Ho inserito nel ns blog questo post (ne seguirà un secondo dove verrà approfondito l'argomento) perchè ritengo che la soglia anaerobica nella corsa trail sia estremamente importante; ovviamente per chi ha interesse ad ottenere miglioramenti nelle prestazioni, non certo per chi è solo interessato a correre in natura senza dare nessun importanza alla prestazione cronometrica.
A differenza della corsa su strada, in montagna non è possibile stabilire una velocità "andatura" in min/Km da tenere in gara, perchè ovviamente le variazioni del terreno sul percorso non lo consentono.
Quindi, proprio per questo motivo, risulta essere molto importante utilizzare invece la "Fc di soglia", in modo tale che il trailer, ovviamente con l'utilizzo del cardiofrequenzimetro, è in grado di mantenere una andatura, sia sui tratti in salita che sui tratti in discesa, che sarà sempre il massimo che il proprio fisico, in funzione del livello di allenamento, è in grado di sopportare.
Da quì nasce la necessità di effettuare un test che consenta di individuare la velocità e la FC di soglia.
In questo post è in quello successivo viene ben spiegato cosa sia la Soglia Anaerobica e Aerobica e quali siano i test da effettuare per determinarla.
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Prima parte:
Analizzare il ruolo della soglia, in particolare di quella anaerobica, significa affrontare uno degli argomenti più interessanti e maggiormente studiati nel corso degli anni da moltissimi ricercatori, fisiologi e allenatori, e che ancora oggi è tema di dibattito tra teorie diverse: personalmente direi che il concetto di soglia anaerobica si basa sugli studi del passato, ma è in continua evoluzione grazie alle esperienze acquisite ed all’evoluzione dello studio della performance sportiva. Prima di addentrarci nei “meandri dell’argomento” facciamo però chiarezza sin da subito: la soglia anaerobica non è assolutamente la frequenza cardiaca massima e non si tratta pertanto di un limite invalicabile! Scopriremo infatti persino come il passaggio dalla soglia aerobica a quella anaerobica non sia e non debba essere visto come una linea di demarcazione tracciata di netto, ma per apprendere tutto ciò non ci si può esimere dal fare chiarezza, a partire dal dare una definizione dell’argomento. Dalla fisiologia sappiamo infatti che:
– la Soglia Aerobica (SaE o AT-aerobic threshold)
corrisponde al punto d’intensità in cui si assiste all’aumento della produzione
di lattato rispetto ai valori basali.
Secondo gli studi di Mader si localizzerebbe a 2
mmol/L di concentrazione (leggere in seguito per approfondire).
– la Soglia Anaerobica (SaN o LT-lactate threshold)
corrisponde al punto d’intensità in cui si ha la massima concentrazione di
lattato, tale che possa essere ancora smaltito dal sangue, trovandosi così in
una situazione di equilibrio tra produzione e rimozione. Sempre secondo Mader
essa si localizzerebbe a 4 mmol/L di concentrazione.
Al di sopra di questa soglia
la velocità di produzione di lattato supera quella di smaltimento, pertanto si
innesca il meccanismo anaerobico lattacido, mediante la glicolisi anaerobica,
con conseguente marcato aumento della “fatica”.
Fig.1 – Rappresentazione grafica della soglia aerobica ed anaerobica in relazione alla concentrazione di lattato, secondo la definizione di Mader. |
Volutamente, da figura, il
passaggio da una soglia all’altra è rappresentato in maniera sfumata, come a
consolidare il concetto di correlazione, o meglio di compartecipazione, proprio
come avviene tra i fondamentali meccanismi energetici, il cui scopo è quello di
produrre energia.
Senza entrare eccessivamente
nello specifico, non ci si può esimere dal descrivere le tre diverse tipologie
di produzione energetica avente il fine ultimo di risintetizzare ATP
(adenosintrifosfato):
AEROBICO – ANAEROBICO LATTACIDO –
ANAEROBICO ALATTACIDO
Meccanismo aerobico (Sistema ossidativo)
Avviene in presenza di
ossigeno (O2) e, riassumendo al massimo (non me ne vogliate), la molecola di
ossigeno scinde la sostanza nutritiva (carboidrati o lipidi o proteine)
producendo ATP, H2O (acqua) e CO2 (anidride carbonica).
L’utilizzo di uno o di un
altro combustibile varia a seconda della durata e dell’intensità dell’esercizio
svolto, laddove all’aumentare della durata e ad intensità moderate saranno
utilizzati principalmente i lipidi (grassi), salvo aumentare la combustione dei
carboidrati all’aumentare dell’intensità. Quando le scorte di zuccheri saranno
terminate e la richiesta energetica risulterà molto elevata, allora verranno
utilizzate le proteine.
Meccanismo anaerobico lattacido (Glicolisi anaerobica)
Non necessita di ossigeno e la
produzione di energia avviene mediante la glicolisi.
Il meccanismo anaerobico
lattacido si innesca utilizzando le scorte di carboidrati presenti sotto forma
di glicogeno muscolare, epatico e del glucosio nel sangue.
Gli enzimi glicolitici
agiscono sulla scissione di glicogeno o glucosio trasformandoli in acido piruvico,
il cui destino è poi legato alla presenza di ossigeno (con produzione di
AcetilCoA) o meno (lattato).
Molto sollecitato in prestazioni di 45 s. – 2 minuti
(Harre).
Meccanismo anaerobico alattacido (ATP-PCr) Il cosiddetto ATP-PCr. Le cellule oltre ad ATP contengono anche fosfocreatina, molecola altamente energetica, la cui scissione serve per ricostruire ATP e quindi mantenere costanti le riserve energetiche. E’ questo però il sistema meno duraturo in quanto l’esaurimento avviene rapidamente, è infatti il meccanismo che interviene negli sprint brevi, da 3 a 15 secondi (Harre).
Meccanismo anaerobico alattacido (ATP-PCr) Il cosiddetto ATP-PCr. Le cellule oltre ad ATP contengono anche fosfocreatina, molecola altamente energetica, la cui scissione serve per ricostruire ATP e quindi mantenere costanti le riserve energetiche. E’ questo però il sistema meno duraturo in quanto l’esaurimento avviene rapidamente, è infatti il meccanismo che interviene negli sprint brevi, da 3 a 15 secondi (Harre).
CORRELAZIONE TRA I DIVERSI MECCANISMI ENERGETICI:
Ritornando sul concetto di
compartecipazione tra sistemi, accennato poco fa, va da sé che i sistemi non
agiscano in maniera indipendente tra loro, ed infatti la figura di qui sotto
può rendere certamente meglio l’idea.
Fig.2 – Interazione sistemi energetici nel corso di un esercizio ad intensità massimale e durata crescente.
(Fig. 4.9 pag.148 – Fisiologia esercizio fisico e sport, J.Wilmore, D.Costill)
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Il breve excursus riguardante
i meccanismi energetici, dando di essi solo una panoramica generale, senza
entrare nello specifico a livello fisiologico è, a mio parere, fondamentale per
capire due concetti utili poi a comprendere meglio il ruolo della soglia:
- conoscere ed assimilare le
differenze tra il lavoro aerobico e quello anaerobico
- percepire la soglia
anaerobica come quel momento in cui il meccanismo (metabolismo) energetico da
aerobico si trasforma in anaerobico, almeno parzialmente.
Ma quel “momento” è davvero a 4 mmol/L di
concentrazione di lattato?
Il
valore di soglia può realmente essere così standardizzato?
Ebbene, la risposta è no, o
più precisamente la risposta è che la concentrazione di 4 mmol /L è il
risultato di una media, ma essa può variare da soggetto a soggetto, quindi
rappresenta una standardizzazione. A seconda del protocollo valutativo
utilizzato inoltre, questo valore si avvicina in maniera più o meno precisa,
infatti sempre ritornando ai concetti del tedesco Mader, egli raccomandava, al
fine di ottenere risultati soddisfacenti, di analizzare la concentrazione di
lattato ad intervalli non inferiori ai 4 minuti, meglio se compresi tra i 5 e i
10 (anche superiori), facendo fede alla stabilizzazione del lattato in
quell’intervallo temporale.
Pertanto protocolli valutativi con analisi del lattato
ogni 2’ sono, a parer mio, suffragato anche da diversi studi, poco attendibili.
Nel corso degli anni i
concetti di Mader sono stati rivisti, in parte, su tutti dai tedeschi Stegmann
e Kindermann che, nel 1982, parlarono per la prima volta di massimo lattato in steady
state (MLSS), ovvero la massima intensità alla quale esiste un equilibrio tra
il lattato prodotto dai muscoli ed il lattato smaltito dal sangue.
Questo concetto ha assunto
grandissima importanza in ambito fisiologico e di valutazione, ma il suo grosso
limite avviene in ambito pratico-applicativo, infatti occorrerebbe sottoporre
un’atleta a molte prove, su giorni diversi, ad intensità variabili costanti, di
durata 20-30 minuti.
Va da sé che per un atleta di
alto livello tale protocollo sia sostenibile, mentre per un atleta non
professionista che volesse valutare la propria performance con frequenza
ridotta questo sia quasi inutilizzabile per via delle lunghe tempistiche.
Stegmann e Kindermann sono
partiti dal presupposto che lo standard 4 mmol/L non fosse completamente
corretto, e ciò è certamente vero, in quanto tale range di concentrazione di
lattato soggettivo può essere inferiore o superiore rispetto al valore
standard; ma è altrettanto vero che, pur riconoscendone certi limiti, questo
indice numerico è il risultato di numerose rilevazioni campione e che è
comunque un parametro che possa essere confrontato tra test dello stesso
soggetto, con medesimo protocollo, in periodi differenti.
L’evoluzione scientifica ha
portato nel corso degli anni al susseguirsi di decine di teorie sulla SAN, come
ad esempio l’OBLA (onset of blood accumulation) ricavato dagli studi di Sjodin,
Karlsson, Jacobs e poi Bentley; non giungendo però ancora ad una definizione
definitiva ed inequivocabile, tant’è che gli studiosi Leger, Tomkakidis (1988)
e Peronnet (1995), dopo aver valutato oltre trenta protocolli sia invasivi che
non invasivi e ricavato soglie anaerobiche diverse fra loro giunsero a questa
conclusione:
“Indubbiamente, se per scovare
la soglia anaerobica sono stati profusi sforzi e tesori d’immaginazione, può
essere che non essere riusciti a trovarla sia anche da considerare come una
prova che forse non esiste”.
Un vero paradosso, ma che forse non si discosta
nemmeno molto dalla realtà…
Il mio pensiero è che standardizzare un concetto che
dovrebbe essere invece individualizzato non sia mai l’operazione migliore, ma
poiché nemmeno la scienza sia giunta ad una conclusione netta ed insindacabile,
ad oggi per la valutazione di un atleta il Test di Mader sia, seppure con i
suoi grandi limiti, tra i più vicini alla realtà, ma occorra conoscerne pregi e
difetti ed interpretare i dati ricavati. Indubbiamente il MLSS risulterebbe più
preciso e soggettivo (comunque non esente da errori), ma rappresenta ad oggi un
“test da laboratorio” ristretto ad un numero esiguo di persone, pertanto poco
applicabile.
Lo studio della performance
moderna sta andando però ora nella direzione del ricavare la soglia anaerobica
da prestazioni su intensità massimali di durata 40/60’, iniziando a lavorare
anche nella corsa di lunga durata in maniera similare a quanto sta accadendo
nel ciclismo, con l’utilizzo dei misuratori di potenza e la relativa potenza di
soglia funzionale proprio sui 60’.
In particolare la “scuola americana” con i suoi studi
in ambito ciclistico prima e di triathlon poi, si sta facendo largo nella
“nuova metodologia”:
Come accennato in figura 3, il
grafico è la rappresentazione di range tipici del ciclismo, ma mi interessa
riportarvelo, anche se stiamo parlando di corsa, per farvi comprendere come
funzioni la “nostra macchina” al variare dello stimolo allenante ed in
particolare, perché il lavoro in soglia rappresenti un mezzo fondamentale per
migliorare la propria prestazione.
Da figura infatti si nota come la linea del Training
Effect sia massima in quel punto, salvo decadere poi, essa rimane buona fino al
passaggio da zona 5 a zona 6 (zone di massimo consumo ossigeno e lattacide).
Questo significa che anche in
ambito di discipline di resistenza, l’allenamento della soglia anaerobica sia
di fondamentale importanza per migliorare la propria velocità di corsa.
Quindi…come ricavare la
soglia? Come, quanto e quando allenarla?!?
Presto lo scopriremo…
IL “MITO DELLA SOGLIA”:
Mi rendo conto che concludere
la prima parte di questo argomento diventi ora, dopo avervi inculcato tutti
questi dubbi risulti piuttosto complicato, ma ritenevo corretto osservare
meglio cosa ci fosse a questo “mito” chiamato soglia e lasciarvi con il
beneficio del dubbio, almeno per due settimane, in attesa della seconda parte
di questo interessantissimo argomento.
Nel prossimo post "I test per conoscere la soglia anaerobica - seconda parte" entreremo
nello specifico di ciò che oggi abbiamo osservato in linea generale,
analizzando i diversi test di valutazione funzionale ed il ruolo della
frequenza cardiaca e/o del passo al kilometro una volta conosciuto il ritmo in
soglia.
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