Le ricerche di questi ultimi anni hanno prodotto delle
conoscenze, in termini di biochimica muscolare, che sicuramente vanno ad approfondire la comprensione dei metabolismi energetici e
di conseguenza permettono di perfezionare ulteriormente le
metodiche d’allenamento. Con l’articolo di oggi partiremo dalle
basi biochimiche del metabolismo del glucosio (carboidrati)
per proseguire nei prossimi post con ulteriori approfondimenti ed aggiornamenti
di quelle che sono le recenti scoperte in questo ambito. L’articolo è
ovviamente rivolto a tutti, con la dovuta semplicità per essere comprensibili
anche a chi non è un “addetto ai lavori”, ma vuole semplicemente conoscere meglio come funziona il proprio organismo ed ottimizzare i propri allenamenti e le proprie strategie alimentari
e di integrazione. Alla fine del post, potete leggere i nostri
approfondimenti sull’integrazione di carboidrati in gara ed in allenamento, e
sull’inefficacia delle misurazioni dell’acido lattico nel calcio.
PRODUZIONE
DI ENERGIA PER LA CONTRAZIONE MUSCOLARE
Sopra, riportiamo un grafico come se ne trovano molti
sul web….è sufficiente cercare su www.google.it le parole “metabolismi energetici”. È piuttosto semplice ed
intuitivo comprendere come in sforzi massimali, la potenza erogata dal muscolo (linea rossa) diminuisca con
l’aumentare della durata; fondamentalmente è ovvio che in una gara
di 100m (che dura meno di 10”) si corre più velocemente che in una corsa di
5000m. Inoltre, maggiore è la durata dello sforzo e maggiore è l’utilizzo
del Metabolismo Aerobico (riga viola), rispetto a
quelli Anaerobici (righe verdi e
blu). Il metabolismo aerobico sfrutta l’ossigeno per produrre energia e ne può
produrre per tantissimo tempo; i meccanismi anaerobici, non utilizzano
l’ossigeno, erogano una potenza elevata, ma per un tempo limitato….generando
poi un debito d’ossigeno che l’organismo “paga” attraverso il metabolismo
aerobico.
Nel post dedicato ai metabolismi, potete leggere
un’ampia dissertazione sull’argomento. A queste conclusioni si è giunti tramite
indagini sperimentali basate prevalentemente su biopsie
muscolari (sottosforzo) ed esami ematici. Nell’immagine sotto, sono
rappresentati gli scambi tra SANGUE (parte alta della figura) e MUSCOLO (parte
affusolata) dei vari metaboliti per produrre energia e soddisfare le richieste
energetiche del muscolo durante la contrazione. Ovviamente abbiamo semplificato
i processi, che si possono riassumere nei punti sotto
· Le fonti energetiche principali per la contrazione muscolare sono il glucosio e il glicogeno; il glucosio è presente nel sangue
(proveniente dall’alimentazione o da riserve presenti nel fegato) in forma libera (cioè tante piccole molecole).
All’interno del muscolo, viene immagazzinato in forma legata in ramificazioni, formando il
Glicogeno; questo perché nella cellula è più facile far assumere questa forma,
rispetto ad una forma libera. Per ora tralasciamo il metabolismo degli acidi
grassi che riprenderemo in un successivo post.
· Nell’immagine sopra, è possibile vedere la via metabolica detta Glicogenolisi/Glicolisi (freccia verde) che
rappresenta il METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO.
Questa è molto veloce, e fornisce 3 molecole di ATP per
ogni molecola di glucosio derivante da glicogeno; all’interno di questa via
metabolica si può anche inserire il glucosio proveniente dal sangue fornendo 2
molecole di ATP (vedi figura sopra).
· Il prodotto finale della Glicogenolisi/Glicolisi (oltre all’ATP) è il piruvato che può avere 2 destini. Il primo è
quello di entrare nel mitocondrio, e grazie a diverse vie metaboliche e
all’ossigeno (METABOLISMO AEROBICO), essere metabolizzato a scopo
energetico ottenendo 38/39 molecole di ATP;
questa via metabolica è molto lenta, e permette di utilizzare poco Piruvato
alla volta. La seconda via del Piruvato è quella di essere trasformato in Lattato che può essere riversato nel sangue ed
utilizzato da altre cellule muscolari e/o da altri organi.
·
Il Lattato che entra in altre cellule muscolari (in cui la
Glicogenolisi/Glicolisi è poco attiva), può diventare fonte energetica trasformandosi in Piruvato ed entrando nei
mitocondri. Per questo motivo, le frecce del Piruvato (nere) hanno
una doppia direzione.
Questi primi 4 punti spiegano perché il Metabolismo
Aerobico ha una velocità di ripristino dell’ATP limitata e come i 2 metabolismi
(Anaerobico ed Aerobico) siano strettamente legati.
N.B.: per ora tralasciamo il METABOLISMO ANAEROBICO ALATTACIDO che spiegheremo
in un prossimo post. Ci limitiamo a descrivere questo metabolismo come una
fonte energetica che permette di ottenere ATP molto più velocemente, ma per
tempi estremamente limitati rispetto alla Glicogenolisi/Glicolisi; è una via
metabolica fondamentale nei primi istanti della contrazione muscolare, quando
la Glicogenolisi/Glicolisi non si è ancora completamente attivata.
RICADUTE APPLICATIVE
Quello che è importante comprendere dal precedente
paragrafo, è che quando l’intensità muscolare è medio/bassa il METABOLISMO AEROBICO riesce a “sobbarcarsi” gran
parte del lavoro di risintesi di ATP (che
è la moneta di scambio tra produzione
e consumo di energia) utilizzando il glucosio (proveniente dal sangue o dal glicogeno) o il lattato.
In queste condizioni, con una molecola di glucosio, si ottengono 38/39 molecole di ATP; di conseguenza, questo tipo di
sforzo può essere protratto per molto tempo. Quando l’intensità aumenta oltre
una certa soglia, l’ATP ripristinato dal Metabolismo Aerobico non è più
sufficiente a coprire l’esigenza della cellula muscolare, e la Glicogenolisi/Glicolisi
(METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO) incrementa la propria
attività per ripristinare ulteriore ATP (2-3) per molecola di glucosio. Questo veloce incremento di attività della Glicogenolisi/Glicolisi
è possibile perché le reazioni di questa catena metabolica sono relativamente
poche (circa una dozzina) e non necessitano di ossigeno. In
queste condizioni però, il Glicogeno cala molto
velocemente e quando arriva sotto una certa soglia, entrano in
azione meccanismi di produzione cellulare che fanno insorgere
la fatica (che comunque può insorgere anche per altri fattori legati
all’eccessiva intensità dello sforzo). È un fenomeno analogo a quello che
accade al serbatoio di carburante di un’auto; con una guida “aggressiva”, il
serbatoio cala più velocemente. Sotto è possibile vedere un grafico
esemplificativo e semplificato di quanto spiegato in questo paragrafo.
ASSUNZIONE DI
CARBOIDRATI IN GARA E IN ALLENAMENTO
In un precedente post, abbiamo visto come l’assunzione
di carboidrati in gare di endurance permette di ritardare l’insorgenza
della fatica. Infatti il glucosio (carboidrato) proveniente dal sangue, con
il passar dello sforzo diventa sempre di più importante come fonte energetica
perché il glicogeno tende ovviamente a calare. Anche il glucosio del sangue
ovviamente tende a calare, ma l’assunzione di carboidrati
a rapida assimilazione permette di rallentarne il decremento. È importante però
far notare che il glucosio ematico (cioè proveniente dal sangue) è in grado di
fornire molecole alla Glicogenolisi/Glicolisi con una velocità non paragonabile a quella del glicogeno;
ne deriva che questa fonte energetica serve esclusivamente a sostenere sforzi
atletici di intensità medio-bassa e (al limite) preservare una quota moderata
di glicogeno nel prolungarsi dello sforzo.
Il glicogeno
è quindi l’unica fonte energetica in grado di garantire sforzi di elevata
intensità; non a caso nelle competizioni di ciclismo, chi ambisce alla vittoria,
tende il più possibile a limitare dal punto di vista tattico lo spreco di
glicogeno nelle parti iniziali e centrali, cercando di concentrare lo sforzo
maggiore nelle parti finali della gara.
Ma è consigliabile utilizzare anche in allenamento
l’integrazione con carboidrati? A volte vedo atleti rifiutarsi di assumere
carboidrati durante gli allenamenti finalizzati al miglioramento della
resistenza aerobica, con lo scopo di “forzare” il consumo dei grassi. Se da un
lato ha un razionale fisiologico corretto quello di “svuotare” le risorse di
carboidrati al fine di creare adattamenti fisiologici che tendano
successivamente (nel recupero) ad incrementarne le scorte, è anche da ricordare
che i
grassi bruciano al fuoco dei carboidrati; questo significa che anche i grassi (in condizioni
di deplezione di glucosio/glicogeno) vengono consumati più lentamente, con
la conseguenza che il ritmo tende a crollare letteralmente quando le
scorte di glicogeno muscolare e glucosio ematico scarseggiano.
Questo, oltre a rendere la parte di allenamento in queste condizioni
“un’inutile agonia”, incrementa il rischio di
infortuni; di conseguenza è consigliabile:
·
Quando si effettuano allenamenti la cui lunghezza si è certi non provochi
una deplezione massiva di glucosio/glicogeno, è consigliabile limitarsi al
consumo di sola acqua (se
necessaria).
·
Quando non si è certi di quanto sopra (per la durata e l’impegno
dell’allenamento) è consigliabile avere con sè dei carboidrati
a rapida assimilazione da assumere nel caso in cui si abbia la sensazione di esaurire le
scorte energetiche.
·
Nella preparazione di una maratona o di gare di
ultraresistenza invece è importante, nel periodo specifico della
preparazione, abituare l’organismo ad integrare durante i
“lunghi”; questo perché anche l’apparato digerente ha bisogno
(con grandi differenze tra un individuo e l’altro) di abituarsi/allenarsi a
digerire ed assorbire sostanze quando lo sforzo è particolarmente prolungato.
Non solo, i lunghi del periodo preparatorio, solitamente sono quelli più
impegnativi, quindi arrivare a fine allenamento senza aver completamente
esaurito le scorte energetiche serve a recuperare prima questo
tipo di stimoli.
CALCIO
ED ACIDO LATTICO
Come abbiamo visto nel post precedente, il
lattato (o acido lattico) non è la causa principale della fatica. In ogni modo, il
rilevamento del lattato ematico (cioè quello presente nel sangue) è stato
(soprattutto negli anni ’90) una delle misurazioni più
frequenti in tutti gli sport. Come abbiamo visto sopra, quando
la Glicogenolisi/Glicolisi è particolarmente attivata,
tende ad accumularsi lattato nella cellula muscolare; questo tende a passare
dalla cellula al sangue e successivamente entrare in altre cellule (muscolari,
cardiache, fegato, ecc.) per esser e utilizzato a scopo energetico. Il lattato
che viene misurato nel sangue, non è altro che la diluizione nel sangue (che richiede comunque qualche minuto)
del lattato prodotto e che non è ancora stato utilizzato a scopo energetico
(vedi immagine sopra). Ne deriva che in sport a carattere
intermittente come il calcio sia un valore poco indicativo (anche
perché lo stesso prelievo non può essere fatto con frequenza elevata) ed
eccessivamente generico; fondamentalmente se trovo valori di lattato sopra una
determinata soglia di riferimento, significa che durante i minuti che precedono la misurazione c’è stato
un’elevata attivazione della Glicogenolisi/Glicolisi, ma senza sapere
quando, nè quante volte! Come misurazione del livello di sforzo
metabolico del calciatore, risulta molto più utile (in allenamento e in partita)
l’utilizzo della
potenza metabolica, che ha il vantaggio di poter monitorare continuamente
l’attività, di non essere invasivo e di fornire più informazioni (potenza,
cambi di direzione, accelerazioni/decelerazioni, ecc.).
CONCLUSIONI
In questo post abbiamo cercato di spiegare in maniera
semplificata (spero in modo comprensibile a tutti) il metabolismo dei
carboidrati, in particolar modo:
·
Che il Glicogeno rappresenta la fonte muscolare
principale per sforzi intensi; per questo motivo è opportuno
distribuirne il consumo in maniera razionale in gara con un’opportuna
distribuzione dello sforzo in funzione della disciplina praticata.
·
Il Glucosio proveniente dal sangue permette di sostenere esclusivamente
sforzi di intensità media (se specificatamente allenati) e medio/bassa; un’adeguata integrazione in gara permette di
mantenere la glicemia (cioè il glucosio presente nel sangue) costante,
risparmiando anche glicogeno nelle fasi meno intense.
Fonte: MisterManager.it
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