DA LEGGERE FINO IN FONDO, INTERESSANTE E CONDIVISO IN PIENO
Tolte le pochissime gare più o meno ufficiali che esistono dagli anni settanta, il grosso boom del Trail Running c’è stato tra il 2006 ed il 2013.
Sì, c’è stato, perché ora le cose
sono cambiate, perché ora la domanda è già in fase di contrazione. Non
è più vero che il “trail va di moda”, come non è vero che
qualsiasi buzzurro può chiedere 1 euro al chilometro per far correre la gente
sui sentieri senza dar nessun servizio reale. La musica è cambiata. Per
fortuna, aggiungo.
Se tra
il 2010 ed il 2014 c’è stato un boom di gare ed un moltiplicarsi di iniziative,
più o meno di valore, dal 2015 abbiamo iniziato a vedere le prime
sparizioni significative di gare dal calendario, ma cosa più significativa,
stiamo apprezzando un fenomeno di decrescita delle iscrizioni
in molte manifestazioni, associato ad un aumento della domanda per
quelle più rinomate, amate e seguite. E’ in atto un processo di selezione e
scrematura dell’offerta delle gare, processo innescato da due catalizzatori: il
sovraffollamento dei calendari delle competizioni e dal fatto che il trail
runner non si accontenta più di pagare 1 euro al km per un pettorale di carta
ed un calcio nel sedere sulla start line.
Se da un lato un’offerta più selezionata
da un consumatore più viziato è una buona cosa perché si alza il livello
qualitativo, dall’altro molti percorsi di bellezza unica (vedi la Terra Acqua
Cielo e la Dolomiti Sky Run) sono andati persi, e questo non fa piacere a
nessuno.
Questa breve introduzione non rappresenta
però in modo completo lo scenario del mondo del trail, manca il così detto “fattore
capra”, e come tutti i moltiplicatori nascosti, il “fattore capra” è
in realtà uno degli elementi che determinano in modo più significativo
l’equazione.
Ma cos’è il “fattore capra”? E’ molto
semplice spiegarlo.
Nel
mercato dell’elettronica, prendiamo come esempio gli smartphone, vediamo un consumatore
sempre più esperto ed una generazione di prodotto apre le strade alla
successiva, creando interlocutori sempre più competenti, nel trail running
avviene esattamente il contrario. Pensate ad un vecchio Nokia 3310 e all’ultimo
modello di iPhone: se mettessimo in mano un iPhone ad un utente Nokia fine anni
90, probabilmente non riuscirebbe nemmeno a fare una telefonata. Il consumatore
si è quindi evoluto ed aggiornato con l’evolversi e l’aggiornarsi del prodotto.
Il fattore capra rappresenta invece il processo
inverso, ovvero
il fatto che nel
trail e mountain running era il vecchio consumatore, quello più esperto ed
evoluto, mentre il nuovo consumatore è sempre meno esperto e competente in
materia. Detto
in parole povere: 15 anni fa in montagna ci correvano i montanari, o chi
conosceva le regole e le dinamiche della montagna, oggi ci corrono anche gli
atleti che fino a ieri stavano in pista o su asfalto.
Qui si potrebbe aprire un dibattito
infinito sullo spirito trail e sulla sicurezza. Lasciamo perdere e torniamo al
“fattore capra” come elemento determinante del successo o insuccesso di una
gara.
Questa breve introduzione non rappresenta
però in modo completo lo scenario del mondo del trail, manca il così detto “fattore
capra”, e come tutti i moltiplicatori nascosti, il “fattore capra” è
in realtà uno degli elementi che determinano in modo più significativo
l’equazione.
Ecco come agisce: il mountain runner con esperienza
almeno decennale si stufa sempre più delle gare e del circo che le circonda,
cercando nuove esperienze, più lunghe con format diversi e in luoghi poco noti,
abbandonando “i grandi classici” come la LUT, Ultrabericus o UTMB. E’
insofferente verso la nuova generazione di trail runner e nella maggior parte
dei casi smette di gareggiare e torna a fare quello che faceva prima del boom
del trail: ad andare in montagna e viaggiare per conto suo o con gli amici. Il
nuovo runner, privo di tecnica e di esperienza ma pregno del “fattore capra”
cerca le gare più rinomate e pretende percorsi sempre più corribili ed un
trattamento sempre più vicino alla strada che alla montagna ed allo spirito di
questo sport. Quindi che il “fattore capra” genera una domanda che
predilige gare che rappresentano uno status come LUT e UTMB ed hanno
caratteristiche poco montane, penalizzando inevitabilmente le gare più
autentiche, pure e vicine allo spirito della montagna.
Chi sopravviverà? Quali gare continueranno ad avere
successo? Le
grandi classiche, ovviamente, alimentate dalle “capre” e da chi segue le masse
(ben inteso, le ho fatte pure io e siamo tutti un po’ “capra”) e quelle gare
che sapranno coniugare in modo efficiente lo spirito della montagna con le
esigenze generate dal “fattore capra”. Fermo restando che molte classiche sono
belle gare che ha senso fare, almeno una volta.
Prendiamo ora tre gare sulle Dolomiti, la
Dolomiti Sky Run, la Dolomiti Extreme Trail e la Lavaredo Ultra Trail. Cosa
hanno in comune queste tre gare? La parola DOLOMITI, nulla più.
Ve le descrivo in due parole:
LUT, Lavaredo Ultra Trail: Un percorso dove il runner medio
passa nei punti che ha senso vedere in piena notte, poco tecnica, corribile al
100%, ottima organizzazione, prezzo alto, gara status symbol. La gente
partecipa per dire: “ho fatto la LUT”. E’ arrivata tra le prime nel mondo delle
ultra in italia e ha unito due parole magiche: CORTINA + TRE CIME DI LAVAREDO.
La gente compra quello ma le Tre Cime si passano con il buio e di Cortina si
respira giusto il traffico. E American Express ringrazia.
DSR, Dolomiti Sky Run: Un’idea bellissima, l’Altavia 1
delle Dolomiti. Un percorso veloce e semplice nella prima parte e durante la
notte, più selvaggio e di bellezza unica nella seconda parte. Più impegnativa
della LUT ma con un’organizzazione che nel corso degli anni ha completamente ignorato
il feedback di chi ha partecipato, commettendo ogni anno gli stessi errori.
Tragico epilogo nel 2017: chiusura della gara per mancanza di iscritti.
DXT, Dolomiti Extreme Trail: Unica gara che potrebbe affiancarsi
alla Südtirol Ultra Skyrace. Il primo anno un tasso di ritiri altissimo, del
30% il secondo anno, un percorso molto tecnico ed impegnativo con viste sui
classici dolomitici (Pelmo e Civetta) ma anche attraversando zone selvagge e
tutte da scoprire, che però richiedono più impegno e tecnica, come la “Calada”.
La particolarità della DXT è che accanto ad un percorso molto tecnico, per chi
ama il genere, c’è un’organizzazione molto attenta al runner ed una presenza
con una capillarità quasi imbarazzante su tutto il percorso sia di giorno che
di notte. Forse è la prima gara che riassume le maggiori esigenze date da una
minore esperienza del nuovo mountain runner, con un percorso tecnico e delle
condizioni che possono piacere alla “vecchia scuola”. La considero quello che
dovrebbe essere il futuro delle Ultra montane.
Ma vediamo ora come il “fattore capra” ha determinato
un effetto su queste tre gare:
DSR: estinta per mancato raggiungimento
del numero minim
LUT: aumentato il numero di partecipanti per l’effetto “status” ed il richiamo del binomio Tre Cime + Cortina.
DXT: leggera contrazione nel numero di partecipanti ma aumento oltre del 20% del numero di finisher.
LUT: aumentato il numero di partecipanti per l’effetto “status” ed il richiamo del binomio Tre Cime + Cortina.
DXT: leggera contrazione nel numero di partecipanti ma aumento oltre del 20% del numero di finisher.
Queste figure, a mio avviso, mostrano come
da un lato molta gente continua ad iscriversi alle gare solo per una questione
di “appartenenza” ma dall’altro si sta creando un’offerta parallela al
mainstream che predilige la qualità del servizio e l’autenticità, come nel caso
della DXT. Quello che manca ancora alla DXT è una maggiore morbidezza dei
cancelli, in quanto i tempi sia sulla 53 che sulla 103, obbligano ad un ritmo
abbastanza serrato anche i meno veloci. Sembra che nel 2018 verranno
ulteriormente estesi.
Ecco quindi qualche consiglio, sia per le “capre” che
per le “non-capre” su quale gara scegliere:
LUT: poco tecnica, adatta a chi vuole correre
forte. Ma attenzione, non sperate di fare bella figura, perché la competizione
è altissima e a questa corsa sono presenti gli atleti più veloci ed accaniti. Vi
troverete accanto ai numeri uno, quindi se siete abituati a vincere le garette
di paese, qui aspettatevi grandi bastonate. Lo spirito con cui affrontarla è
quello di godersi una corsa lunga, dove in molti punti è possibile tenere un
passo costante senza però affrontare dislivelli o terreni troppo impegnativi.
La considererei una “entry level” della corsa in montagna su
lunghe distanze. Perfetta come prima 120 km in montagna. Non affrontatela
credendo che dopo la LUT sarete mountain runner navigati, anzi, siate
consapevoli che avete fatto si una lunga distanza e un buon dislivello, ma su
un terreno di gran lunga più accomodante rispetto alla maggior parte delle gare
alpine di pari dislivello e lunghezza. Hai fatto la LUT? Bravo. Ora puoi
iniziare a correre in montagna!
DXT: non ha nulla a che vedere con la LUT. Un
percorso più lento e semplice nella prima parte, dove si concentra il
dislivello, più tecnico ma con tratti veloci nella seconda parte. Non fate il
madornale errore di pensare alla DXT se non avete trovato posto alla LUT. Sono
due universi paralleli, che mai si incontreranno o scontreranno,
affrontando la DXT si sceglie un percorso dove non sempre è possibile
correre e dove ci sono alcuni passaggi che richiedono attenzione.
Non sono adatti a chi è alle prime armi. E’ un’esperienza
Dolomitica completa, che unisce due anime dei queste montagne:
quella più nota e turistica con quella più selvaggia e meno esplorata. Si
affronta ogni sorta di terreno ed ogni tipologia di sentiero o traccia. Più che
definirla Dolomiti Extreme, la definirei come Estremamente Dolomiti: la
perfetta sintesi Dolomitica. Se in passato una piccola nevicata del tutto
normale a fine giugno sopra i 2000 ha spinto gli organizzatori della LUT a
tagliare il tratto più bello e con cui vendono la gara, alla DXT il passaggio
sui nevai del sentiero del Tivan, viene considerato il climax della gara, uno
dei punti più belli. Ovvero la mortadella nel panino. Già questo spiega bene la
visione antitetiche delle due organizzazioni. Vuoi iscriverti alla DXT? Preparati
ad un viaggio, alla scoperta ed al contatto con una natura a tratti quasi
incontaminata, e sebbene ci sia molta assistenza, questa gara non è adatta a te
se non hai un’esperienza di base in montagna.
Non
siate capre, che scegliate la LUT, la DXT o qualsiasi altra gara, fatelo
studiando il percorso, capendo lo spirito che sta a monte della competizione.
La consapevolezza di quello che si fa è l’unica cosa che conta.
Un “organizzatore
capra”, ignorante e presuntuoso, un giorno ha detto: “ben
venga la LUT che apre la strada alle altre gare” – Mai fu detta una
castronata così grande! Ogni gara ha la sua identità e le sue caratteristiche.
Mettere due competizioni con chilometri e dislivelli analoghi sullo stesso
piano, porta soltanto a gradi delusioni o a situazioni di pericolo. Così si
ragiona su asfalto: 42.195 sono 42.195 e la maratona di NY desta interesse su
tutte le maratone.
Le affinità, le similitudini ed i punti comuni tra
gare ci sono, ma questi non vanno ricercati nei numeri che rappresentano
distanza e dislivello, queste sono racchiuse nello spirito della gara e le
condizioni del terreno e del meteo.
Essere finisher di una gara non è motivo
per cui postare una foto o possedere il feticcio di una medaglia utile solo
(spero) ad una maturazione mentale. Essere finisher significa aver raggiuto un
traguardo: esso sia l’aver completato un viaggio o l’aver fatto un buon tempo.
Fonte: Sent1erouno
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