Come prevenire gli effetti deleteri
Amo correre. Desidero precisarlo per non apparire
prevenuto nei confronti della corsa. E sottolineo che amo particolarmente la
corsa su strade sterrate, sentieri scoscesi e a stretto contatto con la natura
incontaminata. Adoro quella sensazione di libertà, quasi di onnipotenza, che la
corsa in ambiente selvaggio regala generosamente passo dopo passo, respiro dopo
respiro, avanzando, sovente con piacevole fatica. Emozioni che ne’ la pista
d’atletica, ne’ il monotono tapis roulant riescono a donare. La corsa, e’ noto,
praticata regolarmente, non solo migliora i parametri cardiovascolari
abbassando la pressione a chi è iperteso e la frequenza cardiaca a chi e’
tachicardico, ma ottimizza i dati respiratori tra i quali la capacità
polmonare. Ha effetti benefici sulle dislipidemie e in particolare sul rapporto
trigliceridi/ HDL che nella norma dovrebbe essere inferiore o uguale a 1 e
nella perfezione prossimo a 0,5.
Abbassa l’infiammazione cronica silente e la
glicazione, due tra i più temibili fattori di invecchiamento precoce e
deleterio. La corsa, inoltre, e’ in grado di liberare sostanze endorfiniche, i
cosiddetti endocannabinoidi, a potente valenza anti depressiva e anti stress
con miglioramento dell’autostima e della forza interiore. Corsa dunque
come terapia e non solo come attività sportiva. Ma la corsa può anche essere il
nostro peggior nemico se si diventa suoi sudditi, schiavi della dipendenza e
della necessità di correre troppo spesso e troppo a lungo. Ho corso la maratona
e anche una ultra maratona ma non ho mai dimenticato che Filippide, il primo
maratoneta, comunque, morì al termine dei 42 km.
Durante i miei corsi di medicina antiaging, ricordo
sempre ai partecipanti che per mantenersi in salute e godere di una giovinezza
prolungata, occorre allenare con costanza e determinazione tutte le componenti,
ovvero forza, resistenza, elasticità, equilibrio, coordinazione e forza
esplosiva oltre alla destrezza e alla agilità. Purtroppo, invece, è dato
osservare la predilezione, talvolta ossessiva, verso una sola di queste. Sono
sempre più frequenti forme esasperate di attività in un solo settore a
discapito degli altri: giovani che si gonfiano in palestra ma incapaci di
correre in velocità per pochi km o al contrario smunti ed emaciati maratoneti
in evidente sarcopenia, privi di normale massa muscolare. Sia uomini sia donne.
Ed è ancora più evidente nei soggetti over 45-50 anni, quando la fisiologica
endocrinosenescenza peggiora lo stato.
Oggi sono di gran moda le competizioni di corsa
estreme, sia per la qualità dell’ambiente, sovente ostile, sia e
soprattutto per la lunghezza e la durata. Non mi riferisco alle corse a
tappe, ove è previsto un tempo di riposo e di recupero, ma a quelle gare non
stop che durano giorni e giorni con variazioni di pendenza micidiali, delle
quali la più conosciuta in Europa e’ certamente il Tor des Geants : 330 km con
un dislivello impressionante di 24.000 mt. Certamente il richiamo di queste
gare è ammaliante e per alcuni irresistibile, e confesso di averci pensato più
di una volta, ma il sapere medico ha prevalso sull’ambizione sportiva. Ma quali
sono gli effetti sul corpo di una prestazione così al limite o meglio oltre il
limite per quasi tutti i partecipanti ad eccezione di quei pochi, geneticamente
favoriti e con impeccabile preparazione psicofisica oltre che integrativa?
Analizziamoli singolarmente:
1) Elevatissimo stress ossidativo, ovvero forte
disequilibrio tra produzione di radicali liberi e sistema endogeno
antiossidante. Queste specie chimiche reattive danneggiano il nostro organismo
a tutti i livelli, soprattutto quelli più nobili, come il DNA, la membrana
citoplasmatica e il mitocondrio, motore energetico della cellula, estremamente
sensibile all’ossidazione.
2) Alterazione del corretto assetto ormonale con
ipersecrezione di cortisolo da parte della zona corticale surrenalica e
inversione o appiattimento della curva di produzione. Come è noto il picco
fisiologico di cortisolo si manifesta al mattino mentre il nadir e’ alla sera,
quando l’epifisi inizia a secernere melatonina, suo principale
antagonista insieme al GH di cui è sinergica. L’ipercortisolemia, conseguente
allo stress cronico derivante da una gara così dura e così devastante,
attraverso il meccanismo della neoglucogenesi muscolare, utilizza gli
aminoacidi per produrre glucosio a fini energetici con la conseguente
demolizione delle fibre del muscolo. Inoltre si attua il cosiddetto furto del
pregnenolone, un neurosteroide basilare per la salute cerebrale. Questo ormone,
determinante per la memoria, la lucidità mentale e la fluidità del pensiero e
dell’eloquio, e’ il progenitore degli ormoni sessuali maschili e femminili, tra
i quali anche il DHEA e il testosterone. Il pregnenolone, in
occasione di stress prolungato come una gara così impegnativa e duratura, viene
sequestrato per la produzione di cortisolo invece degli ormoni sessuali ad
azione anabolica con conseguente calo degli stessi, oltre che del pregnenolone.
Le atlete di sesso femminile non ancora in menopausa vanno facilmente incontro
a quadri di amenorrea da squilibrio ormonale con problemi anche di infertilità.
3) Alta infiammazione sia acuta sia cronica silente,
dovute al superlavoro della macchina corporea. Tutti gli indici di
infiammazione, al termine di una competizione così massacrante, sono alterati: VES,
proteina C reattiva, fibrinogeno, oltre alle meno conosciute citochine, tra le
quali la IL 6 che ha anche azione promuovente l’ osteoporosi, attivando gli
osteoclasti. Pochi, molto pochi sono gli atleti che non presentano livelli alti
di infiammazione dopo una gara siffatta.
4) Degenerazione cartilaginea da usura, con
diminuzione degli spessori e della normale lubrificazione. Ciò porta facilmente
ad artrosi e artrite con possibili lesioni traumatiche tendinee e ligamentose.
Solo pochissimi atleti, dotati geneticamente e con una rigorosissima
preparazione fisica oltre ad una meticolosa supplementazione
condroprotettiva possono esserne esenti, soprattutto se in giovane età. Coloro
che hanno superato i quarant’anni, e talvolta anche prima, sono i più vulnerabili
perché già fisiologicamente hanno un comparto cartilagineo più debole per un’
accelerazione dei fenomeni catabolici rispetto a quelli anabolici.
5) Carenza di serotonina e melatonina dovuto alla
privazione del sonno nelle gare non stop, in seguito alla rottura del normale
ritmo sonno- veglia. Ricordo che la melatonina ha anche azione antiossidante e
immunostimolante e la sua carenza, unitamente al rialzo del cortisolo, ad
attività immunodeprimente, comporta facilità di infezioni e malattie da deficit
immunitario nel periodo post gara, talvolta con sindromi autoimmuni.
Allora,
alla luce di tutto ciò, gli appassionati dovranno rinunciare a competizioni
così estreme? Purtroppo talvolta sì, se si è costituzionalmente vulnerabili. In
altri casi ci si dovrà preparare non solo con adeguato allenamento ma con
un’attenta supplementazione affidandosi ad esperti nel campo degli
antiossidanti, antinfiammatori naturali, degli stimolatori endogeni ormonali,
ovviamente non dopanti, e dei condroprotettori. Il fai da te, in gare di
tale genere, può essere estremamente pericoloso.
Francesco Balducci
Dott. Francesco Balducci medico esperto in medicina
antiaging e potenziativa . Scuola superiore post Universitaria AGORA’ di Milano
e Università La Sapienza di Roma. Personal Trainer. Nutrizionista paleo dieta
Maestro di kayak fluviale FICK.
Fonte: TrailRunning.it