domenica 1 maggio 2016

LA RESISTENZA, METODI E MEZZI PER MIGLIORARLA

Il primo articolo di una rubrica è sempre particolarmente impegnativo, non tanto per i temi trattati, dei quali l’autore solitamente ha la necessaria conoscenza perchè possano essere esposti in maniera chiara, ma piuttosto per la difficoltà di parlare di una “materia” così vasta (e della quale esistono visioni a tratti contrastanti), scegliendo un punto di partenza personale.
Lo si può fare entrando “con i piedi di piombo” e toccando subito argomenti specifici, oppure ricercare un percorso più duraturo, che consenta al lettore di apprendere più nozioni generali per poi conoscere meglio la specificità dell’argomento. Ecco, in questa rubrica partiremo dalle fondamenta, dai principi di questa materia meravigliosa chiamata ALLENAMENTO, cercando però di impreziosire il tutto con: appunti, esercitazioni, esempi studiati e proposti ai diversi atleti nel corso del mio lavoro quotidiano, di preparatore atletico.
Gli sport di resistenza hanno subito, nel corso degli anni, una forte evoluzione sia in ambito di partecipazione popolare, che in ambito di metodologia dell’allenamento. Sport quali il ciclismo e la corsa, o i più recenti trail running e triathlon hanno visto una notevole variazione del “peso specifico” dato a ciascuna capacità condizionale nel corso della programmazione dell’allenamento. Se un tempo si assisteva a grossi volumi allenanti (parametro quantitativo: distanza o durata di un allenamento) a discapito ad esempio di esercitazioni di forza in tutte le sue espressioni, o di rapidità, ora il concetto è quello che occorra lavorare molto di più sull’intensità (parametro qualitativo) rispetto ad un tempo, per poter migliorare la performance di un’atleta. Oggi si assiste a gare sempre più veloci, a ritmi sempre più rapidi e a gestioni in gara diverse dal passato, che obbligano l’atleta non solo ad essere “semplicemente” resistente, ma anche forte, rapido, tatticamente intelligente e mentalmente pronto. Non fraintendiamo…non che in passato gli atleti non lo fossero, anzi…ma l’evoluzione degli stessi, la creazione di nuovi materiali più performanti, le migliori attrezzature utilizzate, ecc… sono andati di pari passo con una metodologia sempre più alla ricerca del superamento del limite fisiologico, con conseguente abbattimento dei record precedenti. Ovvio che qui si entri in un tema molto più vasto e non solo identificabile in poche righe, pertanto procediamo analizzando ciò che ci interessa, ovvero le capacità condizionali.
Dalla metodologia dell’allenamento sappiamo che le capacità condizionali si suddividono in:- Rapidità- Forza- Resistenza- Mobilità articolare
Da quanto scritto qui sopra sembra che bistratti proprio colei che tratteremo per prima (ovviamente non è assolutamente così), la RESISTENZA:
“La capacità psico-fisica di un atleta o di un qualsiasi soggetto di opporsi e resistere alla fatica, sia essa estesa a tutto l’organismo, oppure limitata a singoli sistemi” (J. Weineck)





FATTORI DETERMINANTI NEGLI SPORT DI RESISTENZA:
Composizione di fibre muscolari
Disponibilità di ossigeno
Riserve di energia
Capacità aerobica

Molto brevemente: la composizione delle fibre muscolari è uno dei limiti (o surplus) della capacità di resistenza, in quanto organismi aventi a livello muscolare una forte composizione di fibre a contrazione lenta (tipo I) saranno certamente più propensi alla resa in discipline di resistenza. Un aspetto che un allenatore deve sempre considerare è legato alla “trasformazione” di un numero limitato di fibre muscolari, se fibre rapide possono diventare lente, il meccanismo inverso risulta ancora molto, molto difficile, se non impossibile (?) (esistono alcuni studi del compianto Prof. Arcelli in merito).
Ancor più brevemente: la disponibilità di ossigeno dipende dalla maggior capillarizzazione, dalla nascita di vasi collaterali e dal contenuto di mioglobina (facilita e velocizza l’estrazione di O2 dal sangue capillare).
Le riserve di energia sono fondamentali: grassi e glicogeno in primis, su quest’ultimo faremo un apposito articolo, per ora vi basti pensare come lo svuotamento di queste riserve comporti una netta riduzione della performance; va da sé che a concentrazioni più elevate di glicogeno prima di un determinato allenamento, la capacitá di resistenza sia mantenuta su alti standard di intensitá.Queste riserve si comportano in maniera non lineare, infatti nei primi venti minuti di lavoro si assiste ad un decadimento repentino, successivamente fino a circa 60 minuti questo processo rallenta, anche grazie al meccanismo di combustione dei grassi.L’allenamento fa si che queste riserve le quali, ogni volta esaurite vengono ricostituite, accrescano notevolmente fino a segnalare aumenti percentuali impensabili. Glicogeno e grassi; la loro combustione in presenza di ossigeno dipende dai mitocondri (respirazione cellulare). Essi sono in grado, con l’allenamento, di aumentare in dimensioni e superficie anche di 3 volte.

METODI E MEZZI DI ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA:
La metodologia dell’allenamento prevede dei metodi e dei mezzi allenanti per le differenti capacità condizionali, essi vanno innanzitutto conosciuti, quindi applicati ai fini dell’allenamento/obiettivo da raggiungere, ma ancora più importante è capire la correlazione tra volume (il famoso parametro quantitativo) e intensità (l’altrettanta famosa qualità dell’allenamento).





– Il primo metodo che viene visualizzato nel grafico è quello del carico prolungato che, rifacendoci ai sistemi energetici, può anche essere definito come deputato al miglioramento della resistenza aerobica.
Occorre però sin da subito fare una precisazione, volume ed intensità di carico non vanno intesi come parametri rigidi e non modificabili, ne è l’esempio proprio il metodo del carico prolungato, all’aumentare del volume e utilizzando intensità relativamente basse si avrà un maggior coinvolgimento del metabolismo lipidico, mentre aumentando l’intensità, anche su valori prossimi o concordi con la soglia anaerobica (nei prossimi capitoli ampio risalto verrà dato a questo concetto), si avrà un maggior esaurimento delle riserve glucidiche. Nel primo caso si può parlare di carico prolungato estensivo, mentre nel secondo caso questo viene denominato intensivo. In particolari negli atleti di Elite il rapporto tra volume e intensità può a volte essere quasi paritario (ovviamente non proposto in maniera continuativa), in quanto essi sono in grado di sostenere allenamenti ad alta intensità ed elevato volume; ovviamente parliamo di atleti di vertice.






– Si parla di intensivo ed estensivo anche nel metodo ad intervalli, che a sua volta viene diviso in breve, media e lunga durata (vedi figura 1, suddivisione in resistenza di breve, media, lunga durata secondo Harre).





Se però la caratteristica del metodo è data da recuperi incompleti o pause vantaggiose, nei quali la frequenza cardiaca non ritorna mai a ritmi basali, va da sé che per recuperi troppo lunghi si perda l’alternanza con recupero incompleto tra lavoro e recupero. Questo alternarsi tra le due fasi fa si che l’interval training svolga un ruolo molto importante a livello del muscolo cardiaco, con un cambiamento positivo nelle dimensioni del cuore, oltre ovviamente a tutti gli aspetti metabolici interessanti prevalentemente l’utilizzo degli zuccheri.
– Da non confondersi con l’interval training è invece l’allenamento tramite metodo della ripetizione, infatti in questo caso il recupero è completo e non “vantaggioso”, pertanto dopo un recupero completo si ripete il lavoro previsto, che varierà in durata a seconda delle qualità da allenare, a livello aerobico o anaerobico.





– Trattasi di intensità massimale alternata a recuperi altrettanto brevi, per quanto riguarda il metodo intermittente, la cui intensità si avvicina a quella del:
– metodo di gara, ovvero la scelta di competizioni a scopo allenante in vista delle manifestazioni più importanti.
Con questo metodo l’atleta affinerà le qualità specifiche della disciplina, aumentando il proprio bagaglio qualitativo, sia in ambito fisico che soprattutto psicologico, è infatti solo in gara che è possibile ottenere stati emotivi non riproducibili in allenamento. Esistono poi altre tipologie di allenamento, il termine fartlek ad esempio è da anni sulla “bocca di tutti”, ma all’atto pratico come va svolto? Quali e quante variazioni?
Per evitare di dilungarmi troppo questo argomento ed altri (ad esempio l’interval training, l’intermittente ecc…) saranno tutti trattati singolarmente in seguito, al fine di creare un articolo maggiormente esaustivo.

CONCLUSIONI:
Da osservatori attenti avrete ovviamente notato terminologie quali: soglia anaerobica, potenza aerobica, lento, medio o ritmi gara. Gran parte di voi penso avrà sentito parlarne, molti ne avranno una maggiore dimestichezza…in ogni caso sono tutti termini che troveremo e approfondiremo nel corso del prosieguo di questo meraviglioso “viaggio” appena cominciato.
Nei prossimi capitoli parleremo delle restanti capacità condizionali, prima di affrontare temi importanti quali: la valutazione funzionale, l’uso del cardiofrequenzimetro o del passo al km oppure ancora le differenze tra le varie tipologie di corsa: mezzofondo, fondo, skyrunning, ultratrail ecc… Restate “connessi”, restate attivi ed in movimento, ogni giorno!


Fonte: InfinityRun




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