martedì 17 gennaio 2017

ADDOMINALI PER CORRERE: STRETCH POSE




Corriamo con gli addominali, poche storie! L’alternanza dei piedi a terra causa una perdita d’equilibrio,  e non cadiamo ogni volta anche perché ci sono i gruppi muscolari della zona centrale del corpo che stabilizzano  il movimento degli arti inferiori. Questo vuol dire che se agli addominali, centrali tra questi gruppi muscolari, sono deboli e poco flessibili, si apre la porta ai problemi agli arti inferiori, alla zona lombare e all’inguine.
Il termine tecnico che spesso si utilizza nel running  è “core stability”, traducibile con “stabilizzazione del nucleo centrale,” e lavorarci è determinante per la prevenzione, per la postura e anche per la stessa performance, dato che un core forte rende  il gesto atletico più efficace.

Il punto dell’ombelico

Nel Kundalini yoga siamo ugualmente esterofili, ma invece dell’inglese usiamo il sanscrito e parliamo di Nabhi, che significa punto dell’ombelico. Nello yoga, come del resto nelle arti marziali, l’equilibrio e la forza dipendono dallo sviluppo della consapevolezza del punto dell’ombelico. Le asana, come i movimenti, si costruiscono proprio attorno a questo centro, percependo i muscoli attivati e allenandone il controllo.
L’ombelico non è solo  un punto fisico, è anche un nodo di energia e vi convergono i canali energetici del corpo (quelli che stimola l’agopuntura).  E’ forse un approccio distante dal nostro, ma vi suggerisco un’immagine, quella del cordone ombelicale che ci ha dato nutrimento e forza per tutti i mesi della nostra gestazione..  Quindi, il nostro ombelico è stato un centro di energia e sostegno concreto, e lo è per tutta la vita: addirittura molti problemi di salute possono nascere da un punto dell’ombelico che non è ben equilibrato.

Come lavorare sul punto dell’ombelico

Un modo di rafforzarlo è praticare di Stretch Pose, una posizione di allungamento propria del Kundalini Yoga. Consiste in:



  • Sdraiarsi, tenendo la parte inferiore della schiena ben aderente a terra
  • Sollevare la testa (toccando il collo con il mento), le spalle e le braccia (con i palmi rivolti il basso), e le gambe (poco, circa 20 cm da terra)
  • Fissare la punta dei piedi, e allungare il più possibile gli arti (si chiama Stretch Pose per questo!)
  • Iniziare una respirazione intensa, con il naso, tirando dentro la pancia quando espirate e rilasciandola quando inspirate.
Posizione e respirazione si combinano per un lavoro intenso degli addominali, dell’apparato digerente e dell’area pelvica (per questo motivo, meglio non praticare stretch pose nei giorni del ciclo). Si inizia con pochi secondi e piano piano si arriva fino a 3 minuti.
La forza di Stretch Pose è non solo a livello fisico, è anche e soprattutto a livello di consapevolezza del proprio corpo: si percepisce bene il lavoro del “core” e si inizia a creare una stabilità da dentro.  Uscendo dal tappetino e andando sul sentiero, si inizia a correre percependo non solo il movimento delle gambe, ma anche il senso di forza e stabilità che ci viene dalla parte centrale del corpo!


Seva Simran Cesarini
Presidente di asd  ARTHA 







lunedì 9 gennaio 2017

IL METABOLISMO ENERGETICO DEI CARBOIDRATI


Le ricerche di questi ultimi anni hanno prodotto delle conoscenze, in termini di biochimica muscolare, che sicuramente vanno ad approfondire la comprensione dei metabolismi energetici e di conseguenza permettono di perfezionare ulteriormente le metodiche d’allenamento. Con l’articolo di oggi partiremo dalle basi biochimiche del metabolismo del glucosio (carboidrati) per proseguire nei prossimi post con ulteriori approfondimenti ed aggiornamenti di quelle che sono le recenti scoperte in questo ambito. L’articolo è ovviamente rivolto a tutti, con la dovuta semplicità per essere comprensibili anche a chi non è un “addetto ai lavori”, ma vuole semplicemente conoscere meglio come funziona il proprio organismo ed ottimizzare i propri allenamenti e le proprie strategie alimentari e di integrazione. Alla fine del post, potete leggere i nostri approfondimenti sull’integrazione di carboidrati in gara ed in allenamento, e sull’inefficacia delle misurazioni dell’acido lattico nel calcio.
PRODUZIONE DI ENERGIA PER LA CONTRAZIONE MUSCOLARE


Sopra, riportiamo un grafico come se ne trovano molti sul web….è sufficiente cercare su www.google.it le parole “metabolismi energetici”. È piuttosto semplice ed intuitivo comprendere come in sforzi massimali, la potenza erogata dal muscolo (linea rossa) diminuisca con l’aumentare della durata; fondamentalmente è ovvio che in una gara di 100m (che dura meno di 10”) si corre più velocemente che in una corsa di 5000m. Inoltre, maggiore è la durata dello sforzo e maggiore è l’utilizzo del Metabolismo Aerobico (riga viola), rispetto a quelli Anaerobici (righe verdi e blu). Il metabolismo aerobico sfrutta l’ossigeno per produrre energia e ne può produrre per tantissimo tempo; i meccanismi anaerobici, non utilizzano l’ossigeno, erogano una potenza elevata, ma per un tempo limitato….generando poi un debito d’ossigeno che l’organismo “paga” attraverso il metabolismo aerobico.
Nel post dedicato ai metabolismi, potete leggere un’ampia dissertazione sull’argomento. A queste conclusioni si è giunti tramite indagini sperimentali basate prevalentemente su biopsie muscolari (sottosforzo) ed esami ematici. Nell’immagine sotto, sono rappresentati gli scambi tra SANGUE (parte alta della figura) e MUSCOLO (parte affusolata) dei vari metaboliti per produrre energia e soddisfare le richieste energetiche del muscolo durante la contrazione. Ovviamente abbiamo semplificato i processi, che si possono riassumere nei punti sotto



·              Le fonti energetiche principali per la contrazione muscolare sono il glucosio e il glicogeno; il glucosio è presente nel sangue (proveniente dall’alimentazione o da riserve presenti nel fegato) in forma libera (cioè tante piccole molecole). All’interno del muscolo, viene immagazzinato in forma legata in ramificazioni, formando il Glicogeno; questo perché nella cellula è più facile far assumere questa forma, rispetto ad una forma libera. Per ora tralasciamo il metabolismo degli acidi grassi che riprenderemo in un successivo post.
·       Nell’immagine sopra, è possibile vedere la via metabolica detta Glicogenolisi/Glicolisi (freccia verde) che rappresenta il METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO. Questa è molto veloce, e fornisce 3 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio derivante da glicogeno; all’interno di questa via metabolica si può anche inserire il glucosio proveniente dal sangue fornendo 2 molecole di ATP (vedi figura sopra).
·             Il prodotto finale della Glicogenolisi/Glicolisi (oltre all’ATP) è il piruvato che può avere 2 destini. Il primo è quello di entrare nel mitocondrio, e grazie a diverse vie metaboliche e all’ossigeno (METABOLISMO AEROBICO), essere metabolizzato a scopo energetico ottenendo 38/39 molecole di ATP; questa via metabolica è molto lenta, e permette di utilizzare poco Piruvato alla volta. La seconda via del Piruvato è quella di essere trasformato in Lattato che può essere riversato nel sangue ed utilizzato da altre cellule muscolari e/o da altri organi.
·                Il Lattato che entra in altre cellule muscolari (in cui la Glicogenolisi/Glicolisi è poco attiva), può diventare fonte energetica trasformandosi in Piruvato ed entrando nei mitocondri. Per questo motivo, le frecce del Piruvato (nere) hanno una doppia direzione.
Questi primi 4 punti spiegano perché il Metabolismo Aerobico ha una velocità di ripristino dell’ATP limitata e come i 2 metabolismi (Anaerobico ed Aerobico) siano strettamente legati.
N.B.: per ora tralasciamo il METABOLISMO ANAEROBICO ALATTACIDO che spiegheremo in un prossimo post. Ci limitiamo a descrivere questo metabolismo come una fonte energetica che permette di ottenere ATP molto più velocemente, ma per tempi estremamente limitati rispetto alla Glicogenolisi/Glicolisi; è una via metabolica fondamentale nei primi istanti della contrazione muscolare, quando la Glicogenolisi/Glicolisi non si è ancora completamente attivata.
RICADUTE APPLICATIVE


Quello che è importante comprendere dal precedente paragrafo, è che quando l’intensità muscolare è medio/bassa il METABOLISMO AEROBICO riesce a “sobbarcarsi” gran parte del lavoro di risintesi di ATP (che è la moneta di scambio tra produzione e consumo di energia) utilizzando il glucosio (proveniente dal sangue o dal glicogeno) o il lattato. In queste condizioni, con una molecola di glucosio, si ottengono 38/39 molecole di ATP; di conseguenza, questo tipo di sforzo può essere protratto per molto tempo. Quando l’intensità aumenta oltre una certa soglia, l’ATP ripristinato dal Metabolismo Aerobico non è più sufficiente a coprire l’esigenza della cellula muscolare, e la Glicogenolisi/Glicolisi (METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO) incrementa la propria attività per ripristinare ulteriore ATP (2-3) per molecola di glucosio. Questo veloce incremento di attività della Glicogenolisi/Glicolisi è possibile perché le reazioni di questa catena metabolica sono relativamente poche (circa una dozzina) e non necessitano di ossigeno. In queste condizioni però, il Glicogeno cala molto velocemente e quando arriva sotto una certa soglia, entrano in azione meccanismi di produzione cellulare che fanno insorgere la fatica (che comunque può insorgere anche per altri fattori legati all’eccessiva intensità dello sforzo). È un fenomeno analogo a quello che accade al serbatoio di carburante di un’auto; con una guida “aggressiva”, il serbatoio cala più velocemente. Sotto è possibile vedere un grafico esemplificativo e semplificato di quanto spiegato in questo paragrafo.

ASSUNZIONE DI CARBOIDRATI IN GARA E IN ALLENAMENTO

In un precedente post, abbiamo visto come l’assunzione di carboidrati in gare di endurance permette di ritardare l’insorgenza della fatica.  Infatti il glucosio (carboidrato) proveniente dal sangue, con il passar dello sforzo diventa sempre di più importante come fonte energetica perché il glicogeno tende ovviamente a calare. Anche il glucosio del sangue ovviamente tende a calare, ma l’assunzione di carboidrati a rapida assimilazione permette di rallentarne il decremento. È importante però far notare che il glucosio ematico (cioè proveniente dal sangue) è in grado di fornire molecole alla Glicogenolisi/Glicolisi con una velocità non paragonabile a quella del glicogeno; ne deriva che questa fonte energetica serve esclusivamente a sostenere sforzi atletici di intensità medio-bassa e (al limite) preservare una quota moderata di glicogeno nel prolungarsi dello sforzo.
Il glicogeno è quindi l’unica fonte energetica in grado di garantire sforzi di elevata intensità; non a caso nelle competizioni di ciclismo, chi ambisce alla vittoria, tende il più possibile a limitare dal punto di vista tattico lo spreco di glicogeno nelle parti iniziali e centrali, cercando di concentrare lo sforzo maggiore nelle parti finali della gara.
Ma è consigliabile utilizzare anche in allenamento l’integrazione con carboidrati? A volte vedo atleti rifiutarsi di assumere carboidrati durante gli allenamenti finalizzati al miglioramento della resistenza aerobica, con lo scopo di “forzare” il consumo dei grassi. Se da un lato ha un razionale fisiologico corretto quello di “svuotare” le risorse di carboidrati al fine di creare adattamenti fisiologici che tendano successivamente (nel recupero) ad incrementarne le scorte, è anche da ricordare che i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati; questo significa che anche i grassi (in condizioni di deplezione di glucosio/glicogeno) vengono consumati più lentamente, con la conseguenza che il ritmo tende a crollare letteralmente quando le scorte di glicogeno muscolare e glucosio ematico scarseggiano. Questo, oltre a rendere la parte di allenamento in queste condizioni “un’inutile agonia”, incrementa il rischio di infortuni; di conseguenza è consigliabile:
·                Quando si effettuano allenamenti la cui lunghezza si è certi non provochi una deplezione massiva di glucosio/glicogeno, è consigliabile limitarsi al consumo di sola acqua (se necessaria).
·                Quando non si è certi di quanto sopra (per la durata e l’impegno dell’allenamento) è consigliabile avere con sè dei carboidrati a rapida assimilazione da assumere nel caso in cui si abbia la sensazione di esaurire le scorte energetiche.
·                Nella preparazione di una maratona o di gare di ultraresistenza invece è importante, nel periodo specifico della preparazione, abituare l’organismo ad integrare durante i “lunghi”; questo perché anche l’apparato digerente ha bisogno (con grandi differenze tra un individuo e l’altro) di abituarsi/allenarsi a digerire ed assorbire sostanze quando lo sforzo è particolarmente prolungato. Non solo, i lunghi del periodo preparatorio, solitamente sono quelli più impegnativi, quindi arrivare a fine allenamento senza aver completamente esaurito le scorte energetiche serve a recuperare prima questo tipo di stimoli.

CALCIO ED ACIDO LATTICO




Come abbiamo visto nel post precedente, il lattato (o acido lattico) non è la causa principale della fatica. In ogni modo, il rilevamento del lattato ematico (cioè quello presente nel sangue) è stato (soprattutto negli anni ’90) una delle misurazioni più frequenti in tutti gli sport. Come abbiamo visto sopra, quando la Glicogenolisi/Glicolisi è particolarmente attivata, tende ad accumularsi lattato nella cellula muscolare; questo tende a passare dalla cellula al sangue e successivamente entrare in altre cellule (muscolari, cardiache, fegato, ecc.) per esser e utilizzato a scopo energetico. Il lattato che viene misurato nel sangue, non è altro che la diluizione nel sangue (che richiede comunque qualche minuto) del lattato prodotto e che non è ancora stato utilizzato a scopo energetico (vedi immagine sopra). Ne deriva che in sport a carattere intermittente come il calcio sia un valore poco indicativo (anche perché lo stesso prelievo non può essere fatto con frequenza elevata) ed eccessivamente generico; fondamentalmente se trovo valori di lattato sopra una determinata soglia di riferimento, significa che durante i minuti che precedono la misurazione c’è stato un’elevata attivazione della Glicogenolisi/Glicolisi, ma senza sapere quando, nè quante volte! Come misurazione del livello di sforzo metabolico del calciatore, risulta molto più utile (in allenamento e in partita) l’utilizzo della potenza metabolica, che ha il vantaggio di poter monitorare continuamente l’attività, di non essere invasivo e di fornire più informazioni (potenza, cambi di direzione, accelerazioni/decelerazioni, ecc.).
CONCLUSIONI
In questo post abbiamo cercato di spiegare in maniera semplificata (spero in modo comprensibile a tutti) il metabolismo dei carboidrati, in particolar modo:
·                Che il Glicogeno rappresenta la fonte muscolare principale per sforzi intensi; per questo motivo è opportuno distribuirne il consumo in maniera razionale in gara con un’opportuna distribuzione dello sforzo in funzione della disciplina praticata.
·                Il Glucosio proveniente dal sangue permette di sostenere esclusivamente sforzi di intensità media (se specificatamente allenati) e medio/bassa; un’adeguata integrazione in gara permette di mantenere la glicemia (cioè il glucosio presente nel sangue) costante, risparmiando anche glicogeno nelle fasi meno intense.






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