venerdì 17 giugno 2016

PANE E KILOMETRI: QUALI E QUANTI CARBOIDRATI PER IL RUNNER




Dei tre principali macronutrienti nella dieta, i carboidrati sono spesso il più rigidamente controllato da chi vuole mantenersi in equilibrio con lo specchio e con la bilancia. Da un punto di vista più oggettivo rappresentano invece una tipologia di combustibile immancabile per il nostro organismo, in particolare chi fa sport quotidianamente non può prescinderne quasi ad ogni pasto.

Dopo queste premesse qualche chiarimento è doveroso:

1- Stabilire la quota di carboidrati, proteine e grassi non è sufficiente a definire un pasto “bilanciato”, poiché i nostri bisogni fisiologici vanno oltre questo aspetto, e anche la presenza di micronutrienti è fondamentale (sali minerali, antiossidanti, vitamine).

2- In termini calorici i carboidrati danno un contributo simile alle proteine (4 kCal/grammo), pur non essendo con esse sostituibili in quanto intraprendono vie metaboliche diverse.

3- Compresa l’importanza dei carboidrati nella dieta degli sportivi, bisogna considerare il punto di vista attuale della comunità scientifica, che può essere riassunto nel motto ‘’train low, compete high”: moderare i carboidrati durante il periodo di allenamento allena i muscoli a una disponibilità energetica medio-scarsa, ed è cosi possibile caricare tutte le riserve nel periodo di avvicinamento alla gara.  

Un po’ di numeri
La massima scorta di carboidrati del nostro organismo si avvicina a 2000kCal, e il suo esaurimento durante uno sforzo fisico si manifesta con un insieme di sintomi noto come il “muro del maratoneta”. I carboidrati, e in particolare il glucosio, vengono immagazzinati sotto forma di un polimero ramificato chiamato glicogeno. Diversi sono i tessuti che possono accumulare glicogeno, ma in termini quantitativi vanno considerati solo muscoli e fegato:

Glicogeno muscolare: 400 g circa (corrispondenti a 1500kCal), utilizzati solo in sede dai muscoli.

Glicogeno epatico: 100 g (equivalenti a 400 kCal), utilizzati da tutto l’organismo.
Anche nei reni e nei globuli rossi è rilevabile la presenza di glicogeno. A livello cerebrale alcune cellule dette gliali, nel momento in cui esauriscono le piccole quantità di glicogeno da loro accumulato, sarebbero responsabili dell’origine della sensazione di fatica sperimentata ad esempio dagli sportivi che praticano ultra-endurance.
Se confrontate con le riserve adipose le nostre scorte di carboidrati sono davvero limitate. Infatti un uomo normopeso con 12 kg di massa grassa, detiene in quest’ultima sede un quantitativo calorico che supera le 100 000 kCal. Pur costituendo una riserva energetica enorme per il nostro organismo, i grassi rappresentano un carburante di seconda scelta rispetto ai carboidrati, e sono utilizzati preferibilmente nell’esercizio fisico di lunga durata a bassa intensità.

Quali strategie adottare per ottimizzare le scorte di carboidrati e affrontare la competizione in condizione ideale?  
Pur essendo la finestra pre- e post-gara molto importante, bisogna sottolineare che il comportamento alimentare durante tutto il periodo di preparazione che avvicina all’evento sportivo è essenziale nella costruzione organica dei muscoli e delle loro scorte di glicogeno. 

Pre-gara: Un pasto ricco di carboidrati (100-200 g) consumato 3-4 ore prima della gara migliora la performance. In questa finestra temporale vanno limitate le fonti proteiche e le fibre, che  rallenterebbero lo svuotamento gastrico. Importante è inoltre bere molta acqua, anche 3-3,5 litri nelle 24 ore che precedono la gara, poiché la sintesi di glicogeno muscolare richiama molti liquidi in quel compartimento.

Durante la gara: Possiamo limitare il consumo della quota di glicogeno prima indicata integrando attraverso gel un quantitativo di circa 60-70 g di carboidrati all’ora (necessario solo per competizioni di durata superiore ai 90 minuti). Per quanto riguarda gli allenamenti lunghi, la velocità modesta richiede un’integrazione di carboidrati in dose minore.

Quali sostanze caratterizzano i gel per la gara?
Leggendo gli ingredienti di uno dei gel più diffusi in commercio (vedi sotto) troviamo diverse fonti energetiche, per buona parte costituite da zuccheri semplici (glucosio in primis) che al di fuori del contesto sportivo sono poco raccomandabili poiché in grado di innalzare la glicemia in modo brusco e improvviso. Le maltodestrine invece rilasciano zuccheri in maniera graduale, assicurando un effetto energetico prolungato nel tempo. La presenza di sodio e potassio è importante per velocizzare l’assorbimento degli zuccheri a livello intestinale, più di favorire il recupero salino. Anche la caffeina a basse dosi è in grado di amplificare questo effetto.

Sciroppo di glucosio e fruttosio (43.6%)

Sciroppo di fruttosio (26%)

Maltodestrine (1.6%)

Caffeina (30 mg per gel da 37,5 g)

Ci sono due aspetti dell’assorbimento di nutrienti che entrano in gioco nell’integrazione durante la gara, e sono la capacità dello stomaco di far defluire i nutrienti verso l’intestino, e poi la velocità con cui i nutrienti passano dall’intestino al torrente circolatorio. Se quest’ultimo aspetto è ‘’allenabile’’ (testando i gel in allenamento l’intestino regola in una certa misura l’espressione degli opportuni enzimi digestivi), per il primo aspetto le variabili controllabili sono il volume e la densità calorica dell’integratore.

Alle velocità sostenute in una gara relativamente breve come una 10km o una mezza maratona, la sollecitazione a carico dello stomaco è tale da rendere complicato assumere dosi di integratore maggiori di 20-30 mL per volta. Inoltre più lo sforzo è prossimo al massimale, minore è il volume di sangue che può lasciare i muscoli per irrorare il tratto gastrointestinale e arricchirsi di zuccheri. Per questo è importante massimizzare le scorte di glicogeno con una rodata strategia di avvicinamento, al limite integrando con un gel nell’immediato pre-gara. Inoltre durante la performance può essere agevole utilizzare i gel liquidi con il tappo, in modo da distribuire l’integrazione in sorsate frequenti (ogni circa 20 minuti), subito seguite da abbondante abbeveraggio con l’acqua dei ristori.

Energy drink come integratori durante la gara: sì o no?
La concentrazione degli zuccheri è ottimale negli sport drink [es. Acquasport, Gatorade, Isostad], dove oscilla a seconda della marca tra il 4 e l’8%. A queste percentuali l’assorbimento intestinale è efficace nonostante l’attività fisica, e non comporta un rallentamento della funzione digestiva gastrica.
Per quanto riguarda le bevande energetiche [RedBull, Burn, Monster] tale concentrazione si spinge oltre (11-13%), motivo per cui gli energy drink, se già sperimentati in allenamento, possono essere utilizzati durante una gara di ultra-endurance previa diluizione al 50% con acqua (realizzabile con una borraccia). A mio avviso non sono raccomandabili a fini sportivi le varianti sugar free (le motivazioni si trovano nel mio articolo sulla caffeina).

Dopo la gara: Se da un punto di vista preventivo la fonte di carboidrati complessi consigliabile rimane la stessa per sedentario e atleta (mi riferisco a patate, cereali e farine integrali), è anche vero che l’elevato indice glicemico delle farine raffinate non è da considerare in assoluto un aspetto negativo. In particolare nelle ore successive a una gara o ad un allenamento intenso, massimizzare il flusso di glucosio verso il torrente circolatorio (consumando alimenti ad alto indice glicemico) significa facilitare il lavoro di re-sintesi di glicogeno da parte delle fibre muscolari. Oltre a questo aspetto, il rapido apporto di carboidrati nella finestra post-gara svolge una vera e propria funzione anti infiammatoria.

Per riassumere, come comportarsi in prospettiva di un lungo periodo, ad esempio nel periodo di preparazione e avvicinamento ad una gara?

  • Assumere quotidianamente fonti di carboidrati, ruotando più tipologie possibili (pasta integrale, farro, orzo, patate, riso integrale, avena, crusca, quinoa, kamut).
  • Limitare a un massimo di 1-2 porzioni al giorno le fonti di zuccheri semplici come i dolci e la frutta.
  • Calibrare le dosi in base all’allenamento; considerare le altre attività extra sportive svolte giornalmente.
  • Aumentare leggermente la quota quotidiana di carboidrati nell’arco di tempo da 3 giorni precedenti a 2 giorni successivi la competizione, sostituendo i carboidrati integrali con quelli raffinati.

In quali frangenti il consumo di carboidrati raffinati è particolarmente negativo?
Durante un periodo di infortunio, oppure quando per motivi lavorativi non riusciamo ad alimentarci regolarmente come vorremmo, è opportuno limitare i picchi glicemici, in modo da non avere sbalzi di fame che nel lungo periodo posso determinare oscillazioni di peso. Tra le situazioni elencate, quella di infortunio è ovviamente la più delicata, e la tipologia di carboidrati da preferire è solo uno degli aspetti da curare per velocizzare il recupero: ridurre gli alcolici, limitare le fonti di stress, massimizzare le ore di sonno e distribuire strategicamente le proteine di alto valore biologico nell’arco della giornata sono gli accorgimenti che non possiamo trascurare.

Enrico Ponta
Biologo Nutrizionista  Evidence-based sport nutrition https://dottorponta.it







giovedì 16 giugno 2016

PREPARAZIONE IN SALA PESI PER L’ULTRAMARATONA



L’ultramaratoneta non è un sollevatore di pesi con grosse masse muscolari capace di esprimere grossi valori di forza.
Grosse masse muscolari sono addirittura dannose per chi corre poiché, pesando molto (la massa magra pesa più della massa grassa) rendono la corsa ancora più dispendiosa da un punto di vista energetico; l’ultramaratoneta deve invece “economizzare” il più possibile la sua tecnica di corsa.
Ma allora perché proporre un programma d’allenamento che prevede delle sedute anche in sala pesi?

Per favorire la comprensione di come anche la sala pesi può essere utile ad un’ultramaratoneta, sono partito dalle prime domande che mi sono posto prima di utilizzare la metodica d’allenamento che poi andrò a presentarvi e che mi ha dato dei buoni risultati sotto molti punti di vista.

1- PERCHE’ PREPARARE UN'ULTRAMARATONETA CON SISTEMI DI ALLENAMENTO DIVERSI DALLA CORSA?

a- Per migliorare la forza resistente

Il corpo umano per muoversi deve vincere le resistenze dell’aria e del terreno; per far ciò ha bisogno di esprimere valori di forza.
La forza espressa durante l’azione di corsa (soprattutto se è una corsa di lunga durata) è molto diversa da quella che deve utilizzare un lanciatore, un saltatore o un sollevatore di pesi.

Tralasciando la descrizione delle varie tipologie di forza ci concentreremo solo su quella che caratterizza la corsa di un maratoneta o ultramaratoneta, ovvero la forza resistente.

Per forza resistente intendiamo una quantità di forza molto inferiore a quella massimale da esprimere per un tempo molto prolungato.

In effetti, quando si corre la forza che viene espressa per muovere un passo dopo l’altro non è molto elevata, in quanto non vi sono forti resistenze da vincere e la velocità di spostamento non è massimale.
In un’ultramaratona si ripete il gesto della corsa (e vincere le relative resistenze) per centinaia di migliaia di volte; è per questo motivo che reputo opportuno allenare anche lo sviluppo della forza resistente.
  
b- Per migliorare la tecnica di corsa

Una muscolatura forte aiuta il controllo della tecnica di corsa rendendola economica ed efficacie.
  
c- Per prevenire gli infortuni

Lavorando con esercizi sia di tipo isotonico che isometrico vi è inoltre un rafforzamento del tono muscolare che favorisce la stabilizzazione delle relative articolazioni, nel caso specifico quelle dell’anca (coxo-femorale), del ginocchio e tibio-tarsica, il che favorisce il prevenire di patologie tipiche della corsa quali condropatie, tendinite.
Tutto ciò, ovviamente, aiuta a non perdere giorni preziosi d’allenamento a causa di fastidiosi infortuni.
  
2- QUANDO ALLENARE LA FORZA IN PALESTRA
  
a- In che fase della programmazione annuale e del macrociclo?

L’allenamento della forza non può avvenire a ridosso di manifestazioni importanti su cui si è puntato di raggiungere il picco della forma (termine del macrociclo), ma deve essere terminato almeno a distanza di qualche settimana (un mese).

Questo perché un lavoro di muscolazione svolto in sala pesi, per quanto specifico, “appesantisce” momentaneamente, la gestualità di corsa.
Bisogna quindi dare all’organismo e alla muscolatura il tempo di “trasformare” tale lavoro in un incremento delle qualità sopradescritte (resistenza specifica, tecnica di corsa più economica, prevenzione degli infortuni, …).
Inoltre il sollevare dei carichi è un qualcosa di molto distante dal modello di prestazione (il correre per molte ore) e, per questa ragione, non va utilizzato troppo a ridosso di quello che deve essere il picco di performance.

 b- Richiami di forza

E’ in ogni caso consigliabile eseguire a scadenza di 20 giorni dei leggeri richiami di forza per non far scadere troppo questa qualità fisica comunque indispensabile per chi copre distanze particolarmente lunghe.
Ovviamente se non ci sono nelle immediate vicinanze, manifestazioni importanti su cui si è puntato di raggiungere il picco di forma.
   
3- QUANTO ALLENARE LA FORZA IN PALESTRA

a- Quanto a lungo in un macrociclo?

In un macrociclo di 8 mesi consiglierei di allenare la forza per i primi 7 mesi, indipendentemente dalla qualità organica allenata.
  
b- Quante volte in un microciclo?

Nella prima fase della preparazione del macrociclo, l’allenamento della forza in sala pesi può essere eseguito anche due volte la settimana a distanza di 3-4 giorni.
Con l’avvicinarsi del periodo in cui si cerca il picco di performance le sedute in palestra vanno ridotte ad una con l’abbandono completo nel mese precedente, preferendo mantenere le qualità di forza costruite con i pesi, allenandosi su percorsi collinari almeno una volta la settimana.
  
c- Quanto lunga deve essere una seduta d'allenamento?

Una seduta di forza non deve essere particolarmente breve, in quanto è preferibile puntare sulla quantità di serie e ripetizioni più che sul carico utilizzato.
Per sollevare più volte un peso, anche se leggero, occorre tempo; inoltre è auspicabile eseguire sempre degli esercizi di scarico o trasformazione dello stimolo ricevuto.
Tutto ciò comporta del tempo che però potrà essere “contenuto” con una metodologia di somministrazione degli esercizi che andremo poi ad analizzare.
  
4- COME ALLENARE LA FORZA IN PALESTRA

Ci sono diversi sistemi per allenare ed incrementare i livelli di forza.

a- In serie

Normalmente in palestra si utilizza un sistema di lavoro definito in “SERIE” dove si svolgono delle serie di lavoro da un certo numero di ripetizioni (1, 2, 4, 6, 8, 10, 12, 25……) per più volte (2, 3, 4,…..).
Tra una serie e l’altra è inserito del recupero passivo dove l’atleta non svolge nessun movimento ma recupera completamente l’esercizio in modo tale da riformare il creatin fosfato consumato con l’esercizio e riassorbire l’acido lattico prodotto.
Questo per riprendere nella serie successiva in una condizione “quasi basale”, anche se alcune fibre muscolari sono in ogni caso andate ad esaurirsi.

Per lo sviluppo della forza resistente si utilizzano parecchie serie di lavoro per ciascun esercizio (anche 4 o 5), estremamente lunghe come numero di ripetizioni (non meno di 15), con un carico ridotto (30-40% del massimale) e con poco recupero (all’incirca 1’).
  
b- In circuito

E’ il sistema d’allenamento in sala pesi per podisti che prediligo in quanto, come tipologia di lavoro e di meccanismi energetici messi in funzione si avvicina di più a quello che poi è lo sforzo di chi corre.

Solitamente si sceglie una serie d’esercizi da eseguire uno dietro l’altro senza recupero, dove si alternano gruppi muscolari differenti.
Il numero di ripetizioni per ciascun esercizio varia dalle 15 alle 25 e gli esercizi inseriti possono essere anche una decina.
Il circuito va ripetuto per un numero di volte che va dalle 3 alle 5, anche questo in relazione al grado d’allenamento di chi lo esegue e dalla quantità d'esercizi proposti.

Normalmente è un lavoro utilizzato nelle palestre per ottenere un minimo di tonificazione muscolare anche in chi ha come obiettivo principale quello del potenziamento cardio vascolare e del dimagrimento.
Per non “alienare” i “clienti” in decine di minuti da passare tra tapisroulant, cyclette e step, si adotta questo tipo di lavoro che in ogni caso, non prevedendo pause (grazie anche ai carichi ridotti utilizzati) permette di tenere attivo il meccanismo energetico aerobico e quindi ricercare quel consumo di grassi “desiderato” da chi va in palestra per dimagrire.

Per l’ultramaratoneta propongo questo tipo di lavoro, che ovviamente si differenzia per molti aspetti da un circuito utilizzato comunemente dai “non atleti” o dai “non podisti”.

  
PROPOSTA DI LAVORO


1- RISCALDAMENTO

La proposta prevede un normale lavoro di riscaldamento nel quale inserire:

a- Tapisroulant

10’ di tapisroulant a frequenze cardiache molto basse (120bpm) per iniziare ad attivare maggiormente il metabolismo, gli apparati cardiovascolare, muscolare ed articolare (specie degli arti inferiori).
Questo ovviamente per rendere ancor più efficace l’allenamento e per non incorrere in infortuni durante la sua effettuazione.

b- Corda

Saltare la corda (sempre dopo aver fatto almeno 10’ di tapisroulant) è un lavoro che favorisce la dinamicità e la reattività dei piedi, che specialmente in un’ultramaratoneta che corre per tanti chilometri a ritmi non propriamente veloci, è una caratteristica che tende a diminuire.
Inoltre si rinforza l’articolazione tibio-tarsica e si svolge un lavoro di coordinazione di tutti i distretti corporei che con la sola corsa non si ottiene.
Ho tratto dei benefici soprattutto nella corsa in salita, dove i piedi mi aiutano a spingere preservando energie preziose che consumerei spingendo molto più di coscia.
  
c-  Andature tecniche

Favoriscono il riscaldamento dei distretti muscolari specifici della corsa, richiamandone il gesto tecnico e, addirittura perfezionandolo rendendolo ancora più efficace ed economico.
Le andature che consiglio sono: skip, calciata, saltellata, skip doppio e rullata.

d- Stretching

Attività indispensabile per chiunque faccia sport, sia in fase di riscaldamento che defaticamento.
La considero come un “oliare” il motore di una macchina; se il motore è ben “oliato” questo farà meno fatica, consumerà meno e non andrà incontro a guasti e rotture.
Così lo stretching per i muscoli di un atleta.
Allungare le fibre muscolari, renderle più elastiche evita il formarsi di tensioni inutili favorendo una gestualità più economica ed efficace.
Personalmente utilizzo il metodo di Bob Andersen che prevede delle tensioni costanti da mantenere per circa 30-40” ben al di sotto della soglia del dolore.
Evito completamente lo stretching fatto di molleggi e slanci pericolosi per l’integrità dei ponti actino-miosinici posti tra fibra e fibra.

  
2- PARAMETRI DEL CIRCUITO
  
a- N° d’esercizi

Il numero d’esercizi (stazioni) proposto è 10, 5 per gli arti inferiori e 5 per addominali e lombari.
I gruppi muscolari vanno sempre alternati in modo tale da poter recuperare il lavoro svolto da un gruppo muscolare, ad esempio i quadricipiti, mentre si esegue un esercizio con un altro gruppo muscolare, ad esempio per gli addominali.
Nell’alternarsi degli esercizi (e del lavoro dei vari gruppi muscolari) vi è il riassorbimento di quel po’ d’acido lattico che si forma nel muscolo che ha lavorato durante l’esecuzione; ciò ci permette di poter continuamente lavorare senza aver la necessità di fermarsi alla fine di un esercizio, poiché il gruppo muscolare successivo sarà diverso e sarà quindi ancora privo di concentrazioni alte di lattato.
Concentrazioni di lattato che non saranno comunque mai elevate nemmeno alla fine di ogni esercizio, in quanto si lavorerà sempre con carichi ben al di sotto di quelli massimali e con un po’ di margine come numero di ripetizioni.

 b- N° di giri da eseguire

Il circuito va eseguito per un minimo di 3 volte ad un massimo di 4.
Lavorando sulla forza resistente dobbiamo comunque sollecitare a lungo i vari gruppi muscolari, di conseguenza non ci si potrà limitare ad un solo giro del circuito (sarebbe troppo poco); si deve però anche considerare che gli atleti in questione non sono dei sollevatori di pesi ma dei podisti di lunga lena, perciò gli allenamenti non dovranno essere troppo lunghi.
3 o, massimo, 4 giri del circuito sono più che sufficienti.

c- N° di ripetizioni

Per gli arti inferiori, il numero di ripetizioni deve essere di 20, mentre per addominali e lombari si va fino alle 25-30 ripetizioni (ovviamente secondo il livello dell’atleta).
Stiamo comunque sviluppando la forza resistente e non la forza “pura”, di conseguenza le ripetizioni devono essere numerose per stimolare per un tempo maggiore le fibre muscolari.

d- Carico

Il carico da sollevare deve essere all’incirca pari al 50% del carico massimale, o in ogni modo, come riferimento ulteriore si può dare quella della percezione dell’affaticamento a fine serie; in pratica alla ventesima ripetizione si deve arrivare con un po’ di margine per poter eseguire almeno altre 3-4 ripetizioni.
Questo perché se utilizzassimo dei carichi troppo elevati andremmo a sviluppare un tipo di forza che non interessa all’ultramaratoneta, quella massimale o per incrementare la massa muscolare, se invece utilizzassimo carichi troppo esigui andremmo a stimolare in modo insufficiente i vari processi metabolici ed enzimatici e non avremmo alcun miglioramento (adattamento) in termini di forza resistente e di stabilizzazione delle varie articolazioni, in particolare quella tibio tarsica, del ginocchio e dell’anca.
  
e- Velocità di esecuzione

Il ritmo esecutivo non deve essere troppo veloce per due motivi
  • Per avere un più corretto gesto tecnico
  • Per avere un miglior reclutamento di fibre muscolari e quindi rendere il lavoro più efficacie.

 3- INIZIO CIRCUITO

STAZIONE 1: “Affondi sagittali a corpo libero”
Muscoli coinvolti: Glutei e Quadricipiti femorali.

E’ un esercizio particolarmente impegnativo, dove l’equilibrio non è poi così facile da mantenere.
Nell’esecuzione si dovrà dare importanza alla postura del busto che dovrà essere eretto e sulla decontrazione della gamba posteriore che non deve intervenire in nessuna fase del movimento ma solo come stabilizzatrice; il lavoro, infatti, dovrà essere compiuto esclusivamente dalla gamba anteriore ed in particolar modo dal gluteo.
L’errore tipico è quello di sbilanciare il busto verso avanti sovraccaricando il ginocchio anteriore e “scaricando” il gluteo anteriore; inoltre si tende a “spingere” con il piede posteriore che deve essere invece semplicemente appoggiato a terra con nessuna funzione di spinta.


ALTERNATIVA STAZIONE 1: “Affondi sagittali al multipower”

Rispetto all’esecuzione a corpo libero ha il vantaggio di rendere più facile il mantenimento dell’equilibrio che, una volta trovato, si mantiene con facilità, ma lo svantaggio di aver un sovraccarico “prestabilito” sulle spalle dato dal bilanciere e dall’attrito che questo forma nello scorrimento con le guide.
  
STAZIONE 2: “Crunch a gambe distese”
Muscoli coinvolti: Retto addominale.

Il retto addominale è coinvolto in due modi:
1-      Rimane in costante tensione per mantenere sollevate le gambe
2-      Con la sua contrazione si favorisce il sollevarsi del busto.

Il busto deve sollevarsi da terra limitatamente (spalle e parte superiore delle scapole), il mento deve rimanere staccato dallo sterno e le mani non devono fare pressione dietro la nuca ma devono avere solo una funzione di sostegno per la testa.

ALTERNATIVA STAZIONE 2: “Crunch gambe flesse”

E’ un po’ più semplice del precedente in quanto il peso delle gambe, essendo queste flesse, è minore e grava meno sull’addome che le sostiene in alto.
La variante più semplice è con i piedi appoggiati a terra o sulla spalliera.


STAZIONE 3: “Standing leg curl”
Muscoli coinvolti: Bicipiti femorali, Semitendinoso e Semimembranoso.

Dopo aver lavorato con quadricipiti e glutei nel primo esercizio del circuito, il secondo esercizio a carico degli arti inferiori prevede l’utilizzo della parte posteriore della coscia, la più importante, insieme all’azione dei piedi, per chi corre a piedi.
La fase attiva, di spinta, durante la corsa avviene proprio grazie alla forza ricevuta dalla contrazione degli ischio crurali o femorali.
Questo è un esercizio “guidato” dalla macchina ed è quindi semplice da eseguire; l’unico accorgimento tecnico importante è quello del piede della gamba che lavora che deve essere mantenuto a “martello”, con la punta rivolta verso la tibia, per favorire la spinta dei femorali e il “non intervento” dei gemelli e del soleo.
La flessione della gamba termine quando gamba e coscia hanno formato all’incirca un angolo di 90° e la relativa estensione non deve essere completa, più o meno come quando si corre.
Questo per richiamare il più possibile il gesto tecnico della corsa.


ALTERNATIVA STAZIONE 3: “Leg curl prono monolaterale”

I muscoli interessati sono gli stessi e le caratteristiche del movimento sono le stesse; cambia la postura, meno “simile” all’azione di corsa.
Preferisco per una soluzione monolaterale (anche se è possibile la bilaterale) per due motivi:
1-      La gamba più debole deve comunque contrarsi in modo autonomo e non seguire l’azione della gamba più forte (questo potrebbe anche colmare in parte il gap tra gambe forte e gamba debole).
2-      Durante la corsa, l’azione delle gambe è identica ma non contemporanea.


STAZIONE 4: “Crunch a gambe flesse in decubito supino”
Muscoli coinvolti: Retto addominale.

A differenza della stazione 2, dove il retto addominale faceva presa sulle ultime coste, qui lo stesso muscolo fa presa sul pube provocando così il sollevamento del bacino.
Di fondamentale importanza è la postura delle gambe che devono essere il più possibile flesse e decontratte per favorire il solo intervento del retto addominale e la “non contrazione” del retto femorale e dell’ileopsoas.
Le gambe completamente flesse favoriscono anche la “non iperlordosi” del tratto lombare del rachide soprattutto nella fase negativa del movimento (durante la discesa del bacino).


ALTERNATIVA STAZIONE 4: “Doppio Crunch”
Muscoli coinvolti: Retto addominale.

E’ un esercizio ancora più impegnativo del precedente poiché si somma al sollevamento del bacino anche una flessione del busto contraendo completamente il retto addominale.


STAZIONE 5: “1/2 Leg press eccentrico bilaterale”
Muscoli coinvolti: Quadricipiti, glutei, Bicipiti femorali, Semitendinoso e Semimembranoso.

Questo esercizio, svolto in maniera concentrica, interesserebbe in modo prevalente i quadricipiti e, a seconda dell’altezza dei piedi, anche i glutei.
La metodologia prescelta in questo caso è però di tipo eccentrico o isometrico.
Dalla posizione estesa dell’arto inferiore, si andrà ad eseguire un piegamento molto lento della coscia sulla gamba fino a che questi non formeranno un angolo di 90° (non necessario piegare di più poiché quando si corre non c’è un piegamento troppo accentuato di quest’angolo e perché scendere di più comporterebbe un’eccessiva sollecitazione del ginocchio); tale piegamento durerà 8 secondi e sarà frenato (o accompagnato) dalla parte posteriore della coscia (bicipiti femorali).
In pratica ciò ricalca quello che avviene durante la fase di trazione della falcata durante la corsa in discesa, dove la parte attiva, di stimolo, dell’arto inferiore proviene dal retro coscia che deve però anche “controllare” o “frenare” la gravità che tenderebbe a far perdere l’equilibrio dell’atleta.
In una gara che prevede dei lunghi tratti in discesa (Passatore) potrebbe rivelarsi un’esercitazione molto utile.


STAZIONE 6: “Crunch a gambe flesse in torsione”
Muscoli coinvolti: Retto addominale e Obliqui.

Oltre a sollevare il busto si esegue anche un movimento di torsione dello stesso da sinistra verso destra e da destra verso sinistra.
Questo ulteriore movimento, che avviene in un unico momento con la flessione e non in tempi separati, fa si che oltre a contrarre il retto addominale facendogli fare presa sulle coste, mette in contrazione anche i muscoli laterali dell’addome o muscoli Obliqui.


STAZIONE 7: “1/2 Leg press monolaterale”
Muscoli coinvolti: Glutei e Quadricipiti femorali.

A differenza del ½ Leg press eccentrico bilaterale, in questa stazione lavoriamo in modo concentrico (continuo) e monolaterale.

In questo caso il lavoro principale sarà eseguito dai quadricipiti e dai glutei (sempre a seconda di quanto in alto teniamo il piede).
Già durante l’analisi dell’alternativa della 3° stazione (Leg curl prono monolaterale) ho evidenziato il perché è da favorire un lavoro monolaterale ad uno bilaterale.


ALTERNATIVA STAZIONE 7: “Leg extension  monolaterale”

A differenza del ½ Leg press monolaterale, questo è un lavoro più specifico per il quadricipite femorale ed in particolar modo per il vasto mediale.
Non è un esercizio “fondamentale” per chi corre poiché il quadricipite non ha una funzione di spinta o trazione nella corsa ma solo di richiamo, non necessita quindi di incrementarne la forza (anche se resistente).
Può essere utile per stabilizzare l’articolazione delle ginocchia e per riequilibrare un circuito più sbilanciato verso un lavoro di potenziamento per il retro coscia e i glutei.


STAZIONE 8: “Latero flessioni del busto”
Muscoli coinvolti: Retto addominale, Obliqui e Quadrato dei lombi.

In quest’esercizio andremo a rinforzare la muscolatura laterale dell’addome e dei lombi (obliqui e quadrato dei lombi).
Anche in questo caso l’esecuzione è monolaterale: le spalle, i fianchi, le anche, le ginocchia (che saranno leggermente piegate) e i piedi devono essere in linea tra loro; il peso del corpo deve essere sempre equamente distribuito su entrambi i piedi.


STAZIONE 9: “Calf al multipower”
Muscoli coinvolti: Tricipite surale .

L’ultimo esercizio a carico degli arti inferiori prevede una doppia flessione dei piedi posti sul bordo di uno scalino.
Doppia flessione perché ad una flessione del dorso del piede (flessione dorsale con il tallone che scende) segue una flessione plantare (con il tallone che sale).
Con questo movimento andiamo a lavorare con il tricipite surale (gemelli e soleo).
Ritengo indispensabile inserire nel circuito anche quest’esercitazione poiché lo sviluppo del movimento prodotto dalla catena cinetica dell’arto inferiore, parte proprio dai piedi; sono loro che prendono per primi contatto a terra e che iniziano a produrre quella trazione che poi permetterà al corpo di spostarsi verso qualsiasi direzione.
Questo è un esercizio che prevede come sovraccarico il bilanciere posto sulle spalle e l’attrito dello scorrimento dello stesso bilanciere sulle guide.
E’ difficile l’esecuzione monolaterale.


ALTERNATIVA STAZIONE 9: “Calf alla leg press  monolaterale”

Con questa alternativa riusciamo anche a lavorare in modo monolaterale senza avere la compressione del bilanciere sulle spalle e sul tratto cervicale del rachide.
Sarebbe opportuno disporre di una leg press con schienale regolabile o a 180°.
Quello della diapositiva è invece fisso a 45°.


STAZIONE 10: “Estensioni del busto”
Muscoli coinvolti: Quadrato dei lombi.

E’ l’esercizio più importante per allenare in sicurezza il quadrato dei lombi.
Fondamentale è non andare in iperestensione con il rachide nella fase finale dell’estensione del busto.
La flessione termina quando busto e arti inferiori hanno prodotto un angolo di 90°.


ANDATURE DI TRASFORMAZIONE

Alla fine d’ogni giro consiglio di inserire sempre delle andature per “trasformare” immediatamente il lavoro eseguito con gli esercizi di muscolazione.
Come detto in precedenza, il podista non è un sollevatore di pesi e dovrà utilizzare la forza prodotta in modo tale che possa essere utilizzata durante la corsa.
Abbiamo anche detto che gli esercizi non dovranno essere eseguiti troppo velocemente perché verrebbe a mancare la necessaria precisione nel movimento e un buon reclutamento di fibre muscolari; l’azione di corsa prevede però delle contrazioni muscolari decisamente più rapide ed è anche per questo che sarà utile “velocizzare immediatamente” il lavoro prodotto con delle andature tecniche.
Quindi “trasformare” e “velocizzare” per “avvicinarci” al modello di prestazione, in altre parole “la corsa” .
Consiglio sempre lo skip, la calciata, lo skip doppio e la rullata; ciascun’andatura da eseguire per 2 o 3 volte per 10-15 metri con il ritorno dopo la serie in rullata.

  
POTENZIAMENTO BUSTO E BRACCIA

Nell’ultramaratona, le oscillazioni prodotte dalle braccia per moltissime ore e moltissimi chilometri potrebbero portare ad un indolenzimento anche degli arti superiori.
Consiglio quindi di inserire in qualsiasi microciclo almeno una, massimo due, veloci sedute
di tonificazione anche per busto e braccia.

In questo caso si può utilizzare anche una più tradizionale metodologia di lavoro in serie dove ciascun esercizio (uno per gruppo muscolare) sarà eseguito 3 o 4 volte per 15 ripetizioni utilizzando il 60% del carico massimale.
La velocità esecutiva sarà sempre medio lenta ed il recupero tra le serie sarà sempre all’incirca di 1’.
Anche per busto e braccia, il lavoro proposto è rivolto non tanto allo sviluppo della forza o della massa muscolare ma al mantenimento (o ad un leggero incremento) della forza (specie quella resistente) e della tonicità di muscoli che durante la corsa sono usati poco.

Ho evidenziato 5 esercizi che fanno intervenire i 5 gruppi muscolari di busto e braccia che comunemente sono allenati in palestra: petto, spalle, dorso, bicipiti e tricipiti (addominali e lombari sono già proposti nel lavoro in circuito).
La scelta su questi esercizi è caduta poiché “riprendono”, almeno in parte, l’azione che le braccia svolgono durante la corsa.


FONDO LENTO

Alla fine del lavoro in circuito consiglio sempre di eseguire una seduta di “fondo lento” di circa 1h15’-1h20’.
Questo per due motivi:
-          Completare il lavoro di trasformazione iniziato con le andature alla fine d’ogni circuito.
-          Per eseguire un buon lavoro di potenza lipidica poiché l’organismo è in una situazione di carenza di glicogeno che è stato in parte consumato durante la seduta in palestra.


DEFATICAMENTO

Dopo la seduta di fondo lento è opportuno eseguire degli esercizi di stretching per restituire un minimo d’elasticità ai muscoli che dopo un allenamento così impegnativo viene inevitabilmente perduta.








GLI SPRINT IN SALITA


Siamo oggi a proporvi un allenamento che solitamente viene svolto un po’ da tutti e con buona frequenza durante il periodo invernale, ma che può ben essere utilizzato, come richiamo di forza, in tutti i periodi della stagione. Indubbi sono gli effetti positivi che esso ha sia a livello fisiologico sia dal punto di vista del condizionamento: gli sprint in salita. Rispetto al potenziamento in palestra, si tratta di un lavoro a “carico” naturale, quasi sempre proposto seguito da una immediata trasformazione sul piano della forza richiamata durante la salita. Ricordiamo che, essendo un tipo di allenamento che va a stimolare notevolmente la frequenza cardiaca, deve essere effettuato da persone in salute e sufficientemente allenate.

Luogo di esecuzione: salita (meglio su asfalto dove gli appoggi a terra sono regolari e buoni per poter completare la spinta)

Pendenza: medio-elevata (minimo 10% ma anche fino al 20%)

Durata/Lunghezza:  parlando in termini di tempo diciamo attorno ai 15”-20” (60-100 metri a seconda della velocità di esecuzione)

Modalità di esecuzione: Cercare di correre al meglio dal punto di vista della tecnica, sentendo la spinta del piede sotto e completando la spinta

Recupero: tra una prova e l’altra ritorno lento (anche camminando)  al punto di partenza, comunque non meno di 40” e non più di 60”.

Dal punto di vista pratico, gli sprint dovranno essere divisi in blocchi di esecuzione seguiti da una trasformazione sul piano.

Quantità: meglio fare piccola distinzione.

Per i meno allenati:
4x15” sprint in salita, recuperando 1’ tra ogni prova. Al termine dell’ultimo sprint si recuperano 2’ (al posto di 1’) e poi si effettua una ripetuta in piano di 3’. In questo caso la velocità deve essere quella del fondo veloce (es: gara di 5 km) avendo come finalità, più che la velocità, una buona tecnica di corsa. Al termine dei 3’ veloci, si recuperano 3’ da fermi e poi si riparte da capo. Inizialmente è sufficiente effettuare 3 blocchi per un totale di 12 sprint e 3 volte i 3’.

Per  i più allenati:
Lo “scheletro”  dell’allenamento è comunque il medesimo, ma possibile:
- aumentare la lunghezza degli sprint, senza superare i 20” (100metri)
- diminuire il recupero, almeno 40”
- aumentare il numero dei blocchi e/o il numero degli sprint per blocco (fino a 6 sprint per blocco e 5 blocchi)

Esempio massimo di carico:
5x20” rec. tornando 50” più 1×1000 per trasformare al piano, il tutto ripetuto 6 volte. Totale 30 sprint e 6x 1000 mt.

In conclusione: 
Questo tipo di allenamento, tanto più nella sua variante più blanda, può anche essere definito di transizione; è quindi possibile svolgerlo tra due sedute di maggiore carico o anche il venerdì precedente una competizione (per i più allenati).

Dal punto di vista fisiologico, lo stimolo principalmente ricercato è sulla gittata cardiaca, ossia la capacità del cuore di pompare più sangue ad ogni singolo battito. Grazie a questo allenamento si riescono a raggiungere rapidamente alte frequenze difficilmente ottenibili con l’allenamento sul piano. A livello muscolare riferito agli arti inferiori, la forza sviluppata è di tipo elastico esplosivo.


ALLENAMENTO PER MIGLIORARE IN SALITA



Per migliorare in salita bisogna considerare che ci sono 2 aspetti (principalmente) su cui poter incidere attraverso l'allenamento, lavorando sulla forza MASSIMA e sulla RESISTENZA alla forza:
-      forza MASSIMA: la capacità di "reclutare" una maggior percentuale di fibre muscolari (sia ad ogni passo che in assoluto, dato che dal pdv delle capacità "nervose" è necessario stimolare i muscoli a lavorare alla max intensità per interessare fibre che altrimenti non vengono quasi mai utilizzate);
-      forza RESISTENZA: la capacità di tollerare una maggiore quantità di acido lattico (localmente nei muscoli) e la capacità di smaltire/ossidare l'acido lattico prodotto per tempi relativamente lunghi.
FORZA MASSIMA
Nel primo caso si può migliorare la Fmax attraverso allenamenti di SPRINT in SALITA (circa 10''/15'' alla max intensità - 60/80 m circa) che mi obbligano ad utilizzare una maggior percentuale di fibre ad ogni spinta e, soprattutto in condizioni di affaticamento, vanno a richiamare fibre solitamente non utilizzate.
Sedute tipo 10x60 m rec 2'…… poi 3x(5x60) rec 2'/5'.... poi 10x80... l'importante è fare sempre tutte le prove alla max intensità, essendo un tipo di lavoro rivolto appunto al miglioramento delle capacità "neuro-muscolari" è efficace solo se lo stimolo è massimo.
Dopo le salite (sprint brevi) bisogna tener conto che si è lavorato alla massima intensità.... quindi 10'-20' di corsetta facile o in leggera progressione ci stanno, anche con qualche allungo da 20'' e recupero blando in mezzo, soprattutto all'inizio.
FORZA RESISTENZA
Dalla parte opposta dello "spettro", per migliorare la capacità di tollerare/smaltire l'acido lattico occorre innanzitutto lavorare sulle componenti aerobiche e quindi migliorare la RESISTENZA e la POTENZA AEROBICA (Lento, medio, fartlek, progressivo, ripetute medie e lunghe, cronoscalate con pendenze non eccessive) che mi permetteranno di innalzare la soglia anaerobica (quindi correre ad una intensità più alta in condizione di semi-equilibrio nell'accumulo di acido lattico).
Quindi si potrebbe iniziare accoppiando ogni settimana questi 2 tipi di lavori, uno breve ma molto intenso e l'altro più lungo ma ad intensità minore, magari abbinando un terzo allenamento di esercizi a carico naturale per tutti i distretti muscolari e poi pian pianino creare un "imbuto" in cui:
-      allungo la durata/lunghezza degli sprint in salita (da 10x60 >> 10x80 >> 10x100 >> 10x150 rec da 2' a 4'...);
-      velocizzo/intensifico l'allenamento di salita lunga (4>6>8>10 km di cronoscalata o collinare oppure sempre la stessa distanza ma correndo un po' più veloce.... pendenza al di sotto del 10% però).
Con questo metodo arriverò gradualmente a lavorare sulla RESISTENZA SPECIFICA per il trail, ESTENDENDO l'intensità ed INTENSIFICANDO la durata e quindi agirò su componenti quali la RESISTENZA/CAPACITÀ LATTACIDA (sostenute però da un lato da migliorate componenti "meccaniche" di Fmax su cui avrò lavorato con gli sprint brevi, dall'altro da migliorate capacità "metaboliche ed enzimatiche" su cui ho lavorato attraverso l'allenamento di corsa prolungata e/o variata e i collinari/cronoscalate).
L'obiettivo finale potrà essere appunto quello di effettuare allenamenti frazionati ad intensità medio-alta su salite abbastanza impegnative (la distanza e il D+ dipendono dal tipo di gara che si prepara....) e anche, come già detto, abbinare SALITA e DISCESA (però con cautela visto che quest'ultima provoca molto più stress a livello articolare e muscolare, quindi necessita di condizioni di freschezza e di maggior recupero post-allenamento).
ALLENAMENTO COMPOSTO FORZA MASSIMA/ FORZA RESISTENZA
Successivamente, magari in un altro momento della stagione, si può creare un allenamento più intenso accoppiando salite brevi a prove di Potenza aerobica, per ricreare le condizioni di gara (trail brevi)... roba tipo: (5x60m sprint in salita rec 2'/ rec 4' + 1x2000/rec 4' + 5x60/1x1200/5x60/1x800) oppure far seguire le salite da una prova di medio/progressivo o corto veloce (dai 15' ai 30') in maniera da abbinare lavoro "tecnico/nervoso" e "metabolico".
Questo però secondo me va fatto solo quando si hanno già sulle gambe parecchi allenamenti sia di sprint "a secco" (quindi seguiti solo da corsetta e/o allunghi facili) sia dopo aver già sviluppato/consolidato le proprie capacità aerobiche attraverso i "classici" mezzi costituiti da ripetute, medio, progressivo, fartlek, corto veloce....
Insomma per un "novizio" e/o un giovane terrei separati i 2 tipi di stimoli, al massimo possono essere fatti in due allenamenti consecutivi a distanza di 24h.....
Personalmente spesso faccio/ho fatto il SABATO gli sprint in salita e la DOMENICA il collinare (15-20km corribili) e l'effetto era quello di avere buone capacità di reattività il secondo giorno, probabilmente perchè attivando al max le fibre senza finire le riserve energetiche (con le salite brevi) diviene più "facile" reclutare queste fibre anche in sforzi meno intensi ma che richiedono comunque un buon livello di forza!
ACCOPPIAMENTO ALLENAMENTI FORZA MASSIMA E RESISTENZA ALLA FORZA
L'accoppiamento forza massima e resistenza alla forza può avere senso con salite BREVI + prove di Potenza Aerobica (quindi progressivo, medio, corto veloce..) per ricreare situazioni di "gara" (per esempio nei cross o nei trail brevi in cui si alternano salite e tratti più corribili - tranne nelle skyrace o altre gare più "tecniche") in cui sono obbligato ad affrontare le salite già in condizioni di stanchezza, e devo abituarmi al turnover delle fibre muscolari.
Siccome però per lavorare sulla QUALITÀ (Fmax >> fattori nervosi // Potenza aerobica >> fattori metabolici) bisogna essere FRESCHI è meglio svolgere le sedute di sprint in salita "a secco" (quindi seguite da allunghi e corsa facile) e in un altro momento dedicarsi appunto alla PA (anche nella seduta del giorno dopo).
Successivamente si andranno ad ASSEMBLARE insieme le varie qualità meccaniche/metaboliche, che si "sosterranno" le une con le altre:
-        la Fmax sviluppata con le salite (brevi) mi permetterà di correre più veloce poichè meccanicamente ad ogni passo POTRO' sviluppare un po' più di spinta, ma contemporaneamente mi permetterà di migliorare sul versante della RESISTENZA, poichè riuscirò a mantenere la velocità "di base" un po' più a lungo dato che ad ogni passo utilizzerò una % inferiore di forza rispetto a prima (sarò più efficiente).
-        La potenza aerobica mi farà invece da base ESTENSIVA per la forza, cioè mi permetterà di correre un po' più veloce a parità di "accumulo di acido lattico" , per cui potrò sfruttare meglio le innalzate capacità di forza (in negativo è un po' il discorso dell'EPO nel ciclismo....la componente reale che serve al ciclista è la FORZA - sviluppata attraverso GH etc..., però le aumentate capacità aerobiche permettono all'atleta di recuperare prima e di sfruttare appunto la maggior forza in prove di endurance...se spingo un rapporto più duro con meno sforzo vado più veloce...).
All'inizio 24h sono un intervallo giusto tra le sedute, anche se 2 allenamenti che interessano componenti diverse (es. salite brevi e lungo lento) possono tranquillamente essere fatti a distanza di 12h.
Quindi Fmax e Resistenza alla forza le puoi sviluppare in un'unica seduta? ...magari successivamente sì, ma proprio perchè la prima richiede condizioni di "freschezza" per poter dare il 100% gli sprint vanno fatti all'inizio, e poi magari possono essere seguiti anche da un giretto collinare o addirittura da una prova di salita lunga...in questo modo andrò a "reclutare" le fibre (se ancora ci sono..) non ancora esaurite!
PERIODIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO
Diciamo che la strutturazione della preparazione dipende anche dagli obiettivi stagionali e dal tipo di gare...
Se l'obiettivo è a lungo termine e magari si tratta di una lunga/ultra si può anche utilizzare una periodizzazione "a blocchi" in cui:
- nel primo periodo mi dedico alla costruzione di un'ampia base aerobica (che sarà il mio "piatto" principale") attraverso la corsa (ed anche con nuoto o bici come complemento), affiancando a questa una preparazione muscolare di base (stretching. mobilità, esercizi di forza generali per tutto il corpo, allunghi per la tecnica di corsa).



-        nel secondo periodo la resistenza aerobica costruita fino ad ora mi farà da base estensiva per lavorare su ritmi un po' più elevati e sviluppare maggiormente la Potenza Aerobica/Soglia anaerobica, lavorando anche sulla forza con intensità più alte (sprint brevi, cronoscalate medie), senza abbandonare però le sedute di lungo che rappresentano la specificità della gara
-        nel terzo periodo potrò utilizzare diversi mezzi, ricordando però che parliamo di una specialità estensiva.....per esempio manterrò ogni settimana 1 seduta di DURATA (anche su terreno specifico) aumentando ogni volta di 10'-15' (es 2h-2h15'-2h30'..) fino ad un valore "ottimale" rispetto alla gara in programma. Arrivato alla durata "giusta" inserirò (alternandole ogni settimana) una seduta di DISTANZA (a ritmo "costante"/medio, magari su terreno più piatto e corribile) anche qui aumentando gradualmente il volume (24-28-32km...) .>> per far evolvere questo tipo di lavoro dovrò creare un "imbuto" verso la resistenza specifica, quindi velocizzando un poco la seduta di DURATA (per esempio con una progressione gli ultimi 20'-30') e appunto estendendo quella di DISTANZA (in cui in teoria il ritmo è un po' più allegro)...fino ad arrivare a fare per es. 35km a ritmo "maratona" (DISTANZA) e 3h (DURATA) magari più tecniche ma con finale "allegro" o con salita: in questo modo la resistenza farà da base per l'intensità e viceversa.
Nelle gare più corte (fino a 20km circa) o per che si cimenta anche su gare diverse (strada, cross...) come me, e magari gareggia quasi tutto l'anno, penso sia un errore abbandonare del tutto alcune qualità legate alla velocità e alla tecnica, pena lo scadimento del gesto e la perdita dei ritmi.
Quindi di solito si cercano di mantenere le diverse componenti ad un livello sufficiente, in maniera da poter "richiamare" in poco tempo quelle qualità a seconda del tipo di gara.
Questo comunque può essere fatto (anche) attraverso le gare....per chi pratica endurance fare ogni tanto gare sui 5-10-20k è già uno stimolo ad intensità maggiore rispetto alle lunghe uscite di ore e ore, e secondo me serve a mantenere viva una certa capacità di "soffrire" oltre che essere utile per cambiare il tipo di stimolo che si dà all'organismo!
NON SALGONO LE PULSAZIONI
Il "problema" delle pulsazioni è relativo..... io facendo sprint in salita brevi non sono mai andato oltre i 170 bpm mi sembra (e a tutta supero i 190..), troppo poco il tempo dello stimolo.
Infatti non sono proprio convinto come dicono alcuni tecnici/studiosi che gli sprint servano per migliorare la capacità aerobica CENTRALE (cioè agiscano sulla GITTATA SISTOLICA) quando lo sforzo è sui 10''.... almeno di atleti over 50 con bpm tendenzialmente bassine, ma sono principalmente uno stimolo a livello nervoso.
Quando superiamo i 15'' fino anche a 1'/2' invece le cose cambiano parecchio, lo sforzo diventa molto più lattacido e la FC sale in maniera più decisa, rimanendo su valori elevati anche parecchi minuti dopo lo sforzo, anche perchè la produzione di acido lattico stimola il successivo smaltimento dello stesso da parte delle fibre lente e la circolazione del sangue serve (anche) a questo.
Come "test" per valutare la FC max sono indicate prove di Potenza aerobica max/Capacità lattacida tipo appunto salite da 1' o prove in piano da 400 a 1500 m.
E' chiaro che la cosa importante sarebbe avere una buona "elasticità" a livello cardiaco, ossia la capacità di cambiare "ritmo" velocemente (come un turbo) facendo salire le pulsazioni in pochi secondi e l'altrettanto fondamentale capacità di recupero dopo tratti veloci.... per fare ciò sicuramente è necessaria un'ottima base aerobica (che si costruisce anno dopo anno) con allenamenti di diverse intensità e durate, abbinata ad allenamenti più specifici (salite, prove ripetute..)
Io prediligo il FARTLEK, utilizzando maggiormente il metodo a "minuti" e correndo a sensazione sia la parte veloce che il recupero.... questo mi ha aiutato molto nel migliorare la sensibilità tecnica ai ritmi e la capacità di recupero.
Il limite di questo metodo forse è dato dal fatto che, essendo basato su recupero attivo, non si fanno mai prove a tutta partendo da zero, cosa che invece può servire ogni tanto per dare una "apertura di gas a tutta" che difficilmente nelle gare di endurance capita di fare, ma che può essere utile come stimolo differente dalle solite intensità.
Per questo consiglio anche, a chi si dedica a gare lunghe, di inserire ogni tanto prove o garette brevi.... poco ma intenso, tipo una campestre da 5km o una frazione di staffetta su strada da 2-3 km o alcune prove sui 300 m con recupero di alcuni minuti.... la sensazione finale sarà di avere "il sangue in bocca" e ci ricorderà cosa vuol dire spingere a tutta!!
Per citare (nuovamente) Canova a grandi linee: non si perde la velocità allenando la resistenza, ma si perde solo se non diamo mai stimoli in quella direzione. L'allenamento è un processo di sommatoria di nuovi stimoli, per cui non dovremmo mai perdere quanto già "costruito", ma utilizzare la basi (metaboliche e meccaniche) che abbiamo creato per sviluppare la prestazione SPECIFICA.

In sostanza quindi, mai abbandonare del tutto la "velocità" anche quando si lavora sulla base aerobica (per esempio nel periodo extra-gare in maniera specifica attraverso esercizi di tecnica/potenziamento/sprint in salita brevi...) e mai abbandonare l'allenamento aerobico di base anche quando inseriamo i lavori più intensi o gareggiamo!