È oramai noto e riconosciuto che un atleta rende bene quando riesce a effettuare una preparazione con carichi di lavoro ottimali e al contempo si presenta alla gara in una condizione di basso affaticamento; questa condizione è da raggiungere attraverso un processo di “affinamento” e messa a punto, volta a ricercare il picco della prestazione. Questo processo, definito dagli anglosassoni tapering o peaking, in italiano è normalmente definito come fase di scarico o rifinitura: vediamo cos’è e come si può svolgere nel modo migliore.
Possiamo
definire il tapering come un periodo di allenamento
speciale che precede immediatamente la gara principale, durante il quale lo
stimolo allenante è ridotto in modo sistematico per arrivare ad avere un picco
di prestazioni. Uno dei ricercatori più ascoltati in materia ha fornito questa
definizione ancora più precisa ed elaborata: “una riduzione del carico di lavoro
progressiva, non lineare, durante un periodo di tempo variabile, eseguita con
l’obiettivo di ridurre lo stress fisico e psicologico dell’allenamento
quotidiano e ottimizzare la prestazione sportiva” (Inigo Mujika).
Il ruolo
dell’allenamento è quello di creare affaticamento che, a seguito di un
successivo periodo di riposo, porta ad un livello di funzionalità (muscolare,
cardiovascolare, neurologica e anche psicologica) superiore a quello di
partenza, tramite il fenomeno della supercompensazione (vedi la
“legge della Supercompensazione” di Weigert o la “Sindrome da adattamento
generale” di Hans Selye). Si tratta di un processo lento, perché gli
adattamenti positivi si costruiscono nel tempo, come tutti sappiamo, ma
tendiamo a dimenticare; al contrario, la fatica si accumula rapidamente. Giusto
per fare un esempio, se ci alleniamo duramente per tre giorni di seguito,
creiamo un grande affaticamento, ma costruiamo solo un piccolo adattamento
positivo. Nel periodo pre-gara lo scopo è ridurre l’affaticamento,
cercando al contempo di mantenere il livello prestativo raggiunto fino
a quel momento.
Ridurre la fatica
Riducendo la
sollecitazione dell’allenamento, l’organismo ha la possibilità di recuperare e
lo fa con diversi sistemi fisiologici.
Ematologico
In un periodo
di scarico ben condotto si può riscontrare un aumento nei livelli di parametri
come l’emoglobina (capacità di trasportare ossigeno nel
sangue) e l’ematocrito (percentuale di globuli rossi nel sangue), così come nel
volume dei globuli rossi. Questo produce un significativo incremento nella
capacità aerobica, particolarmente importante per gli atleti di resistenza, ma
anche una migliore tolleranza all’acido lattico che si produce negli sforzi più
intensi.
Ormonale
Uno studio di
Aldcreutz (Effect of training on plasma
anabolic and catabolic steroid hormones and their response during physical
exercise.) ha investigato le variazioni degli ormoni anabolici e
catabolici durante l’allenamento e la fase di scarico; in altre parole
ha studiato quanto l‘organismo è incline a costruire e riparare i tessuti
(anabolismo) piuttosto che a demolirli (catabolismo) nelle varie fasi. I
risultati hanno mostrato una correlazione positiva fra l’aumento delle
prestazioni e l’aumento del rapporto fra il testosterone (ormone anabolico) e
il cortisolo (ormone catabolico), durante un periodo di tapering di
quattro settimane. Ulteriori benefici a livello ormonale si possono ottenere
durante questo periodo, usando tecniche di psicologia dello sport come la
visualizzazione e il rilassamento progressivo.
Neuromuscolare
Il tapering
ha effetti positivi sulle capacità contrattili dei muscoli, con
benefici maggiori sulle fibre muscolari di tipo 2 (quelle “veloci” o “bianche”)
che su quelle di tipo 1 (quelle “lente” o “rosse”). Questo potrebbe sembrare
più che altro utile ad atleti esplosivi o di forza, tuttavia non bisogna
dimenticare che occorre forza per muoversi sui dislivelli e che l’organismo può
coinvolgere le fibre bianche anche per assistere delle fibre rosse affaticate.
In ogni caso appare sensato il consiglio pratico di non svolgere allenamento di
forza o con pesi nei 10-15 giorni precedenti una competizione.
Immunitario
Si riscontra
un altro importante adattamento durante lo scarico, cioè l’aumento dei
globuli bianchi nel sangue, specialmente gli eosinofili e i linfociti.
Questo suggerisce un’aumentata capacità del corpo di resistere alle malattie.
Psicologia
Ci possono
essere anche effetti psicologici come risultato di una fase di
tapering. Uno studio del 1998 effettuato sui nuotatori da Hooper all’università
del Queensland, in Australia, trovò significativi miglioramenti durante la fase
di scarico; questi miglioramenti erano misurati tramite il cosiddetto POMS
(Profile of Mood States, cioè “profilo degli stati dell’umore”), un test che
rilevò, fra le altre cose, una riduzione della tensione, della depressione,
della rabbia, degli sbalzi di umore e senso di stanchezza. Una ricerca più
recente di Murach e Bangley all’Università di San Francisco conclude anch’essa
che “…lo scarico migliora l’umore e le prestazioni atletiche, riducendo al
contempo la percezione dello sforzo. Benché difficili da quantificare, i
benefici di una riduzione del carico prima di una gara non devono essere
sottovalutati”.
L’effetto dell’intensità
È quindi
chiaro che, per ottenere nel giorno della gara i migliori benefici a livello
fisico e psicologico, è necessario ridurre i livelli di affaticamento e il modo
migliore per farlo è quello di diminuire il carico di allenamento. Si pone
tuttavia il problema che riducendo l’allenamento si possa perdere il livello di
adattamento faticosamente raggiunto; questa perdita è di fatto tanto maggiore
quanto è più lungo il periodo di scarico. Delle possibili soluzioni a questo
enigma furono ricercate per la prima volta nel 1992 all’università Mc Master
dell’Ontario (Canada) in uno studio dedicato (“effects of tapering in highly trained athletes, 1992”), in cui
suddivisero degli atleti in tre gruppi cui fu assegnato un protocollo di
tapering diverso. C’era un protocollo cui corrispondeva solo riposo (“ROT: rest
only taper”), uno con allenamento a bassa intensità e volume moderato (“LIT:
low intensity taper”), infine uno con alte intensità e piccoli volumi (“HIT:
high intensity tapering”). In modo sorprendente il gruppo HIT dimostrò un
incremento del 22% nella resistenza, il gruppo LIT un miglioramento del 6%,
mentre il gruppo ROT mantenne i livelli pre-tapering. Questi risultati notevoli
degli atleti del gruppo HIT erano dovuti a quattro fattori principali: avevano
più glicogeno nei muscoli, avevano più globuli rossi, avevano maggiore volume
plasmatico (più sangue) e gli enzimi nei muscoli delle gambe erano più attivi.
La conclusione e raccomandazione della ricerca era di “mantenere o anche
incrementare l’intensità dell’allenamento durante la fase di scarico, perché
questo probabilmente permette di mantenere gli adattamenti positivi costruiti
nel tempo, che andrebbero altrimenti penalizzati dalla diminuzione del volume
di allenamento”. L’importanza di questo approccio era stata evidenziata nel suo
articolo del 2010 “Intense Training: the key to
optimal performance before and during the taper” (Medicine and science in
sports) anche da Mujika, di fatto uno dei ricercatori più all’avanguardia in questo
campo.
Quanto ridurre e quando
Abbiamo appena
visto che gli elementi chiave per un tapering efficace sono la
riduzione del volume complessivo di allenamento, a fronte del mantenimento di
intensità pari o anche superiori nel volume di esercizio rimanente. Ci sono
dunque due modo di ridurre il volume: uno è quello di diminuire la
frequenza delle sessioni di allenamento (es.: da sei a quattro
sessioni settimanali); l’altro è quello di ridurre il tempo e la
distanza di ogni singola sessione.
Frequenza
“La frequenza degli
allenamenti non andrebbe ridotta più del 50% e rimanendo prudenti potremmo
consigliare di ridurla del 20%”. Così scrivono Houmard e Anderson-Johns in un
articolo del 1994 sui nuotatori (Sports Medicine 1994, “Effects of Taper on Swim Performance”), dove una
delle ragioni per consigliare una minore riduzione è la necessità dei nuotatori
di bilanciare lo scarico con la necessità di esercitarsi con la tecnica e gli
schemi motori propri di quello sport. Questo è probabilmente meno importante
nel caso del running, dove la tecnica ha un peso minore, ma si può
pensare di raccomandare una riduzione della frequenza degli allenamenti fra il
20% ed il 50%.
Volume
Una ricerca
del 1993 di David Martin (D.M. et al, “The Effects of Interval Training and a taper on cycling
performance”) mostrò come nei ciclisti si avevano adattamenti positivi indotti
dall’allenamento quando, durante lo scarico, il volume veniva ridotto fra il
50% ed il 70%. Un altro studio di Mujika (“Physiological Responses to a 6-Day Taper in Middle-Distance Runners:
Influence of Training Intensity and Volume”) riporta benefici
per riduzioni fino al 75% del volume complessivo per dei mezzofondisti. In
generale gli atleti di fondo, o resistenza, dovranno calare i volumi di lavoro
meno degli sprinter o degli atleti di potenza. La raccomandazione potrebbe
quindi essere di effettuare uno scarico riducendo il volume di
esercizio del 50-75%.
In ogni caso,
è stato dimostrato che la soluzione ottimale è la riduzione graduale;
ad esempio, in un tapering di due settimane, nella prima settimana il
volume [da misurare in chilometri e dislivello, nel caso del trail –
NdR] sarà ridotto del 35-40% e un’analoga riduzione potrà essere
implementata nella seconda settimana.
Durata
La durata
del tapering è molto influenzata dal tipo di sport e dalla durata
della prestazione che si prepara, nonché da fattori relativi all’atleta quali
età, sesso (i maschi di solito richiedono periodi più lunghi di scarico, a causa
della massa muscolare maggiore), nonché risposta fisiologica dell’individuo in
questione. Un articolo del 2007 (Effects of Tapering on Performance: A Meta-Analysis”, Bosquet, Montpetit,
Arvisais, Mujika) suggerisce che dei risultati ottimali di
possono ottenere attraverso un periodo di scarico di due settimane, in cui il
volume di allenamento è ridotto del 41-60%.
Mujika ha
anche scritto che “i nostri studi indicano
che un tapering efficace può durareda una a quattro settimane;
la durata ottimale non dipende da età, esperienza o lunghezza della gara, ma
dall’adattamento dell’atleta e dal suo profilo di recupero. Alcuni recuperano
più rapidamente di altri, alcuni hanno adattamenti più duraturi, mentre altri
perdono le prestazioni rapidamente.
Per riassumere,
si può dire che si sono avuti risultati ottimali nella fase di scarico,
o tapering, con riduzioni del 20-50% nella frequenza degli allenamenti,
50-75% nel volume del carico, mentre viene mantenuta o addirittura aumentata
l’intensità. C’è una variabilità enorme, che mostra come la rifinitura
del programma di allenamento sia un’arte più che una scienza. È compito
dell’atleta, da solo o con l’allenatore, sperimentare e trovare la combinazione
ideale per le proprie caratteristiche e per la gara in particolare da preparare.
Fonte: Spirito Trail
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