Cos’è l’idratazione? Brevemente ci si riferisce al contenuto totale di acqua corporea, ma da un punto di vista funzionale si intende la composizione e la distribuzione di fluidi nei vari organi e distretti, aspetto impossibile da misurare con le tecnologie di cui dispone la maggior parte degli atleti.
Se l’oscillazione dello stato di idratazione può essere notevole anche
nell'arco di una giornata moderatamente sedentaria, proviamo a immaginare il
potenziale a cui espone una gara endurance di ore o giorni consecutivi.
Per controllare il nostro stato di idratazione, l’elemento comune a queste
due situazioni è sicuramente il colore delle urine, che rappresenta un
indicatore da consultare ogni volta che sospettiamo di essere in deficit di
risorse idriche. Una tonalità più scura del normale giallo paglierino indica
una concentrazione superiore del dovuto, e suggerisce l’integrazione immediata
e continua nel tempo a piccoli sorsi di acqua minerale o di un integratore
salino in soluzione isotonica.
Per evitare di incorrere in sintomatologie gravi durante la gara è
opportuno programmare un’idratazione frequente e continua a piccole dosi, a un
ritmo di circa 1 L all'ora, ma cercando di regolarsi anche in base alle
condizioni ambientali, e programmando ristori strategici già prima della
partenza, anche basandosi sulle informazioni fornite dall'organizzazione.
È da preferire l’alternanza tra acqua e liquidi ipotonici (con pochi
sali). Il ripristino della condizione di normoidratazione richiede molto tempo,
e nelle ore che seguono la gara è buona norma assumere almeno il 150% del peso
perso sotto forma di acqua minerale (1,5 L di acqua ogni kg di peso corporeo
perso).
Perdita di liquidi e performance: uno sguardo all'élite
Uno dei miti sfatati di recente riguarda gli effetti della disidratazione
sulla performance nelle lunghe distanze (maratona o distanze superiori): il
parere della comunità scientifica è passato da un posizione critica verso la
perdita di liquidi superiore al 2% del peso totale, a una visione attuale
secondo cui le migliori prestazioni si associano ad una massiva perdita di
liquidi durante la gara.
Visione superata:
perdite di liquidi superiori al 2% del peso (1,3 L per un individuo di 65 kg)
non reintegrate durante la maratona, determinano un calo di prestazione nella
parte finale della gara.
Visione attuale: la
capacità di perdere in gara un quantitativo elevato di liquidi attraverso la
sudorazione correla direttamente con la qualità della prestazione.
Questi risultati trovano corrispondenza soprattutto negli atleti di alta
classifica impegnati su maratona, 24h su strada e Triathlon (Ironman): un
esempio estremo è rappresentato dalla performance di Haile Gebrselassie alla
maratona di Dubai del 2009.
L’etiope completò la distanza di Filippide appena sopra le 2h 05’, facendo
registrare una sorprendente perdita di peso durante la gara, pari al 9,8% del
suo corpo. Il caso di Haile non è un’eccezione, e numerosi atleti chiudono la
maratona sfiorando il 7% di riduzione di peso corporeo (oltre 4,5 kg per un
individuo di 65 kg). Bisogna sottolineare che la differenza di peso tra prima e
dopo la performance, in una gara di 2-3 ore è costituita quasi esclusivamente
da acqua, poiché i grassi consumati in un periodo cosi breve rappresentano
solamente pochi grammi.
Seppure la capacità elastica dei muscoli di svuotarsi completamente del
proprio contenuto di glicogeno e acqua conferisce un vantaggio in peso durante
la gara, è anche verificato che affrontare la competizione con un carico di
acqua submassimale (disidratazione parziale alla partenza) influisce
negativamente sul risultato finale. Strategie di iper-idratazione prima
consentite, come l’utilizzo del glicerolo, sono oggi bandite dall'Agenzia
Mondiale Anti Doping.
L’assunzione di soluzioni saline (3 g/L di sali di sodio, potassio e
magnesio, disponibili in commercio come integratori) permette di incrementare
“legalmente” il volume di acqua trattenuto dall'organismo il giorno prima della
gara. Occorre comunque apportare abbondanti dosi di frutta e verdura durante
tutto il periodo di allenamento per facilitare il carico idrosalino al nostro
organismo.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, le possibili conseguenze a
lungo termine della pratica di “rimbalzo” dello stato di idratazione (cioè il
passaggio rapido da superidratazione, a perdita massiva di liquidi, a reintegro
nelle ore successive alla gara) sono del tutto da verificare.
Se la zavorra persa rappresenta un vantaggio nelle fasi finali di una corsa
di 2-5 ore, per gare più lunghe lo stress a cui è sottoposta la muscolatura si
protrae per un tempo maggiore. In quei casi una perdita di liquidi superiore al
2-3% del peso corporeo è sconsigliabile per un fattore legato allo stato
infiammatorio dell’intestino e dell’intero organismo.
I tempi e le dosi con cui abbeverarsi vanno programmati con cura e tarati
in allenamento, quando si ha modo di verificare con il metodo delle urine di
cui abbiamo parlato prima.
In questi termini la sensazione di sete non ci aiuta, poiché nessuno studio
scientifico è riuscito a correlarla linearmente all'effettivo stato di
disidratazione. L’apporto continuo e a piccoli sorsi di acqua e sali è
sicuramente la soluzione migliore, ma la frequenza precisa con cui abbeverarsi
in gara nasce da un esperimento squisitamente individuale.
A cura del
Dott. Enrico Ponta, Biologo Nutrizionista
Fonte: TrailRunning.it
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