiamo già trattato la volta scorsa, vengono ben spiegati i test che possono essere effettuati per la determinazione della velocità e della FC di soglia.


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Seconda parte:


Dopo il post "Alla scoperta della soglia aerobica e anaerobica - prima parte", proseguiamo e concludiamo questo interessantissimo argomento, entrando maggiormente nel dettaglio, con un attento focus sui diversi test di valutazione utili a conoscere e scoprire i propri parametri metabolici.
Ora che certamente conoscerete meglio la definizione di soglia anaerobica, vi starete chiedendo come possa essere ricavata ed in seguito come questo valore possa influenzare i vostri allenamenti, o possa essere mezzo di confronto semplicemente con voi stessi o tra voi ed altri atleti.
Come visto nell’articolo precedente a diversi studi sono succeduti quasi sempre differenti protocolli valutativi, che suffragassero le tesi degli autori; pertanto ancora oggi assistiamo a diversi test “metabolici” ed il preparatore atletico, in questo ambiente ricco di informazioni, dati e parametri, deve sapersi districare abilmente, conoscendo pregi e difetti dei protocolli stessi in maniera da poter creare un programma personalizzato a partire dai dati ricavati. Risulta quindi fondamentale il concetto di ripetitività del test, cioè che venga riproposto rispettando e paragonandolo con il medesimo protocollo o metodo, possibilmente svolto allo stesso orario e a condizioni di temperatura ed umidità simili. In questo capitolo vedremo alcuni dei principali protocolli e la relativa analisi, osservando nello specifico le differenze tra runner e skyrunner.
I TEST DI VALUTAZIONE FUNZIONALE:
Diffidate in toto di rilevazioni della soglia anaerobica a partire da formule empiriche, a maggior ragione se basate sulla frequenza cardiaca massima teorica (il classico 220-età), in quanto quasi certamente non troverete il vostro corretto valore in termini di frequenza cardiaca. Su questo punto sono sempre stato “piuttosto irremovibile”, tanto da studiare molti casi nel corso di questi anni, traendone conclusioni contrarie a questo approcio (poco) metodologico. Nella figura di qui sotto infatti noterete come la FC teorica e quella ricavata tramite apposito test possano differire anche di moltissimi battiti, dando origine a clamorosi abbagli in fase post-analisi, di programmazione, con errori poi di impostazione del programma di allenamento spesso coincidenti con il mancato raggiungimento dei propri obiettivi.

 
  
• Test Conconi
Uno dei precursori della valutazione funzionale è stato certamente il Dott. Conconi, dopo aver creato un test a protocollo incrementale, studiato in particolar modo sui ciclisti ed ideato ad inizio anni ’80 che ancora oggi risulta molto utilizzato. Ma possiamo parlare effettivamente di un test valido?
Ebbene, il vantaggio di un protocollo incrementale, proposto con aumento della velocità ogni 200 metri (solitamente) sta nella non invasività del protocollo stesso, ovvero basterà una pista d’atletica o un tapis roulant, un cardiofrequenzimetro e carta e penna per annotare tutte le variazioni della frequenza cardiaca e della velocità. Gli svantaggi però sembrano pesare in maniera importante a discapito del vantaggio sopra citato, in quanto questo test si basa sull’osservazione del punto di deflessione (il punto in cui non si ha più crescita lineare della frequenza cardiaca, ma si assiste proprio ad una deflessione) e questo aspetto tanto centrale spesso da origine ad interpretazioni del tutto diverse tra loro. Infatti lo stesso test proposto a dieci persone diverse, alle quali è stato richiesto di trovare la deflessione, può dare origine a dieci risultati diversi!! Proprio questo è uno degli aspetti negativi del test, che necessita di moltissima esperienza e spesso questa esperienza non fa si che si escludano interpretazioni di analisi diverse (non li chiamerei errori), facendo si che non sia scientificamente riconosciuto. Non a caso può dare risultati molto diversi da un test “diretto”.
  
Fig. 2: Analisi di Test Conconi, con incrementi di 0,5 km/h ogni 200 metri. Grafico by Zetatraining

Immagino che alcuni saranno concordi con la valutazione di qui sopra, altri invece non lo saranno per niente, questo va a confermare quanto detto poco fa, cioè che si tratti di un test sicuramente molto utile, ma spesso interpretativo.
• Test Faraggiana – Gigliotti
Il test di Faraggiana – Gigliotti è senz’altro uno dei protocolli maggiormente scientifici, il cui obiettivo è quello di ricavare la massima velocità in cui la concentrazione di lattato rimane stazionaria.
Si tratta di svolgere 5 ripetute sui 2000 metri, con recupero di 30” tra una prova e l’altra, con le ripetute da svolgersi a velocità inferiore rispetto alla precedente di circa 5 km/h; analizzando il lattato tramite apposito strumento di misurazione.
• Test di Mader
Anche in questo protocollo test il ruolo del lattato è centrale.
Per comprenderlo meglio vi basterà rileggere quanto scritto nel primo articolo, con relativa standardizzazione della soglia aerobica a 2 mmol/L e di quella anaerobica a 4 mmol/L. Il test può essere svolto in laboratorio su tapis roulant, oppure in pista o su strada, tramite utilizzo del gps e successiva analisi a computer una volta concluso il test. Si possono utilizzare step da 1000 metri o da 1200 per atleti di vertice (in maniera da poter ottenere un minutaggio minimo per assicurare che sia garantito lo steady state) con controllo del lattato al termine di ogni step e successivo incremento della velocità (0,5 – 1 km/h a seconda dell’atleta).
 
Fig. 3: Analisi di Test di Mader di un ottimo corridore/ triatleta., Grafico by Zetatraining.

Il test di qui sopra può essere anche svolto su tapis roulant utilizzando step di durata di 4-5’. aerobica corrisponda ad un ritmo maratona, mentre con il ritmo della soglia anaerobica si possa correre tranquillamente un 10000. In realtà però esistono atleti in grado di correre una mezza maratona con un ritmo di soli 10-15” più elevato della soglia a 4 mmol/L ed altri invece, di altissimo livello, aventi un gap anche di soli 5-10” tra le due soglie!! In quest’ultimo caso parliamo di atleti di caratura mondiale, spesso maratoneti.
E gli skyrunner?
Esistono anche in questo caso alcuni protocolli, in realtà sono attualmente ancora molto in evoluzione in seguito alla crescita di sport quali l’alpinismo e lo skyrunning o gli ultratrail, dove la componente di salita / ascesa / dislivello…chiamatela come volete, risulta determinante. Proprio la continua variazione delle pendenze (in percentuale) in una prova di questo tipo fa si che lavorare sul passo al km sia ancora troppo variabile, mentre risulta preferibile monitorare sia la frequenza cardiaca che il dislivello positivo, andando così ad uniformare maggiormente l’allenamento.
Personalmente seguendo alcuni atleti “sky and trail” (passatemi l’inglesismo) prediligo un protocollo di step di durata 4-5’ a pendenze e velocità crescenti, salvo poi stabilizzare la pendenza ed incrementare la velocità qualora la risposta dell’atleta fosse superiore alla norma.
  
Fig. 4: Analisi di Test di Mader di un ottimo atleta “Ultratrail”. Incrementi di 2% e 0,5 km/h ogni step. Grafico by Zetatraining.

Come ripeto questo è un metodo di lavoro, ce ne sono poi altri, tutti rispettabilissimi come sempre, tengo a precisare poi che il settore è in continua evoluzione, pertanto non è da escludere che un test validissimo oggi tra qualche anno sia meno valido scientificamente. Esistono poi in letteratura diversi test metabolici, non faremo riferimento al VO2 Max in quanto lo tratteremo in un altro articolo, ritengo però che i protocolli sopra citati siano quelli di maggior interesse e sicuramente i più utilizzati in ambito di preparazione atletica per discipline endurance.
IMPOSTARE UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO PARTENDO DAI “RITMI”:
Calcolato il valore di soglia anaerobica è possibile stilare un programma di allenamento specifico.
Esempio pratico:
Alessandro, triatleta di 38 anni, ha svolto un test dal quale si è ricavata una soglia di 151 bpm ed un passo di 4’00” al km.
Il primo passo è impostare i range / ritmi di allenamento, che possono essere identificati in zone, solitamente da Z1/L1 a Z5/L5 oppure con la classica terminologia:

– RECUPERO ATTIVO: 5’00” al km
– LENTO: 4’50” – 4’40” al km
– MEDIO: 4’30”-4’20” al km
– VELOCE: 4’10” al km
– SOGLIA: 4’00-3’50” al km
– LATTACIDO: < 3’50” al km

Esistono poi differenti classificazioni, ma semplificandole e riassumendole possiamo tranquillamente utilizzare queste. Come noterete le ho appositamente espresse in ritmo al chilometro e non in bpm. Premesso che uno dei prossimi argomenti sarà proprio questo, la scelta tra ritmo e cardiofrequenzimetro, se state preparando una corsa in linea, una mezza maratona o una maratona…il consiglio è senz’altro quello di non utilizzare la frequenza cardiaca, ma non voglio svelarvi altro in quanto sarà mia premura togliervi ogni dubbio in un articolo, a breve.

CONCLUSIONI:
Si conclude così questo capitolo dedicato alla soglia anaerobica, sperando di avervi incuriosito e augurandomi di avervi fatto comprendere l’importanza di svolgere un test di valutazione scientifico per poter pensare di programmare il proprio allenamento al meglio, utilizzando dei parametri oggettivi e non soggettivi, risultato di un test auto-svolto, che è spesso il risultato di errori di esecuzione e/o di interpretazione. Conoscere sé stessi in maniera obiettiva, attraverso un aiuto esterno, è il primo passo per essere maggiormente consapevoli dei propri mezzi e per raggiungere gli obiettivi prefissati.
“Scopri chi sei e non aver paura di esserlo” (M. Gandhi)
Davide Zecchi
Dott. in Scienze Motorie





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