martedì 29 novembre 2016

COME BILANCIARE EFFICACEMENTE IL TUO PASTO




Sapere come bilanciare correttamente un pasto ha degli indubbi benefici per la salute. Non solo garantisce il giusto apporto di nutrienti, ma un’alimentazione ben pianificata ti aiuta a dimagrire, migliora la salute del cuore e riduce il rischio di contrarre malattie croniche (o ne limita gli effetti collaterali se già ne soffri). Sebbene tutti noi abbiamo dei cibi preferiti e differenti necessità nutrizionali, le strategie che stanno alla base di un pasto bilanciato possono apportare benefici a chiunque. Di solito metà di ciascun pasto dovrebbe essere composto da verdure ,un quarto da proteine magre (con una piccola percentuale di grassi) e il rimanente quarto spetta ai cereali. Vi ricordo che le verdure sono carboidrati infatti  se è vero che i carboidrati facilmente digeribili contenuti nel pane bianco, nel riso bianco, nella pasta sfoglia, nelle bibite zuccherate e in altri alimenti conservati chiamati carboidrati semplici possono far aumentare di peso e interferire con il dimagrimento (per l’effetto che esse hanno nel richiamare insulina), è altrettanto vero che i cereali integrali, la verdura e le altre fonti di carboidrati complessi hanno un effetto opposto e permettono a chi li consuma di rimanere in buona salute.  La bevanda dovrebbero essere quasi sempre costituita  da acqua naturale a Ph8, questo perché la maggior parte dei cibi sono acidi e le uniche fonti alcaline a nostra disposizione per bilanciare il Ph di un pasto sono la frutta (che però dovrebbe sessere mangiata lontano dai pasti per un buon effetto digestivo)  la verdura e l’acqua alcalina (Ph 7,5 in su) Quindi no acqua gasata (l’effetto di velocizzare la digestione è solo apparrete)   e ovviamente no bibite zuccherate.


La quantità esatta di cibo dipende dallo stato di salute e dal peso oltre che dall’ età, sesso, dal livello di attività fisica e da eventuali patologie che richiedono una particolare attenzione per quanto riguarda l’alimentazione. Un pranzo equilibrato è importanti tanto quanto una cena ben pianificata. Ogni pasto dovrebbe apportare alimenti che provengono dai vari gruppi. Bisognerebbe sempre iniziare da un piatto di verdure per permettere l’assorbimento delle vitamine contenute nelle verdure in maniera più veloce (tale processo è più veloce in un ambiente acido come lo stomaco vuoto)  e attivare il processi digestivi e il senso di sazietà. Poi si può continuare con un piatto di un cereale di  farina integrale con verdura, pomodoro e  cipolla. Dopo un paio d’ore a stomaco orami vuoto e a distanza di almeno 30 min da un eventuale attività sportiva andrebbe mangiata la porzione di frutta.   Infine, per una cena vanno benissimo delle carote cotte e  fagiolini e una fonte proteica tra carne, pesce, uova o formaggi magri in maniera da aumentare la quota proteica che durante il sonno provvederà alla ricostruzione muscolare.

Attenzione:
Alcuni piani alimentari per perdere peso promuovono delle drastiche riduzioni di alcuni gruppi alimentari, ma questo comportamento potrebbe rivelarsi malsano. Per la maggior parte delle persone, un’ampia varietà di cibo ricco di nutrienti, con le giuste calorie calorie fornisce un ottimo apporto nutrizionale e allo stesso tempo promuove la perdita di peso. Le diete che raccomandano la totale eliminazione di alcuni gruppi di alimenti non andrebbero mai seguite, a meno che non siano state precedute da un consulto medico con un fine ben inquadrato e limitato nel tempo.

Fonte: InfinityRun



lunedì 28 novembre 2016

ANNUNCIATO L’ULTRA TRAIL WORLD TOUR 2017




Ieri è stato annunciato il nuovo calendario dell’Ultra Trail World Tour per l’anno 2017. Tre i nuovi ingressi: la Patagonia Run (145 km) in aprile, la spagnola Penyagolosa Trail (115 km) sempre in aprile e la sudafricana Ultra Trail Cape Town che si svolgerà in Sudafrica il 2 dicembre. A queste tre si aggiungono anche le gare “sorelle” di competizioni già in calendario dell’Ultra Trail World Tour: si tratta della TDS e della CCC (che affiancano l’Ultra Trail du Mont Blanc) e il Trail de Bourbon, la “corta” (si fa per dire!, 115 km) della Diagonale des Fous.



Al di là dell’ingresso di nuove gare c’è da segnalare il fatto che le gare sono state classificate in quattro categorie: “Series con Bonus”, le “Series”, le “Pro” e le “Challenge”. La differenza fra i 4 tipi di gare saranno i punti assegnati ai vincitori:
  • Series con Bonus: 1,300
  • Series: 1,000
  • Pro: 700
  • Challenge: 400.
Ci saranno solo due gare nella categoria “Series con Bonus”, la Marathon des Sables e l’Ultra Trail du Mont Blanc. L’Italiana Lavaredo Ultra Trail è stata inserita nell’esclusiva categoria “Series” insieme a TransgrancanariaWestern StatesCCC e Diagonale des Fous.


L’ultima novità riguarda le classifiche mondiali, che saranno due distinte: ci sarà un “Annual ranking”, basato sui risultati dell’anno e un “World Ranking” calcolato sugli ultimi tre anni di gare. Per essere inseriti nell’Annual Ranking sarà sufficiente aver completato due gare dell’Ultra Trail World Tour (prima erano tre), mentre il World Ranking verrà calcolato inserendo i cinque migliori risultati di un atleta su un arco triennale.

Ecco il calendario completo di gare dell’UTWT:


Fonte: SpiritoTrail



CAPIRE ALCUNE DINAMICHE SUL TRAILRUNNING




Se avete ben presente la filosofia del trailrunning, massima espressione della corsa, adesso cercherò di farvi riflettere su alcuni aspetti fondamentali riguardanti le varie zone coinvolte in quello che apparentemente è  ritenuto il gesto motorio più “semplice” in assoluto, cioè la corsa.

In questo articolo cercherò di farvi apprendere che l’evoluzione è stata fondamentale per lo strumento più importante utile per alla nostra corsa; i nostri piedi… non da un punto di vista prettamente medico, ma evolutivo e di come il nostro corpo si sia adattato in milioni di anni. Di solito ci scanniamo in accese discussioni su quale sia la calzatura migliore, dimenticandoci completamente su cosa le mettiamo e di come influenzano la nostra vita.
Bene… siete pronti ? Incominciamo a riflettere su alcuni aspetti:

Vi è mai capitato di massaggiarvi i piedi, magari dopo un ultratrail o un allenamento ? Non vi siete accorti di nulla? Non avete mai percepito la complessa struttura?  Se non l’avete ancora fatto incominciate, perché cari signori voi non lo sapete ancora ma avete fra le mani un apparato assolutamente perfetto frutto di milioni di anni di evoluzione, fitto di terminazioni nervose che vi stanno inviando messaggi di dolore o indolenzimento con ovvia ragione.

Dopo molte ora passate nelle vostre calzature chiuse da 100 / 150 € ed oltre, vi faranno assumere un andatura da primate della foresta Amazzonica, causato inesorabilmente dalla devastazione dei vostri piedi e di conseguenza tutta la vostra struttura! Le calze, la scarpa che non permettono una termoregolazione idonea, con una forma assolutamente non adatta al corretto funzionamento del piede, porta di riflesso a compromettere tutta la catena cinetica.

Non dimentichiamo lo scopo di questo articolo… la struttura dei nostri piedi ne proviene da un adattamento ambientale evoluto in milioni di anni. Sono un organo sensoriale e di funzione antigravitazionale, che ci permette la deambulazione bipede, esercitando un importante influenza su quelle che sono tutte le nostre attività quotidiane, infatti proprio dai piedi riceviamo moltissime informazioni in quanto sono l’unico elemento a contatto col pianeta, sicuramente vi sarà capitato di avere un problema connesso, con conseguente cambiamento dell vostra qualità della vita.

Sulla base di alcune ricerche paleontologiche, i piedi hanno adattato la propria forma e quindi la loro funzione a contesti molto differenti rispetto alla vita moderna dell’”Homo Urbans”. Infatti, sempre grazie all’esplorazione tattile dei nostri piedi, potrete notare un importante arcata plantare, molte ossa metatarsali, moltissimi muscoli e tendini che permettono il naturale dissipamento del peso corporeo, sia durante la corsa sia durante la camminata in misure differenti. Pare logico immaginare che qualsiasi tentativo di aggiustamento che allontani da questo concetto, provoca col tempo fastidi ed infiammazioni. Di brevetti ne abbiamo visti veramente di tutti i tipi !

Ma da dove nasce l’esigenza di questo adattamento strutturale ? Beh, sempre grazie a ritrovamenti archeologici, ad oggi abbiamo sufficienti informazioni per arrivare a conclusioni abbastanza attendibili sul fatto che tale struttura osseo tendinea sensoriale, ha raggiunto la sua massima espressione come noi oggi la conosciamo, circa 2,500 milioni di anni fa e che ancora oggi ne conserviamo le stesse caratteristiche, per uno scopo solo, muoversi in contesto impervio.

Quindi, abbiate rispetto dei vostri piedi ma soprattutto cura, in quanto sono un elemento troppo importante per essere trascurato, soprattutto quando dovrete investire soldi per la vostra prossima calzatura, tenete ben presente tutti i fattori biomeccanici e strutturali. Lo so.. la scelta non è banale in quanto il mercato è orientato nella direzione completamente opposta, ma per nostra fortuna abbiamo disposizione importanti fonti d’informazione, basta semplicemente sfruttarle.

Concludendo, abbiate rispetto  dei vostri mezzi di locomozione, studiateli ogni loro parte, perchè solo capendo veramente come funzionano riuscirete a fare scelte oculate e libere da tendenze di marketing.

Andrea Fergola
Responsabile portale trailrunning.it 







giovedì 24 novembre 2016

4K MA A COSA È SERVITO................




Da qualche giorno rimbalza nell'ambiente del trail la notizia che la Regione Valle D'Aosta ha deciso che non ci sarà una seconda edizione del 4k; questo il comunicato pubblicato su "ANSA VALLE D'AOSTA":
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Montagna, chiude il 4K endurance trail
Lo conferma l'Associazione Forte di Bard che organizzava la gara
"Coerentemente con la volontà manifestata dal Consiglio regionale di lavorare dal prossimo anno per l'organizzazione di una gara unica sulle Alte Vie, la Regione autonoma Valle d'Aosta ha deciso che non ci sarà una seconda edizione del 4k Alpine Endurance Trail. Nel prendere atto di questa scelta, l'Associazione Forte di Bard ringrazia tutta la popolazione e i volontari per l'aiuto che è stato dato e per l'interesse costantemente dimostrato per le proprie attività, il cui obiettivo continua ad essere quello di contribuire alla crescita del turismo e del patrimonio culturale in Valle d'Aosta". E' quanto scrive, in una nota, l'Associazione Forte di Bard decretando pertanto la chiusura della manifestazione di endurance trail che si è corsa per la prima volta quest'anno sulle alte vie della Valle d'Aosta.


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Ma allora a cosa è servito tutto il casino creato dalla Regione quest'anno per organizzare a tutti i costi una seconda gara che doveva, a Loro dire, garantire condizioni di "massima" sicurezza per i concorrenti, portare i Valle profitti inenarrabili, essere l'unico vero endurance trail degno di chiamarsi con questo nome invece, l'unico segno che ha lasciato il 4K è stato lo spreco di denaro pubblico per realizzare qualcosa che già esisteva e funziona alla grande.... il TOR DES GEANTS!!!

L'Associazione Sportiva VDA Trailers che mi piace evidenziare, è una società privata che come attività organizza eventi sportivi, ha dimostrato malgrado tutto che il TOR DES GEANTS è qualcosa di più di un evento sportivo, rappresenta un sogno per quanti amano la disciplina del Trail, un evento che ormai è di fama Mondiale nel nostro ambiente e richiama concorrenti da tutte le nazioni. Nello stesso tempo ha dimostrato che anche la Valle è con il TOR perchè anche quest'anno il TOR è stato una grande festa mentre il 4K è stato un evento sterile fine a se stesso.

Io personalmente sono contento di questa scelta, il TOR è sempre il TOR e resterà unico!!!

La politica si dedichi alla politica per il bene del cittadino. Invece di cercare proventi in qualsiasi ambito cerchi di agevolare le Imprese Private che con il loro lavoro portano vantaggi anche alla popolazione.

Marini Massimo
Amatori Atletica Chirignago









lunedì 21 novembre 2016

TUTTO PRONTO PER LA SECONDA EDIZIONE DELLA “CORSA DELLA BORA”



Rinnovato l’appuntamento per il 6 gennaio 2017: anticipazioni sulle novità della seconda edizione

Il conto alla rovescia è iniziato: mancano solo due mesi all’appuntamento con lo sport e l’aria aperta alla scoperta delle meraviglie del territorio di Trieste, dal mare alle montagne.
La Corsa della Bora, kermesse creata lo scorso anno dalla ASD Sentierouno per far conoscere la bellezza del Carso anche d’inverno, rinnova l’appuntamento il 6 gennaio e conta già centinaia di iscritti.

Alla gara, che prevede una corsa di 21km con 400 m di dislivello (Half) una di 57km con 2500 (Trail), si aggiungono l’Ipertrail di 164 km e 5500 di dislivello e la staffetta di 40 km, quest’ultime già sold-out e riservate ad atleti di comprovata esperienza.

Le iscrizioni arrivano da tutta Italia e da diversi Paesi europei come dalle vicine Slovenia e Austria, ma anche da Norvegia, Repubblica Ceca, USA, India, Belgio, solo per citarne alcuni.

A seconda della distanza, i percorsi prevedono partenze da Opicina, Pese e Sistiana, tutti attraverso il ciglione carsico con arrivo a PortoPiccolo, e compiendo, nel caso di Ipertrail, un anello che sconfina sulle vette al confine tra Slovenia e Croazia.

“La grande novità dell’edizione di quest’anno sono i 164 km di Ipertrail – spiega Tommaso de Mottoni, presidente ASD SentieroUno -. Impegnativi di per sé, ma resi ancor più duri perché in autonomia, un concetto di autonomia che abbiamo rivoluzionato… Ma le novità riguardano anche le altre distanze, la 21 e la 57km con percorsi in parte cambiati sulla base dei suggerimenti costruttivi di chi le ha corse lo scorso anno”.

La Corsa della Bora conta sul patrocinio di Regione Friuli Venezia Giulia, Feel Slovenia, Turismo FVG,  Comune di Trieste, Comune di Duino Aurisina – Občina Devin Nabrežina, Comune di San Dorligo della Valle – Občina Dolina, Comune di Sgonico –  Občina Zgonik,  Comune di Monrupino – Občina Repentabor,  Občina Hrpelje-Kozina.

Presentazione ufficiale per la stampa: venerdì 9 dicembre, ore 11.00, Sala Giunta del Comune di Trieste.


Hanno già confermato la loro presenza Giorgio Rossi, Assessore allo Sport del Comune di Trieste, e Serena Tonel, Assessore alla Comunicazione del Comune di Trieste.





venerdì 18 novembre 2016

FATICA E METABOLISMI ENERGETICI (SECONDA PARTE)



Ho le gambe dure dall’acido lattico”….è una delle frasi più frequenti ed errate che si sentono spesso dire da chi è affaticato. L’acido lattico non è un responsabile evidente della fatica, che invece ha origini di natura multifattoriale. La fatica non è altro che un meccanismo protettivo naturale del corpo (e di parti di esso, come i muscoli) per evitare che venga compromessa l’integrità dello stesso. Comprendere come funzionano i metabolismi e la fatica, è un passo fondamentale per capire l’allenamento e la performance. In questo post, cercheremo di spiegare in maniera estremamente chiara e comprensibile a tutti le basi della metodologia dell’allenamento, dell’alimentazione e dell’adattamento ambientale. Gli argomenti sono abbastanza complessi, ma il nostro tentativo è quello di renderli comprensibili a tutti. In caso di dubbi, o necessità di delucidazioni, non esitate a chiedere!


RIASSUNTO ALLA PRIMA PARTE


Nella prima parte dedicata all’argomento abbiamo affrontato 2 tematiche molto importanti:

·             metabolismi energetici
·      Il modello tridimensionale della fatica, approfondendo solamente la prima parte (fatica periferica) con ricadute applicative riguardanti alimentazione ed integrazione.

In questo post vedremo come la fatica centrale e la fatica cosciente influiscono sulla performance e come l’allenamento, l’ambientamento e l’alimentazione/integrazione possono aiutare a ritardarne l’insorgenza.




FATICA CENTRALE
(corsa in discesa, altitudine, ipertermia, ecc.)
La fatica è l’incapacità di mantenere durante lo sforzo l’intensità aspettata/voluta; prima di comprendere le cause della Fatica centrale, mi preme fare comprendere come vengono gestiti i segnali motori ed efferenti nel contesto della fisiologia.


Nell’immagine sopra è possibile vedere (in maniera semplificata) come i comandi motori che vanno al muscolo originino dai centri SUPERIORI ed INFERIORI del SNC (Sistema Nervoso Centrale).  Nell’esecuzione dei “comandi”, il muscolo (e tutto l’organismo) invia dei segnali al SNC (SEGNALI AFFERENTI) che informano costantemente (come una sorta di feedback, freccia viola) sulla “situazione fisiologica” del corpo.

Nel precedente post dedicato alla fatica periferica abbiamo visto come questa sia dovuta alla mancata corrispondenza tra i segnali del Sistema Nervoso (cioè i comandi, freccia blu) e l’intensità espressa; la causa può essere dovuta all’accumulo di cataboliti, alla carenza di substrati o altre alterazioni cellulari. Nella figura sotto è ben evidente con la “X” in basso all’interno del muscolo.


Sempre nell’immagine sopra, è possibile vedere anche l’origine della Fatica Centrale: questa si manifesta con una riduzione dei segnali dai CENTRI INFERIORI DEL SNC (cioè dall’origine della freccia blu) ai muscoli. In altre parole, il soggetto può richiedere con la volontarietà un certo livello di Potenza (freccia verde), ma i centri inferiori del SNC (che determinano l’origine dei segnali al muscolo) non rispondono in maniera corrispondente. La causa di questo risiede principalmente nei SEGNALI AFFERENTI (freccia viola), che informano il SNC che, in una determinata condizione, è meglio “non esagerare” con l’intensità muscolare per non compromettere l’integrità del muscolo o di altri sistemi dell’organismo. Ma passiamo a fare qualche esempio per essere più chiari:

·            CORSA IN DISCESA: è stato visto che quando si corre in discesa, non si riescono ad avere le stesse intensità cardiovascolari (in termini di consumo di ossigeno) rispetto alla corsa in pianura od in salita (ciò è evidente quanto più è ripida la pendenza della discesa). Questo è dovuto al fatto che in discesa, le strutture muscolari, tendinee ed articolari sono maggiormente sollecitate; l’informazione delle sollecitazioni viene trasmessa tramite i segnali afferenti (freccia viola) al SNC che inibisce parzialmente la contrazione muscolare per evitare che sforzi muscolari eccessivi compromettano l’integrità dei tessuti (muscolari/tendini/articolazioni). Per migliorare la capacità di correre in discesa, è fondamentale incrementare la stiffness delle catene muscolari (cioè la capacità di reagire a contrazioni intense in poco tempo) e l’attitudine a correre in discesa. Nel nostro post dedicato, abbiamo approfondito l’allenamento specifico per la discesa.
  


·              CORSA IN ALTA QUOTA: la corsa di resistenza in alta quota è un altro esempio di come la fatica centrale limiti lo sforzo fisico. Infatti, come tutti sanno, le prestazioni di endurance vengono limitate man mano che la quota incrementa; è evidente che ciò sia dovuto alla rarefazione dell’ossigeno. Ma in che modo influisce? La ridotta pressione parziale di ossigeno nell’aria, provoca una minor saturazione dell’emoglobina (in altre parole, nel sangue circola meno ossigeno) che genera un feedback (segnali afferenti) che letto dal SNC, provoca una limitazione della contrazione muscolare in condizione di resistenza. Infatti, in quota è stato visto che i livelli di lattato (che dimostrano l’attivazione muscolare intensa) rimangono più bassi, indice che i muscoli (in sforzi di endurance) non vengono sollecitati al massimo delle loro potenzialità per evitare che l’integrità metabolica dei tessuti venga compromessa. Ovviamente l’acclimatazione alla quota permette all’organismo, nel tempo, di adattarsi fisiologicamente alla situazione, migliorando la capacità di svolgere lavoro fisico in altitudine. Nel nostro post dedicato all’allenamento e alla corsa in quota potete vedere un’ampia disamina sull’argomento.

·             ALTRE CONDIZIONI: altre condizioni fisiologiche che provocano questo tipo di fatica sono l’ipertermia (è evidente che quando è caldo, l’entità delle performance di resistenza sia inferiore), disidratazioneipoglicemia (riduzione zuccheri nel sangue), deplezione glicogenocelebrale o epatico, alterazione di alcuni neurotrasmettitori, ecc. È ovvio che determinate condizioni siano maggiormente evidenti con il prolungarsi dell’esercizio piuttosto che all’inizio dello sforzo!

Appare quindi ovvio che l’allenamento e l’acclimatazione alle situazioni specifiche che vengono affrontate in gara, rappresentano il mezzo principale per affrontare le condizioni che più si discostano dalla norma.

FATICA COSCIENTE
(motivazione/demotivazione, “fattore campo”, adrenalina, ecc.)

A pari condizioni di forma, lo stesso tipo di performance può avere intensità diverse a causa delle condizioni motivazionali del soggetto. L’esempio più lampante è il “fattore campo” negli sport di quadra. Per chi pratica sport di endurance è altrettanto evidente come in gara si riescano a tollerare sforzi atletici di intensità/durata leggermente superiori rispetto all’allenamento. Altre condizioni studiate recentemente, sono quelle relative all’ascolto della musica o alle condizioni di affaticamento in situazione di impegno cognitivo.


Se gli aspetti appena citati sono abbastanza ovvi, oggi si sta approfondendo sempre più un altro ramo della fatica cosciente, cioè quello relativo alla REGOLAZIONE ANTICIPATORIA DELLA PERFORMANCE. Senza addentrarci eccessivamente in un ramo della fisiologia abbastanza complesso (nell’immagine sotto è possibile vedere uno schema tratto dalla ricerca di Tucker 2009), possiamo affermare che il SNC non modula l’attivazione dell’intensità motorio solamente in base ai segnali afferenti, ma anche in base alla “stima” del lavoro fisico che andrà ad effettuare. Tale “stima”, rappresenta un’ipotesi (inconscia) del lavoro fisico che si andrà ad effettuare in base all’esperienza che si è costruita in passato; tale meccanismo influenza la percezione dello sforzo e di conseguenza la modulazione dell’intensità.


A questo tipo di conclusioni si è arrivati tramite diverse sperimentazioni in cui venivano date diverse informazioni (giuste o sbagliate) ai soggetti durante la pratica fisica per vedere la loro risposta. Tali informazioni erano relative all’intensità, alla durata dello sforzo, a quanto mancava alla fine dello sforzo, ecc. Tale effetto è maggiormente evidente quanto più si ha esperienza nel tipo di sforzo/gara considerata. Ma andiamo ora a fare un esempio più concreto grazie alla ricerca di Billat e coll 2006, in cui venne analizzato il costo metabolico (consumo di ossigeno) in un test massimale sui 10 Km (podisti amatori) corso inizialmente a con gestione libera dello sforzo e poi a passo costante (ricavato dal miglior tempo ottenuto a passo libero). Nell’immagine sotto è possibile vedere l’esito della ricerca.


A passo libero, il consumo di ossigeno medio (Vo2) è di 48 ml/Kg/min, mentre a passo costante (impiegando lo stesso tempo) è di 53 ml/Kg/min. Questo significa che impostando l’andatura “a sensazione”, a pari tempo finale, si consuma meno ossigeno rispetto ad un’andatura “fissa costante”. Infatti, correndo a sensazione, si tende a partire leggermente più forte, calare leggermente nel terzo/quarto di gara, per poi accelerare verso la fine; probabilmente questa è la condizione ideale per minimizzare lo stato di fatica in relazione al consumo energetico (Vo2). Il meccanismo inconscio che determina questo atteggiamento è la sopra citata REGOLAZIONE ANTICIPATORIA DELLA PERFORMANCE. È ovvio che, per la maggior parte dei podisti, sia più facile che ciò avvenga in una gara di 10 Km piuttosto che in una maratona (distanza sulla quale si ha meno pratica). Questo spiega perché atleti esperti riescono ad ottimizzare la strategia di gara (distribuzione dello sforzo) in maniera migliore rispetto ad altri.


CONCLUSIONI ED APPLICAZIONI PRATICHE
Possiamo quindi riassumere il concetto di fatica come un aspetto fisiologico che permette di evitare che venga compromessa l’integrità dell’organismo. Questa si esplica a più livelli (periferico, centrale e conscio) in cui una significativa importanza lo riveste anche la motivazione e l’esperienza inconscia della disciplina specifica.
La specificità dell’allenamento, supportata da un buon sviluppo generale delle qualità dell’atleta, rappresenta la chiave di un allenamento ottimale. Ma andiamo ora a sfatare un mito ancor molto radicato sulla fatica
“Ho le gambe dura dall’acido lattico da ieri”
L’acido lattico è una sostanza prodotta dalla cellula muscolare in seguito all’attivazione della glicolisi; quest’ultima è una via metabolica particolarmente attiva durante sforzi intensi, provocando una quota elevata di acido lattico che in parte si riversa dalla cellula muscolare al sangue (ed essendo quindi misurabile). Questo ha portato, nello scorso secolo, a ipotizzare che la presenza di questa sostanza fosse la causa della fatica. Niente di più sbagliato, e vi spieghiamo il motivo:
inizialmente si credeva che l’acido lattico portasse un livello di acidità tale nel muscolo e nel sangue da comprometterne l’omeostasi (equilibrio fisiologico) e indicendo la fatica. Come abbiamo visto sopra e nel precedente post, la fatica è un fenomeno multifattoriale e l’acidosi muscolare che si presenta durante sforzi intensi, è prevalentemente dovuto ad altri metaboliti (ma non all’acido lattico). In sforzi intensi e prolungati invece l’acidosi è prevalentemente dovuta alla produzione di anidride carbonica (CO2) nei muscoli che si trasforma in bicarbonato (Lindinger 2003).
Non solo, l’acido lattico, ha un’emivita media di 30’…cioè dopo ogni 30’ si dimezza la sua concentrazione; di conseguenza, è impossibile che il giorno successivo allo sforzo sia presente ancora in quota elevata (una quota basale è sempre presente).
La sensazione di “mal di gambe” il giorno successivo allo sforzo, è dovuto alla fuoriuscita di materiale cellulare dalle membrane (le cui cause le potete vedere nell’immagine sotto) e dall’attività delle cellule del sistema immunitario richiamate che stimolano le terminazioni nervose responsabili del dolore muscolare.
  


 “I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”
Questo non è un luogo comune, ma un reale e fondamentale aspetto delle discipline di durata. Credo che qualsiasi atleta che pratica sport di resistenza si sia prima o dopo scontrato contro il “muro” (i maratoneti lo chiamano il “muro del 30° Km”). Quando abbiamo parlato di fatica periferica abbiamo visto che quando le riserve di glicogeno muscolare si abbassano sotto un certo livello, non si riescono a tenere più ritmi intensi. L’abbassamento ulteriore dei livelli ematici di glucosio (glicemia) inibisce anche la possibilità di tenere ritmi medi (fatica centrale). Eppure, si potrebbe esser portati ad ipotizzare di poter tenere ritmi medi grazie al consumo dei grassi, che sono un substrato energetico importante (con disponibilità fisiologica praticamente infinita) quando si tengono intensità non elevate.


Nella figura sopra è presentata la parte finale (che è in comune) dei metabolismi di Carboidrati/Grassi/Proteine, cioè il Ciclo di Krebs. Un elemento fondamentale affinchè questa via metabolica funzioni, è l’ossalacetato (oxalocetate in Inglese); questa molecola deriva dal metabolismo dei carboidrati (glicogeno/glucosio, vedi freccia rossa). È quindi evidente che in condizioni di deplezione di glucosio/glicogeno, la produzione di ossalacetato sarà limitata (perché deriva primariamente dal metabolismo dei carboidrati) a tal punto da rallentare la metabolizzazione dell’Acetyl-Coa (vedi immagine sopra) in Citrato e di conseguenza il metabolismo dei grassi a scopo energetico.  Come evitare quindi di sbattere contro il muro?

·     Presentarsi a gare lunghe ed impegnative solo se adeguatamente preparati; abbiamo dedicato diversi post alla maratona, compreso un interessante studio su podisti amatori svolto in Italia.

·    Seguire una dieta adeguata, prestando attenzione al carico di carboidrati pre-gara (carbo load). Ricordiamo che il carico di carboidrati è efficiente tanto più l’organismo è in grado di stoccare carboidrati (glicogeno); ciò dipende dalla capacità aerobica dell’atleta.

·  Adottare un’adeguata strategia di integrazione in gara a base di carboidrati (zuccheri); Asker Jeukendrup (uno dei maggiori studiosi sull’argomento) consiglia circa 30 g/h (grammi/ora) per sforzi compresi tra 1-2 ore, e 60-90 g/h per sforzi di lunghezza superiore alle 2 ore. È fondamentale ricordare che l’allenamento a sforzi di durata deve comprendere anche l’allenamento dell’organismo a tollerare l’ingestione di zuccheri sottosforzo, per evitare effetti collaterali il giorno della gara. Come per il carico di carboidrati, la capacità di sfruttare al meglio l’integrazione in gara, dipende dalla capacità aerobica.