Eccoci di nuovo qua a parlare di Soglia Anaerobica, in questo post che è il prosieguo di quanto abbiamo già trattato la volta scorsa, vengono ben spiegati i test che possono essere effettuati per la determinazione della velocità e della FC di soglia.
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Seconda parte:
Dopo il post "Alla scoperta della soglia aerobica e anaerobica - prima parte", proseguiamo e concludiamo questo interessantissimo argomento, entrando maggiormente nel dettaglio, con un attento focus sui diversi test di valutazione utili a conoscere e scoprire i propri parametri metabolici.
Ora che certamente conoscerete
meglio la definizione di soglia anaerobica, vi
starete chiedendo come possa essere ricavata ed in seguito come questo valore
possa influenzare i vostri allenamenti, o possa essere mezzo di confronto
semplicemente con voi stessi o tra voi ed altri atleti.
Come visto nell’articolo precedente a diversi studi sono succeduti quasi sempre differenti protocolli valutativi, che suffragassero le tesi degli autori; pertanto ancora oggi assistiamo a diversi test “metabolici” ed il preparatore atletico, in questo ambiente ricco di informazioni, dati e parametri, deve sapersi districare abilmente, conoscendo pregi e difetti dei protocolli stessi in maniera da poter creare un programma personalizzato a partire dai dati ricavati. Risulta quindi fondamentale il concetto di ripetitività del test, cioè che venga riproposto rispettando e paragonandolo con il medesimo protocollo o metodo, possibilmente svolto allo stesso orario e a condizioni di temperatura ed umidità simili. In questo capitolo vedremo alcuni dei principali protocolli e la relativa analisi, osservando nello specifico le differenze tra runner e skyrunner.
Come visto nell’articolo precedente a diversi studi sono succeduti quasi sempre differenti protocolli valutativi, che suffragassero le tesi degli autori; pertanto ancora oggi assistiamo a diversi test “metabolici” ed il preparatore atletico, in questo ambiente ricco di informazioni, dati e parametri, deve sapersi districare abilmente, conoscendo pregi e difetti dei protocolli stessi in maniera da poter creare un programma personalizzato a partire dai dati ricavati. Risulta quindi fondamentale il concetto di ripetitività del test, cioè che venga riproposto rispettando e paragonandolo con il medesimo protocollo o metodo, possibilmente svolto allo stesso orario e a condizioni di temperatura ed umidità simili. In questo capitolo vedremo alcuni dei principali protocolli e la relativa analisi, osservando nello specifico le differenze tra runner e skyrunner.
I TEST DI VALUTAZIONE FUNZIONALE:
Diffidate in toto di
rilevazioni della soglia anaerobica a partire da formule empiriche, a maggior
ragione se basate sulla frequenza cardiaca massima teorica (il classico
220-età), in quanto quasi certamente non troverete il vostro corretto valore in
termini di frequenza cardiaca. Su questo punto sono sempre stato “piuttosto
irremovibile”, tanto da studiare molti casi nel corso di questi anni, traendone
conclusioni contrarie a questo approcio (poco) metodologico. Nella figura di
qui sotto infatti noterete come la FC teorica e quella ricavata tramite
apposito test possano differire anche di moltissimi battiti, dando origine a
clamorosi abbagli in fase post-analisi, di programmazione, con errori poi di
impostazione del programma di allenamento spesso coincidenti con il mancato
raggiungimento dei propri obiettivi.
• Test Conconi
Uno dei precursori della
valutazione funzionale è stato certamente il Dott. Conconi, dopo aver creato un
test a protocollo incrementale, studiato in particolar modo sui ciclisti ed
ideato ad inizio anni ’80 che ancora oggi risulta molto utilizzato. Ma possiamo
parlare effettivamente di un test valido?
Ebbene, il vantaggio di un protocollo incrementale, proposto con aumento della velocità ogni 200 metri (solitamente) sta nella non invasività del protocollo stesso, ovvero basterà una pista d’atletica o un tapis roulant, un cardiofrequenzimetro e carta e penna per annotare tutte le variazioni della frequenza cardiaca e della velocità. Gli svantaggi però sembrano pesare in maniera importante a discapito del vantaggio sopra citato, in quanto questo test si basa sull’osservazione del punto di deflessione (il punto in cui non si ha più crescita lineare della frequenza cardiaca, ma si assiste proprio ad una deflessione) e questo aspetto tanto centrale spesso da origine ad interpretazioni del tutto diverse tra loro. Infatti lo stesso test proposto a dieci persone diverse, alle quali è stato richiesto di trovare la deflessione, può dare origine a dieci risultati diversi!! Proprio questo è uno degli aspetti negativi del test, che necessita di moltissima esperienza e spesso questa esperienza non fa si che si escludano interpretazioni di analisi diverse (non li chiamerei errori), facendo si che non sia scientificamente riconosciuto. Non a caso può dare risultati molto diversi da un test “diretto”.
Ebbene, il vantaggio di un protocollo incrementale, proposto con aumento della velocità ogni 200 metri (solitamente) sta nella non invasività del protocollo stesso, ovvero basterà una pista d’atletica o un tapis roulant, un cardiofrequenzimetro e carta e penna per annotare tutte le variazioni della frequenza cardiaca e della velocità. Gli svantaggi però sembrano pesare in maniera importante a discapito del vantaggio sopra citato, in quanto questo test si basa sull’osservazione del punto di deflessione (il punto in cui non si ha più crescita lineare della frequenza cardiaca, ma si assiste proprio ad una deflessione) e questo aspetto tanto centrale spesso da origine ad interpretazioni del tutto diverse tra loro. Infatti lo stesso test proposto a dieci persone diverse, alle quali è stato richiesto di trovare la deflessione, può dare origine a dieci risultati diversi!! Proprio questo è uno degli aspetti negativi del test, che necessita di moltissima esperienza e spesso questa esperienza non fa si che si escludano interpretazioni di analisi diverse (non li chiamerei errori), facendo si che non sia scientificamente riconosciuto. Non a caso può dare risultati molto diversi da un test “diretto”.
Immagino che alcuni saranno
concordi con la valutazione di qui sopra, altri invece non lo saranno per
niente, questo va a confermare quanto detto poco fa, cioè che si tratti di un
test sicuramente molto utile, ma spesso interpretativo.
• Test Faraggiana – Gigliotti
Il test di Faraggiana –
Gigliotti è senz’altro uno dei protocolli maggiormente scientifici, il cui
obiettivo è quello di ricavare la massima velocità in cui la concentrazione di
lattato rimane stazionaria.
Si tratta di svolgere 5 ripetute sui 2000 metri, con recupero di 30” tra una prova e l’altra, con le ripetute da svolgersi a velocità inferiore rispetto alla precedente di circa 5 km/h; analizzando il lattato tramite apposito strumento di misurazione.
Si tratta di svolgere 5 ripetute sui 2000 metri, con recupero di 30” tra una prova e l’altra, con le ripetute da svolgersi a velocità inferiore rispetto alla precedente di circa 5 km/h; analizzando il lattato tramite apposito strumento di misurazione.
• Test di Mader
Anche in questo protocollo
test il ruolo del lattato è centrale.
Per comprenderlo meglio vi
basterà rileggere quanto scritto nel primo articolo, con relativa
standardizzazione della soglia aerobica a 2 mmol/L e di quella anaerobica a 4
mmol/L. Il test può essere svolto in laboratorio su tapis roulant, oppure in
pista o su strada, tramite utilizzo del gps e successiva analisi a computer una
volta concluso il test. Si possono utilizzare step da 1000 metri o da 1200 per
atleti di vertice (in maniera da poter ottenere un minutaggio minimo per
assicurare che sia garantito lo steady state) con controllo del lattato al
termine di ogni step e successivo incremento della velocità (0,5 – 1 km/h a
seconda dell’atleta).
Il test di qui sopra può
essere anche svolto su tapis roulant utilizzando step di durata di 4-5’.
aerobica corrisponda ad un ritmo maratona, mentre con il ritmo della soglia
anaerobica si possa correre tranquillamente un 10000. In realtà però esistono
atleti in grado di correre una mezza maratona con un ritmo di soli 10-15” più
elevato della soglia a 4 mmol/L ed altri invece, di altissimo livello, aventi
un gap anche di soli 5-10” tra le due soglie!! In quest’ultimo caso parliamo di
atleti di caratura mondiale, spesso maratoneti.
E gli skyrunner?
Esistono anche in questo caso
alcuni protocolli, in realtà sono attualmente ancora molto in evoluzione in
seguito alla crescita di sport quali l’alpinismo e lo skyrunning o gli
ultratrail, dove la componente di salita / ascesa / dislivello…chiamatela come volete,
risulta determinante. Proprio la continua variazione delle pendenze (in
percentuale) in una prova di questo tipo fa si che lavorare sul passo al km sia
ancora troppo variabile, mentre risulta preferibile monitorare sia la frequenza
cardiaca che il dislivello positivo, andando così ad uniformare maggiormente
l’allenamento.
Personalmente seguendo alcuni
atleti “sky and trail” (passatemi l’inglesismo) prediligo un protocollo di step
di durata 4-5’ a pendenze e velocità crescenti, salvo poi stabilizzare la
pendenza ed incrementare la velocità qualora la risposta dell’atleta fosse
superiore alla norma.
Fig. 4: Analisi di Test di Mader di un ottimo atleta “Ultratrail”. Incrementi di 2% e 0,5 km/h ogni step. Grafico by Zetatraining. |
Come ripeto questo è un metodo
di lavoro, ce ne sono poi altri, tutti rispettabilissimi come sempre, tengo a
precisare poi che il settore è in continua evoluzione, pertanto non è da
escludere che un test validissimo oggi tra qualche anno sia meno valido
scientificamente. Esistono poi in letteratura diversi test metabolici, non
faremo riferimento al VO2 Max in quanto lo tratteremo in un altro articolo,
ritengo però che i protocolli sopra citati siano quelli di maggior interesse e
sicuramente i più utilizzati in ambito di preparazione atletica per discipline
endurance.
IMPOSTARE UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO
PARTENDO DAI “RITMI”:
Calcolato il valore di soglia
anaerobica è possibile stilare un programma di allenamento specifico.
Esempio pratico:
Alessandro, triatleta di 38
anni, ha svolto un test dal quale si è ricavata una soglia di 151 bpm ed un
passo di 4’00” al km.
Il primo passo è impostare i
range / ritmi di allenamento, che possono essere identificati in zone,
solitamente da Z1/L1 a Z5/L5 oppure con la classica terminologia:
– RECUPERO ATTIVO: 5’00” al km
– LENTO: 4’50” – 4’40” al km
– MEDIO: 4’30”-4’20” al km
– VELOCE: 4’10” al km
– SOGLIA: 4’00-3’50” al km
– LATTACIDO: < 3’50” al km
Esistono poi differenti
classificazioni, ma semplificandole e riassumendole possiamo tranquillamente
utilizzare queste. Come noterete le ho appositamente espresse in ritmo al
chilometro e non in bpm. Premesso che uno dei prossimi argomenti sarà proprio questo,
la scelta tra ritmo e cardiofrequenzimetro, se state preparando una corsa in
linea, una mezza maratona o una maratona…il consiglio è senz’altro quello di
non utilizzare la frequenza cardiaca, ma non voglio svelarvi altro in quanto
sarà mia premura togliervi ogni dubbio in un articolo, a breve.
CONCLUSIONI:
Si conclude così questo
capitolo dedicato alla soglia anaerobica, sperando di avervi incuriosito e
augurandomi di avervi fatto comprendere l’importanza di svolgere un test di
valutazione scientifico per poter pensare di programmare il proprio allenamento
al meglio, utilizzando dei parametri oggettivi e non soggettivi, risultato di
un test auto-svolto, che è spesso il risultato di errori di esecuzione e/o di
interpretazione. Conoscere sé stessi in maniera obiettiva, attraverso un aiuto
esterno, è il primo passo per essere maggiormente consapevoli dei propri mezzi
e per raggiungere gli obiettivi prefissati.
“Scopri chi sei e non aver paura di
esserlo” (M. Gandhi)
Davide Zecchi
Dott. in Scienze Motorie
Fonte: Trailrunning.it
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