venerdì 19 gennaio 2018

LA RIFINITURA PRE-GARA: PERCHÉ SERVE, COME FARLA


È oramai noto e riconosciuto che un atleta rende bene quando riesce a effettuare una preparazione con carichi di lavoro ottimali e al contempo si presenta alla gara in una condizione di basso affaticamento; questa condizione è da raggiungere attraverso un processo di “affinamento” e messa a punto, volta a ricercare il picco della prestazione. Questo processo, definito dagli anglosassoni tapering o peaking, in italiano è normalmente definito come fase di scarico o rifinitura: vediamo cos’è e come si può svolgere nel modo migliore.
Possiamo definire il tapering come un periodo di allenamento speciale che precede immediatamente la gara principale, durante il quale lo stimolo allenante è ridotto in modo sistematico per arrivare ad avere un picco di prestazioni. Uno dei ricercatori più ascoltati in materia ha fornito questa definizione ancora più precisa ed elaborata: “una riduzione del carico di lavoro progressiva, non lineare, durante un periodo di tempo variabile, eseguita con l’obiettivo di ridurre lo stress fisico e psicologico dell’allenamento quotidiano e ottimizzare la prestazione sportiva” (Inigo Mujika).
Il ruolo dell’allenamento è quello di creare affaticamento che, a seguito di un successivo periodo di riposo, porta ad un livello di funzionalità (muscolare, cardiovascolare, neurologica e anche psicologica) superiore a quello di partenza, tramite il fenomeno della supercompensazione (vedi la “legge della Supercompensazione” di Weigert o la “Sindrome da adattamento generale” di Hans Selye). Si tratta di un processo lento, perché gli adattamenti positivi si costruiscono nel tempo, come tutti sappiamo, ma tendiamo a dimenticare; al contrario, la fatica si accumula rapidamente. Giusto per fare un esempio, se ci alleniamo duramente per tre giorni di seguito, creiamo un grande affaticamento, ma costruiamo solo un piccolo adattamento positivo. Nel periodo pre-gara lo scopo è ridurre l’affaticamento, cercando al contempo di mantenere il livello prestativo raggiunto fino a quel momento.
Ridurre la fatica
Riducendo la sollecitazione dell’allenamento, l’organismo ha la possibilità di recuperare e lo fa con diversi sistemi fisiologici.
Ematologico
In un periodo di scarico ben condotto si può riscontrare un aumento nei livelli di parametri come l’emoglobina (capacità di trasportare ossigeno nel sangue) e l’ematocrito (percentuale di globuli rossi nel sangue), così come nel volume dei globuli rossi. Questo produce un significativo incremento nella capacità aerobica, particolarmente importante per gli atleti di resistenza, ma anche una migliore tolleranza all’acido lattico che si produce negli sforzi più intensi.
Ormonale
Uno studio di Aldcreutz (Effect of training on plasma anabolic and catabolic steroid hormones and their response during physical exercise.) ha investigato le variazioni degli ormoni anabolici e catabolici durante l’allenamento e la fase di scarico; in altre parole ha studiato quanto l‘organismo è incline a costruire e riparare i tessuti (anabolismo) piuttosto che a demolirli (catabolismo) nelle varie fasi. I risultati hanno mostrato una correlazione positiva fra l’aumento delle prestazioni e l’aumento del rapporto fra il testosterone (ormone anabolico) e il cortisolo (ormone catabolico), durante un periodo di tapering di quattro settimane. Ulteriori benefici a livello ormonale si possono ottenere durante questo periodo, usando tecniche di psicologia dello sport come la visualizzazione e il rilassamento progressivo.
Neuromuscolare
Il tapering ha effetti positivi sulle capacità contrattili dei muscoli, con benefici maggiori sulle fibre muscolari di tipo 2 (quelle “veloci” o “bianche”) che su quelle di tipo 1 (quelle “lente” o “rosse”). Questo potrebbe sembrare più che altro utile ad atleti esplosivi o di forza, tuttavia non bisogna dimenticare che occorre forza per muoversi sui dislivelli e che l’organismo può coinvolgere le fibre bianche anche per assistere delle fibre rosse affaticate. In ogni caso appare sensato il consiglio pratico di non svolgere allenamento di forza o con pesi nei 10-15 giorni precedenti una competizione.
Immunitario
Si riscontra un altro importante adattamento durante lo scarico, cioè l’aumento dei globuli bianchi nel sangue, specialmente gli eosinofili e i linfociti. Questo suggerisce un’aumentata capacità del corpo di resistere alle malattie.
Psicologia
Ci possono essere anche effetti psicologici come risultato di una fase di tapering. Uno studio del 1998 effettuato sui nuotatori da Hooper all’università del Queensland, in Australia, trovò significativi miglioramenti durante la fase di scarico; questi miglioramenti erano misurati tramite il cosiddetto POMS (Profile of Mood States, cioè “profilo degli stati dell’umore”), un test che rilevò, fra le altre cose, una riduzione della tensione, della depressione, della rabbia, degli sbalzi di umore e senso di stanchezza. Una ricerca più recente di Murach e Bangley all’Università di San Francisco conclude anch’essa che “…lo scarico migliora l’umore e le prestazioni atletiche, riducendo al contempo la percezione dello sforzo. Benché difficili da quantificare, i benefici di una riduzione del carico prima di una gara non devono essere sottovalutati”.
L’effetto dell’intensità
È quindi chiaro che, per ottenere nel giorno della gara i migliori benefici a livello fisico e psicologico, è necessario ridurre i livelli di affaticamento e il modo migliore per farlo è quello di diminuire il carico di allenamento. Si pone tuttavia il problema che riducendo l’allenamento si possa perdere il livello di adattamento faticosamente raggiunto; questa perdita è di fatto tanto maggiore quanto è più lungo il periodo di scarico. Delle possibili soluzioni a questo enigma furono ricercate per la prima volta nel 1992 all’università Mc Master dell’Ontario (Canada) in uno studio dedicato (“effects of tapering in highly trained athletes, 1992”), in cui suddivisero degli atleti in tre gruppi cui fu assegnato un protocollo di tapering diverso. C’era un protocollo cui corrispondeva solo riposo (“ROT: rest only taper”), uno con allenamento a bassa intensità e volume moderato (“LIT: low intensity taper”), infine uno con alte intensità e piccoli volumi (“HIT: high intensity tapering”). In modo sorprendente il gruppo HIT dimostrò un incremento del 22% nella resistenza, il gruppo LIT un miglioramento del 6%, mentre il gruppo ROT mantenne i livelli pre-tapering. Questi risultati notevoli degli atleti del gruppo HIT erano dovuti a quattro fattori principali: avevano più glicogeno nei muscoli, avevano più globuli rossi, avevano maggiore volume plasmatico (più sangue) e gli enzimi nei muscoli delle gambe erano più attivi. La conclusione e raccomandazione della ricerca era di “mantenere o anche incrementare l’intensità dell’allenamento durante la fase di scarico, perché questo probabilmente permette di mantenere gli adattamenti positivi costruiti nel tempo, che andrebbero altrimenti penalizzati dalla diminuzione del volume di allenamento”. L’importanza di questo approccio era stata evidenziata nel suo articolo del 2010 “Intense Training: the key to optimal performance before and during the taper” (Medicine and science in sports) anche da Mujika, di fatto uno dei ricercatori più all’avanguardia in questo campo.

Quanto ridurre e quando
Abbiamo appena visto che gli elementi chiave per un tapering efficace sono la riduzione del volume complessivo di allenamento, a fronte del mantenimento di intensità pari o anche superiori nel volume di esercizio rimanente. Ci sono dunque due modo di ridurre il volume: uno è quello di diminuire la frequenza delle sessioni di allenamento (es.: da sei a quattro sessioni settimanali); l’altro è quello di ridurre il tempo e la distanza di ogni singola sessione.
Frequenza
La frequenza degli allenamenti non andrebbe ridotta più del 50% e rimanendo prudenti potremmo consigliare di ridurla del 20%”. Così scrivono Houmard e Anderson-Johns in un articolo del 1994 sui nuotatori (Sports Medicine 1994, “Effects of Taper on Swim Performance”), dove una delle ragioni per consigliare una minore riduzione è la necessità dei nuotatori di bilanciare lo scarico con la necessità di esercitarsi con la tecnica e gli schemi motori propri di quello sport. Questo è probabilmente meno importante nel caso del running, dove la tecnica ha un peso minore, ma si può pensare di raccomandare una riduzione della frequenza degli allenamenti fra il 20% ed il 50%.
Volume
Una ricerca del 1993 di David Martin (D.M. et al, “The Effects of Interval Training and a taper on cycling performance”) mostrò come nei ciclisti si avevano adattamenti positivi indotti dall’allenamento quando, durante lo scarico, il volume veniva ridotto fra il 50% ed il 70%. Un altro studio di Mujika (“Physiological Responses to a 6-Day Taper in Middle-Distance Runners: Influence of Training Intensity and Volume”) riporta benefici per riduzioni fino al 75% del volume complessivo per dei mezzofondisti. In generale gli atleti di fondo, o resistenza, dovranno calare i volumi di lavoro meno degli sprinter o degli atleti di potenza. La raccomandazione potrebbe quindi essere di effettuare uno scarico riducendo il volume di esercizio del 50-75%.
In ogni caso, è stato dimostrato che la soluzione ottimale è la riduzione graduale; ad esempio, in un tapering di due settimane, nella prima settimana il volume [da misurare in chilometri e dislivello, nel caso del trail – NdR] sarà ridotto del 35-40% e un’analoga riduzione potrà essere implementata nella seconda settimana.
Durata
La durata del tapering è molto influenzata dal tipo di sport e dalla durata della prestazione che si prepara, nonché da fattori relativi all’atleta quali età, sesso (i maschi di solito richiedono periodi più lunghi di scarico, a causa della massa muscolare maggiore), nonché risposta fisiologica dell’individuo in questione. Un articolo del 2007 (Effects of Tapering on Performance: A Meta-Analysis”, Bosquet, Montpetit, Arvisais, Mujika) suggerisce che dei risultati ottimali di possono ottenere attraverso un periodo di scarico di due settimane, in cui il volume di allenamento è ridotto del 41-60%.
Mujika ha anche scritto che “i nostri studi indicano che un tapering efficace può durareda una a quattro settimane; la durata ottimale non dipende da età, esperienza o lunghezza della gara, ma dall’adattamento dell’atleta e dal suo profilo di recupero. Alcuni recuperano più rapidamente di altri, alcuni hanno adattamenti più duraturi, mentre altri perdono le prestazioni rapidamente.

Per riassumere, si può dire che si sono avuti risultati ottimali nella fase di scarico, o tapering, con riduzioni del 20-50% nella frequenza degli allenamenti, 50-75% nel volume del carico, mentre viene mantenuta o addirittura aumentata l’intensità. C’è una variabilità enorme, che mostra come la rifinitura del programma di allenamento sia un’arte più che una scienza. È compito dell’atleta, da solo o con l’allenatore, sperimentare e trovare la combinazione ideale per le proprie caratteristiche e per la gara in particolare da preparare.





VETRINA WINTER 2017/2018


Non c’è dubbio, ormai il winter running è un’attività sempre più diffusa, che comprende sì la corsa sulla neve, ma che più in generale abbraccia tutte quelle declinazioni della corsa invernale tanto cara a noi appassionati di montagna che proprio non vogliamo saperne di lasciare le scarpe da trail sullo scaffale fino a primavera.
Per alcuni di noi, l’off-season è il periodo ideale per prendersi una sacrosanta pausa dal trail running, dedicandosi allo scialpinismo, alle ciaspole o più semplicemente concentrandosi un po’ sulla corsa su strada. Se invece le montagne innevate vi chiamano e volete farvi trovare pronti, siete capitati nel posto giusto: di seguito troverete una selezione di alcuni dei materiali più interessanti di questa stagione autunno-inverno 2017, dall’abbigliamento, ormai sempre più specialistico, fino agli importantissimi accessori.

Apparel

Che si tratti di pantaloni lunghi caldi quanto basta, ma anche traspiranti e confortevoli, piuttosto che delle sottovalutate soft-shell, strumento utilissimo per correre in inverno, basta farsi un giro sui siti web delle principali aziende del mercato outdoor per rendersi conto che l’abbigliamento dedicato al trail running invernale è ormai una categoria a se stante, con le sue caratteristiche e le sue peculiarità. Pescando qualche idea dallo sci nordico e poggiando le proprie fondamenta sull’escursionismo e l’alpinismo, entrambe attività praticate da sempre anche nella stagione invernale, oggi è possibile trovare soluzioni confortevoli, ingegnose, talvolta addirittura sorprendenti per le nostre lunghe uscite sulla neve.
Ne sono un esempio i pantaloni e la giacca Wind Shield Hybrid di Patagonia, entrambi realizzati in tessuto soft-shell elasticizzato, che alternano aree realizzate in nylon ripstop con trattamento DWR a sezioni con pannelli in mesh traspirante, ad esempio sulla schiena e sotto le braccia nel caso della giacca, per aumentare notevolmente la traspirazione.





Quando il freddo aumenta, un’ottima soluzione è il Crosstrek Fleece Hybrid Hoody, un midlayer molto protettivo realizzato in Polartec Powerstretch con un interessante inserto imbottito frontale, a proteggere tutta l’area del busto dal gelo più intenso. Sulla pelle, un intimo Capilene è sempre un’ottima scelta per rimanere caldi e asciutti. Realizzato nei diversi pesi LightweightMidweightThermal, il baselayer per eccellenza di casa Patagonia si presta a qualunque attività sportiva, anche alla più intensa.



In casa La Sportiva, il baselayer Troposphere vi terrà caldi e avvolti, grazie alla sua elasticità, trasportando verso l’esterno l’umidità corporea generata dalla sudorazione e diminuendo quindi notevolmente la dispersione di calore. Ottimo in combinazione con il midlayer Vertex Long Sleeve, di cui vi abbiamo parlato sul numero di novembre nel nostro articolo “Fast & light”.


Altro modello interessante e particolarmente innovativo è il nuovo midlayer Evolutiv Trail di Kalenji: bavero con doppia zip, ripiegabile sul petto per aumentare la traspirabilità, imbottitura sintetica leggera e maniche ripiegabili con zip, il tutto unito a un bel set di tasche capienti posizionate sul retro. Struttura innovativa e ben congegnata, siamo curiosi di metterlo alla prova. Altro ottimo risultato di casa Kalenji sono i Collant Trail: quando l’anno scorso la linea da corsa distribuita da Decathlon introdusse il suo nuovo sistema di tasche in vita per il trasporto di soft-flask, smartphone e alimenti vari fu davvero una bella notizia per i runner, per due ragioni: innanzitutto perché il sistema funziona e anche alla grande (ed è presente su ogni tipo di pantalone, dallo short estivo al pantalone lungo invernale), e poi perché il rapporto qualità/prezzo è come sempre estremamente interessante rispetto a molti brand più blasonati. Anche in questo caso, prodotti di buona qualità e con una vestibilità particolarmente curata a prezzi veramente accessibili.


Se poi a voi il freddo piace proprio e vi va di alzare un po’ l’asticella con qualcosa di più di una semplice corsetta sulla collina dietro casa, eccovi una novità davvero interessante: la Patagonia Nano-Air® Light Hybrid Jacket, un concentrato d’innovazione e tecnologia. L’imbottitura sintetica, calda e leggera della linea Nano Air combinata con una serie di inserti traspiranti, per migliorare la gestione della temperatura durante le attività aerobiche più intense, vi stupirà per la sua efficacia. Perfetta per qualunque attività in montagna, patisce giusto un po’ gli sfregamenti contro le rocce appuntite.


Per le giornate più gelide, magari passate sulle ciaspole o sugli sci, la ED Protection Jacket di CAMP è un riferimento assoluto: leggero, comprimibile, caldo e con un taglio particolarmente sportivo, è un piumino ideale da mettere nello zaino per le nostre escursioni invernali. Nello stesso segmento, molto valida anche la Nivix Jacket 2.0, che può contare su un fill power ancora superiore e, soprattutto, sul tessuto Nivix Evo realizzato in nylon ripstop, semplicemente indistruttibile.


Accessori
Quando il freddo si fa intenso, accessori come guanti, berretti e fasce assumono un’importanza fondamentale. Come ogni anno, Buffci stupisce con effetti speciali sfoderando una collezione invernale realizzata in collaborazione con Primaloft, la linea Thermonet: un calore mai visto prima con uno spessore e un peso paragonabile alla microfibra estiva, ovviamente con una grande attenzione sia per la qualità dei materiali sia per il look dei prodotti, davvero accattivante.



Per quanto riguarda i guanti, invece, davvero superbi i La Sportiva Skimo Gloves, così come i CAMP Geko Hot e i G-Comp Warm: entrambi di derivazione scialpinistica e con pesi differenti, sufficientemente caldi da poter essere usati anche durante un’uscita in montagna con temperature ben al di sotto dello zero. Confortevoli e dotati di inserti per aumentare il grip sui bastoncini su dita e palmo, il G-Comp Warm di CAMP permette di utilizzare la copertura imbottita solo quando necessario, riponendola nell’apposito taschino quando non serve.



Uno sguardo anche sul fronte zaini e marsupi: molto interessanti la borraccia a mano di Nathan SpeedDraw Plus Insulated, isolata termicamente e dunque adatta per i lunghi allenamenti sulla neve, l’impugnatura è molto simile a quella della Speedmax Plus portata alla ribalta da Jim Walmsley e non c’è che dire, funziona bene! Sempre di casa Nathan, il VaporAir è uno zaino ideale per allenamenti lunghi e per gli ultra-trail estivi per chi ama utilizzare il camelbag (incluso, da 2 litri). La sua capienza si adatta molto bene alla corsa in inverno, quando le ore in giro per sentieri sono di meno, ma il materiale da trasportare è molto più voluminoso rispetto a quello estivo. Pratiche e facilmente accessibili, le tasche frontali e laterali si prestano meglio al trasporto di materiale vario piuttosto che all’utilizzo di borracce frontali. Estremamente capienti i due vani posteriori, con l’aggiunta di un cordino elasticizzato per il trasporto di ulteriore materiale fissato direttamente fuori dallo zaino.


Per le uscite più brevi, invece, davvero molto interessante il marsupio dedicato allo sci nordico S/Race Insulated Belt: direttamente dalla linea racing di Salomon per lo sci di fondo, questo marsupio offre una stabilità eccellente e ben tre litri di capienza, il tutto con la possibilità di utilizzare direttamente un camelbag con tubo ricoperto in materiale isolante che impedisce all’acqua di congelarsi fino a -20°. Molto pratico anche se utilizzato con una semplice softflask da 500 ml in una delle due tasche interne, permette di trasportare cibo e guscio, il tutto rimanendo perfettamente stabile anche durante la corsa in piano grazie a un fit impeccabile e a una fascia ventrale molto confortevole. Da provare!



In fine, un’idea per un regalo diverso dal solito che, credetemi, farà felice il fortunato destinatario della vostra generosità: Patagonia Black Hole Mini Messenger, una borsa tuttofare adatta alla vita di tutti i giorni così come ai vostri viaggi in giro per il mondo, indistruttibile e semplicemente bellissima. In grado di trasportare un laptop di 15 pollici e un iPad nelle tasche dedicate, grazie alla sua tracolla larga e morbida è confortevole anche a pieno carico e può essere utilizzata anche in bicicletta in tutta comodità. Derivata dalla collezione di borsoni da viaggio Black Hole, ne ricalca in tutto e per tutto le caratteristiche fondamentali: solidità, sostenibilità e praticità d’uso. Ormai è diventata la mia fidata compagna di viaggio quotidiana.






lunedì 20 novembre 2017

VETRINA SCARPE PER IL WINTER RUNNING


Non c’è dubbio, il winter running è un’attività sempre più diffusa, che comprende sì la corsa sulla neve ma che più in generale abbraccia tutte quelle declinazioni della corsa invernale tanto cara a noi appassionati di montagna che proprio non vogliamo saperne di lasciare le scarpe da trail sullo scaffale fino a primavera.
Per alcuni di noi, l’off-season è il periodo ideale per predersi una sacrosanta pausa dal trail running, dedicandosi allo scialpinismo, alle ciaspole o più semplicemente concentrandosi un po’ sulla corsa su strada. Se invece le montagne innevate vi chiamano e volete farvi trovare pronti, date un’occhiata ai modelli più interessanti attualmente sul mercato per la corsa sulla neve e sul ghiaccio, e se vi fa piacere venite a trovarci sul forum di Spirito Trail per chiacchierarne insieme.

 
  
Scarpa Atom S EVO OD (340 g)
Quando si mischiano le carte e ci si muove al di fuori di quei confini concettuali che sovente riteniamo inamovibili, succedono cose bellissime. Ed è esattamente ciò che è accaduto quando Scarpa ha presentato la prima versione della Atom S: una scarpa per correre sulla neve, impermeabile, leggera e completamente votata alla performance, con la grande idea, presa in prestito dai modelli da alpinismo di altissima fascia del calzaturificio di Asolo, di spostare la ghetta impermeabile all’interno della scarpa invece che all’esterno, come consuetudine. Il risultato è una scarpa agile, reattiva, veloce, completamente impermeabile grazie alla membrana Outdry e con un’ottima gestione sia della temperatura, sia della traspirazione. In questa nuova versione, pur mantenendo il nome della gloriosa Atom, l’impianto di base ricorda molto da vicino la Spin, sia per quanto riguarda tomaia ed intersuola, sia soprattutto per ciò che concerne la suola, molto più aggressiva rispetto alla versione dell’anno scorso.





Peregrine 7 ICE+ (272 grammi)
Due parole, su tutte: Arctic Grip. Vi dice nulla? La suola con cui Vibram intende rivoluzionare completamente il mondo delle attività outdoor su neve e ghiaccio vi lascerà senza parole, esattamente come successe al sottoscritto quando la provai durante la fiera invernale di ISPO due anni fa. Stabilità e presa assoluta persino su un blocco di ghiaccio vivo, ottenuta con un lavoro di ricerca e sviluppo durato anni, vi garantiranno tutta la trazione che vi serve per i vostri allenamenti invernali.  Il tutto, realizzato integrando gli inserti Arctic Grip su una chassis di suola POWERTRAC classica, targata Saucony, estremamente durevole e con una buona resa generale. Tomaia impermeabile Rundry, ammortizzazione essenziale ed inserto EVERRUN sul tallone per migliorare gli atterraggi. Una scarpa che promette faville su percorsi filanti, ma soprattutto ghiacciati!






La Sportiva Tempesta GTX (340 g – 169€) e Uragano GTX (350 g – 189€)
Due nuovi modelli dedicati alla neve per la casa di Ziano di Fiemme, due scarpe strutturate e progettate sull’impianto della Mutant per quanto riguarda la suola e l’intersuola. Membrana Goretex per mantenere i piedi all’asciutto, una suola con mescola Frixion Blu (alta resistenza e performances ottimali su fondi morbidi) e un’allacciatura raffinata per la nuova arrivata in casa La Sportiva. La Uragano presenta una mini-ghetta integrata che sale fino all’altezza della caviglia, per evitare alla neve di entrare, mentre per la Tempesta la membrana protettiva lascia libera la caviglia, limitandosi a proteggere solo il collo del piede. Per entrambe, un drop di 10 mm e un peso che si aggira intorno ai 350 grammi, con l’interessante possibilità di aggiungere gli spike da ghiaccio di La Sportiva, avvitandoli direttamente sui tasselli della suola.



  

Salomon Snowcross 2 CSWP (362 g  - 200€)
Un modello molto interessante, questa nuova Snowcross di Salomon, dedicata in particolare agli amanti delle Speedcross (della quale mantiene la pianta e la struttura generale anche a livello di calzata) che cerchino una scarpa adatta alla corsa sulla neve o comunque in condizioni invernali. La ghetta integrata è di ispirazione classica, fasciante e ben chiusa da una zip a tutta lunghezza, che lavorando insieme alla membrana ClimaSalomon mantiene il piede sempre caldo e asciutto. La protezione è ottimale, non mancano gli inserti in plastica rigida per proteggere il piede dagli urti. In questa seconda versione, la Snowcross perde gli spike integrati nei tasselli della suola Premium Wet Traction Contagrip, che ora ricorda in tutto e per tutto una Speedcross: meno presa sulla neve ghiacciata, dunque, ma molta più versatilità per tutte quelle situazioni in cui gli spike sarebbero più un limite che altro.



Fonte: Spiritotrail







giovedì 19 ottobre 2017

ULTRA TRAIL: QUANDO LA CORSA PUÒ DIVENTARE DANNOSA





Come prevenire gli effetti deleteri
Amo correre. Desidero precisarlo per non apparire prevenuto nei confronti della corsa. E sottolineo che amo particolarmente la corsa su strade sterrate, sentieri scoscesi e a stretto contatto con la natura incontaminata. Adoro quella sensazione di libertà, quasi di onnipotenza, che la corsa in ambiente selvaggio regala generosamente passo dopo passo, respiro dopo respiro, avanzando, sovente con piacevole fatica. Emozioni che ne’ la pista d’atletica, ne’ il monotono tapis roulant riescono a donare. La corsa, e’ noto, praticata regolarmente, non solo migliora i parametri cardiovascolari abbassando la pressione a chi è iperteso e la frequenza cardiaca a chi e’ tachicardico, ma ottimizza i dati respiratori tra i quali la capacità polmonare. Ha effetti benefici sulle dislipidemie e in particolare sul rapporto trigliceridi/ HDL che nella norma dovrebbe essere inferiore o uguale a 1 e nella perfezione prossimo a 0,5.

Abbassa l’infiammazione cronica silente e la glicazione, due tra i più temibili fattori di invecchiamento precoce e deleterio. La corsa, inoltre, e’ in grado di liberare sostanze endorfiniche, i cosiddetti endocannabinoidi, a potente valenza anti depressiva e anti stress con  miglioramento dell’autostima e della forza interiore. Corsa dunque come terapia e non solo come attività sportiva. Ma la corsa può anche essere il nostro peggior nemico se si diventa suoi sudditi, schiavi della dipendenza e della necessità di correre troppo spesso e troppo a lungo. Ho corso la maratona e anche una ultra maratona ma non ho mai dimenticato che Filippide, il primo maratoneta, comunque, morì al termine dei 42 km.

Durante i miei corsi di medicina antiaging, ricordo sempre ai partecipanti che per mantenersi in salute e godere di una giovinezza prolungata, occorre allenare con costanza e determinazione tutte le componenti, ovvero forza, resistenza, elasticità, equilibrio, coordinazione e forza esplosiva oltre alla destrezza e alla agilità. Purtroppo, invece, è dato osservare la predilezione, talvolta ossessiva, verso una sola di queste. Sono sempre più frequenti forme esasperate di attività in un solo settore a discapito degli altri: giovani che si gonfiano in palestra ma incapaci di correre in velocità per pochi km o al contrario smunti ed emaciati maratoneti in evidente sarcopenia, privi di normale massa muscolare. Sia uomini sia donne. Ed è ancora più evidente nei soggetti over 45-50 anni, quando la fisiologica endocrinosenescenza peggiora lo stato.

Oggi sono di gran moda le competizioni di corsa estreme, sia per la qualità dell’ambiente, sovente ostile, sia e soprattutto  per la lunghezza e la durata. Non mi riferisco alle corse a tappe, ove è previsto un tempo di riposo e di recupero, ma a quelle gare non stop che durano giorni e giorni con variazioni di pendenza micidiali, delle quali la più conosciuta in Europa e’ certamente il Tor des Geants : 330 km con un dislivello impressionante di 24.000 mt. Certamente il richiamo di queste gare è ammaliante e per alcuni irresistibile, e confesso di averci pensato più di una volta, ma il sapere medico ha prevalso sull’ambizione sportiva. Ma quali sono gli effetti sul corpo di una prestazione così al limite o meglio oltre il limite per quasi tutti i partecipanti ad eccezione di quei pochi, geneticamente favoriti e con impeccabile preparazione psicofisica oltre che integrativa?

Analizziamoli singolarmente:
1) Elevatissimo stress ossidativo, ovvero forte disequilibrio tra produzione di radicali liberi e sistema endogeno antiossidante. Queste specie chimiche reattive danneggiano il nostro organismo a tutti i livelli, soprattutto quelli più nobili, come il DNA, la membrana citoplasmatica e il mitocondrio, motore energetico della cellula, estremamente sensibile all’ossidazione.

2) Alterazione del corretto  assetto ormonale con ipersecrezione di cortisolo da parte della zona corticale surrenalica e inversione o appiattimento della curva di produzione. Come è noto il picco fisiologico di cortisolo si manifesta al mattino mentre il nadir e’ alla sera, quando  l’epifisi inizia a secernere melatonina, suo principale antagonista insieme al GH di cui è sinergica. L’ipercortisolemia, conseguente allo stress cronico derivante da una gara così dura e così devastante, attraverso il meccanismo della neoglucogenesi muscolare, utilizza gli aminoacidi per produrre glucosio a fini energetici con la conseguente demolizione delle fibre del muscolo. Inoltre si attua il cosiddetto furto del pregnenolone, un neurosteroide basilare per la salute cerebrale. Questo ormone, determinante per la memoria, la lucidità mentale e la fluidità del pensiero e dell’eloquio, e’ il progenitore degli ormoni sessuali maschili e femminili, tra i quali  anche il DHEA  e il testosterone. Il pregnenolone, in occasione di stress prolungato come una gara così impegnativa e duratura, viene sequestrato per la produzione di cortisolo invece degli ormoni sessuali ad azione anabolica con conseguente calo degli stessi, oltre che del pregnenolone. Le atlete di sesso femminile non ancora in menopausa vanno facilmente incontro a quadri di amenorrea da squilibrio ormonale con problemi anche di infertilità.

3) Alta infiammazione sia acuta sia cronica silente, dovute al superlavoro della macchina corporea. Tutti gli indici di infiammazione, al termine di una competizione così massacrante, sono alterati: VES, proteina C reattiva, fibrinogeno, oltre alle meno conosciute citochine, tra le quali la IL 6 che ha anche azione promuovente l’ osteoporosi, attivando gli osteoclasti. Pochi, molto pochi sono gli atleti che non presentano livelli alti di infiammazione dopo una gara siffatta.

4) Degenerazione cartilaginea da usura, con diminuzione degli spessori e della normale lubrificazione. Ciò porta facilmente ad artrosi e artrite con possibili lesioni traumatiche tendinee e ligamentose. Solo pochissimi atleti, dotati geneticamente e con una rigorosissima preparazione fisica oltre ad una meticolosa supplementazione  condroprotettiva possono esserne esenti, soprattutto se in giovane età. Coloro che hanno superato i quarant’anni, e talvolta anche prima, sono i più vulnerabili perché già fisiologicamente hanno un comparto cartilagineo più debole per un’ accelerazione dei fenomeni catabolici rispetto a quelli anabolici.

5) Carenza di serotonina e melatonina dovuto alla privazione del sonno nelle gare non stop, in seguito alla rottura del normale ritmo sonno- veglia. Ricordo che la melatonina ha anche azione antiossidante e immunostimolante e la sua carenza, unitamente al rialzo del cortisolo, ad attività immunodeprimente, comporta facilità di infezioni e malattie da deficit immunitario nel periodo post gara, talvolta con sindromi autoimmuni.

Allora, alla luce di tutto ciò, gli appassionati dovranno rinunciare a competizioni così estreme? Purtroppo talvolta sì, se si è costituzionalmente vulnerabili. In altri casi ci si dovrà preparare non solo con adeguato allenamento ma con un’attenta supplementazione affidandosi ad esperti nel campo degli antiossidanti, antinfiammatori naturali, degli stimolatori endogeni ormonali, ovviamente non dopanti,  e dei condroprotettori. Il fai da te, in gare di tale genere, può essere estremamente pericoloso.


Francesco Balducci
Dott. Francesco Balducci medico esperto in medicina antiaging e potenziativa . Scuola superiore post Universitaria AGORA’ di Milano e Università La Sapienza di Roma. Personal Trainer. Nutrizionista paleo dieta Maestro di kayak fluviale FICK.





lunedì 16 ottobre 2017

MAROCCO ULTRA TRAIL ATLAS TOUBKAL - UN VIAGGIO VISSUTO A METÀ


A volte le scelte che poi lasciano un ricordo indelebile nella vita, vengono prese d’istinto, senza star li a pensarci troppo…. Correre l’ULTRA TRAIL ATLAS TOUBKAL in Marocco è stata una di queste!!!
Le preoccupazioni prima della partenza non sono poche…. Gara lunga in territorio completamente sconosciuto…. Passaggi a quote elevate…. Organizzazione Francese, quindi essenziale, pochi ristori, tratti lunghi da percorrere in zone completamente isolate, senza vie di uscita…. di sicuro non è il solito “menù” che ti propongono per le gare da correre in Italia!!! Però a volte bisogna osare nella vita!!! Osare per fare un viaggio, da vivere con gli amici, Alberto e Massi, con i quali condivido da tempo questa passione….
L’organizzazione si dimostra subito efficientissima…. Trasporto navetta, campo base organizzato con le tende, consegna pettorali, assegnazione posti letto, pranzo, cena, tutto funziona perfettamente…. Tutto intorno le montagne dell’Atlante, aride, brulle, alte, parecchio alte…. Il punto più in quota della gara segna quasi 3700 mt..!!!
Partiamo il Sabato alle 6 di mattina, è ancora buio, la giornata però si preannuncia splendida…. Le sensazioni sono ottime…. Come al solito deve ancora iniziare la giornata e già non vedo l’ora che scenda la notte…. Si…. amo correre di notte, il silenzio, il buoi, la ricerca del sentiero, la concentrazione nel cercare l’appoggio, lo sguardo che vaga nel vuoto, le luci delle frontali davanti e dietro a te che ti indicano quanta strada devi ancora percorrere e quanta ne hai già percorsa….. dandoti quella sensazione di sconforto e contentezza allo stesso tempo!!!
Il paesaggio è fantastico, lunare…. Tutto intorno solo sassi e qualche cespuglio di erba secca…. e poi il contrasto…. la dove scorre l’acqua dei torrenti sul fondo delle valli, tutto intorno la vita…. erba rigogliosa, alberi…. bambini che giocano, donne che lavano i panni, si perché la in mezzo al nulla abbiamo attraversato numero villaggi berberi…. Queste genti che vivono solo con quello che possono ricavare dalla loro terra, con le case fatte di sassi e fango…. Una cultura lontana anni luce dalla nostra, un modo di vivere che la nostra generazione ha letto solo sui libri…. Un modo di vivere essenziale, senza nessun agio…. Però malgrado questa vita estremamente dura, sempre sorridenti soprattutto i bambini che ti corrono in contro e ti sorridono quando passi!!!
I sentieri scorrono sotto ai piedi, si è alzato il sole e fa caldo, continuiamo ad andare con passo costante…. Si fa fatica a progredire, si corre poco il fondo è estremamente tecnico, sassi, sassi dappertutto, salite ripide…. Centelliniamo l’acqua, i ristori sono pochi e l’altezza disidrata velocemente!!!
Arriviamo al punto di controllo 4, 50 Km andati…. Questo punto di controllo lo ricorderò a lungo perché mi ha lasciato un grande sconforto!!! Qua infatti si è interrotto il viaggio, Massi e Alberto saggiamente decidono di fermarsi…. Io riprendo da solo ma non sarà più lo stesso andare…. Avevamo pianificato questa gara per mesi…. Volevamo viverla assieme, dall’inizio alla fine…. Purtroppo non è stato così!!!
Saluto gli amici e riprendo la marcia…. Le parole di Massi e Alberto le porterò con me fino all’arrivo…. “Max  vai fino alla fine”!!!
Ormai sta facendo buio, la temperatura scende e rende più agevole la corsa…. L’obiettivo ormai è chiudere la gara…. testa bassa, mani sui bastoncini, un passo dopo l’altro….. si alza la luna, luna piena che illumina la via e le cime circostanti….
Proseguo ad oltranza, quasi sempre da solo…. Raggiungo il punto più alto della gara…. il sentiero ripido finisce all’improvviso su una piana…. la attraverso e poco dopo riprendo un sentiero ripido che inizia a scendere…. I chilometri sulle gambe sono sempre di più, la stanchezza sale….. inizia ad albeggiare, ormai manca veramente poco…..
Il sentiero continua a salire, ripido, il cuore batte a mille…. E finalmente eccole la in lontananza… le due bandiere rosse che indicano la forcella da dove sci scende all’arrivo, al campo base, le due bandiere sulle quali avevamo sognato nei giorni prima della gara…. avevamo detto “arrivati qua è fatta”!!!
Sono arrivato, mi mancano gli amici, ma devo comunque onorare la gara, devo onorare il Loro augurio “Max vai fino alla fine”!!!
Ecco…. Finita!!! Taglio il traguardo quando l’accampamento sembra ancora addormentato, poca gente in giro…. Lo speaker annuncia il mio arrivo e si complimenta…. Lo fa in francese e non capisco praticamente un tubo!!! Ma va bene così!!!
È stato un viaggio…. Un viaggio che però si è interrotto a metà!!!
Di sicuro ci rifaremo… to be continued


Marini Massimo