mercoledì 20 aprile 2016

Rubrica i Grandi Campioni - Timothy Olson – una storia dietro ad un atleta


Alcuni lo confondono con il suo (probabilmente) più famoso collega Tony Krupicka, ma Timothy Olson è un atleta di livello assoluto tanto quanto il suo barbuto (e capellone) collega. È un grande ultra trail runner, uno che va forte, corre le 100 miglia e, molto spesso, le vince. Ma non è solo questo perché, prima di tutto, Timothy Olsono è una storia!
Nato in Winsconsin in una zona di aperta campagna, tra un campo di patate e uno di mais, in realtà Olson crebbe come giocatore di basket. All’inizio pensava che quello sarebbe stato il suo sport e ci si dedicava con tenacia e passione fino ai tempi dell’high school. Poi, un giorno, cominciò a dedicarsi alle corse campestri. Inizialmente era un modo per tenersi in forma nel periodo in cui non giocava a basket ma, un po’ alla volta, Olson venne rapito dalla corsa.
Giocare a basket significava starsene al chiuso, in palestra, la corsa invece permetteva di sperimentare la neve, il fango, la pioggia. Forse ancora non lo aveva realizzato appieno, ma stava sperimentando quello che poi gli sarebbe piaciuto fare più di tutto. Correre in mezzo alla natura.
Ma prima il periodo buio
Terminata l’high school arrivò il momento di andare al College. Olson venne forzato dai suoi ad iscriversi ad una scuola cattolica ma, fin da subito, Timothy si ritrovò ad essere insofferente alle regole e alle restrizioni di quel tipo di istruzione. Resse per un solo semestre, dopodichè cominciò a ribellarsi e mollò lo scuola. Aveva 18 anni e cominciò a dedicarsi ad altro: droga e alcol.
Questa scelta lo portò a frequentare delle persone sbagliate e pericolose e, per circa 4 anni, la vita di Olson si avvitò in una spirale molto pericolosa.
Un giorno venne arrestato per possesso di droga. Detenuto per un giorno e poi rilasciato, si rese conto che non era quello che voleva essere. I suoi amici erano persone che finivano in carcere, si suicidavano o morivano di overdose. Lui non era così, era un altro tipo di persona.
Dopo 4 anni vissuti in questo modo, finalmente Olson capì che non voleva fare quella fine.
Il ritorno alle origini
Riprese i contatti con gli amici dell’high school, quelli del gruppo delle corse campestri, e decise di cambiare vita. Diede un taglio a droghe e alcol e alle frequentazioni sbagliate e raddrizzò la rotta.
Ricominciò a correre per eliminare tutte le tracce di droga presenti nel suo corpo e risultare pulito ai test della polizia cui regolarmente si doveva sottoporre. Si accorse che, ad ogni corsa, si sentiva sempre meglio.
Si iscrisse nuovamente al college e cominciò ad allenare i ragazzi che correvano traendo molti più insegnamenti di quanti non ne fornisse ai suoi allievi. Come rivela egli stesso.
Il viaggio
Durante un periodo di vacanza, Olson intraprese un viaggio lungo il paese. Solo lui e il suo cane. Ad ogni tappa corrispondeva una corsa per esplorare le montagne che incontrava.
All’epoca Timothy non sapeva nemmeno dell’esistenza del trail. A lui interessava correre, esplorare e scoprire. E lo faceva correndo.
Terminato il viaggio, ritornò nel Wisconsin, tornò ad allenare e a lavorare come carpentiere. Conobbe Krista, che poi divenne sua moglie, e cominciò a fare piani per il futuro. Si trovò anche un lavoro “serio”, come lo definisce lui, con una postazione dietro ad una scrivania.
Resistette per un giorno e poi decise che mai più avrebbe lavorato tutto il giorno in un ufficio in vita sua.
Fu così, che nell’inverno del 2008, lui e Krista decisero di abbandonare il gelido inverno del Wisconsin e si spostarono prima in California e poi in Oregon alla ricerca di un nuovo posto dove vivere. Si innamorarono di un posto chiamato Ashland, un luogo immerso nella natura e ricco di percorsi da correre ed esplorare. Un paradiso per Olson e per sua moglie.
Vi si trasferirono immediatamente e fu qui che Timothy entrò in contatto con il mondo dell’ultra trail.
Olson e Krista, infatti, cominciarono a frequentare un gruppo di runners della zona. Fu ad una festa da loro organizzata che Timothy conobbe per la prima volta degli ultra-runner, gente che aveva corso delle gare di 100 miglia. E subito li giudicò dei pazzi scatenati, completamente fuori di testa.
Ma in questo modo entrò in contatto con runner come Tony Krupicka o Hal Koerner, decisamente non una brutta compagnia, e fu così che avvenne il suo ingresso nel mondo degli ultra trail.
Le gare
Olson prese parte per la prima volta ad una 50 km, su invito dei suoi nuovi amici. L’esperienza fu per lui terribile. Estremamente faticosa. Ma, alla fine, decise che voleva vincere quella sensazione di fatica e riprovarci.
Fu nel 2009, quando assistette alla vittoria del suo amico Hal Koerner alla Western States 100, che decise di provare a correre la sua prima 100 miglia.
Si iscrisse quindi alla Pine to Palm 100 miglia nel 2010 e, per allenarsi, si iscrisse anche ad una gara di 50 km e alla Waldo 100 km.
Si allenò e si rese conto che proprio piano non andava. Alla Waldo 100 km, ad un certo punto si trovò in testa alla gara. Non ci poteva credere ma continuò a correre sperando che nessuno riuscisse più a rirprenderlo fino all’arrivo. Fu ciò che accadde, ogni volta che si girava Olson non vedeva nessuno dietro di lui. Nonostante corse gran parte del tempo con la paura di essere ripreso alla fine riuscì a vincere.
Prese così parte alla sua prima 100 miglia, la Pine to Palm, e vinse anche quella. Fu, al di la della vittoria, una grande esperienza. Un viaggio, come lo definisce lo stesso Olson, all’interno di se stessi dove scopri chi sei veramente e realizzi quali siano le cose a cui tieni veramente.
L’anno successivo, Olson, rivinse la Pine to Palm e, nel 2012, prese parte alla mitica Western States.
Arrivò primo ma non la vinse soltanto, fece anche il record della corsa percorrendo i 161 km in 14 ore e 46 minuti.
A giugno di quest’anno ha preso nuovamente parte alla corsa replicando il successo dell’anno precedente (questa volta senza record) confermandosi come uno dei più forti ultra trail runners del momento.
Questa è la storia di Timothy Olson che ha dovuto soffrire e fallire prima di capire la bellezza di essere una persona migliore anche se non soprattutto attraverso la corsa.

(Photp Credit: Facebook Timothy Olson)




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