Più volte ci siamo occupati del Fartlek. Con questo articolo desidero illustrare, in sintesi, come possa svolgersi, concretamente, questo tipo di corsa e come è stata da me interpretata.
Si inizia
l’uscita ad un’andatura di lungo lento e, dopo alcuni chilometri di
assestamento, quando ci si sente perfettamente sincronizzati nel ritmo di corsa
con una respirazione aerobica, si potrà iniziare il cambiamento verso un ritmo
più orientato alla velocità. Non deve essere un cambiamento brusco,
un’impennata di pochi metri; si dovrebbe “cambiare marcia” con decisione
sapendola mantenere per un certo periodo di tempo. L’andatura, nel tratto
scelto per accelerare è diversa da quella tenuta in precedenza e tale da essere
perfettamente percepita ed eseguita con precisione dal corridore. Non un
allungo in senso tecnico, cioè un graduale progredire verso un picco di
velocità, bensì l’assunzione di un nuovo ritmo, più veloce di quello solito,
scelto tra quelli conosciuti, conforme alle vostre caratteristiche in quel
preciso momento e, possibilmente, legato alla conformazione del terreno da
mantenere per la distanza o tempo programmato.
Qualora si
decida di eseguirlo in salita occorrerà, evidentemente, tenere i toni bassi
evitando di sfiancarsi mentre per un cambio di ritmo in pianura potreste anche
misurarvi con ritmi più vivaci.
Bisognerebbe,
poi, riuscire a sviluppare gradualmente doti di sensibilità, per riuscire a
cambiare velocità al momento giusto, senza effettuare forzature: semplicemente
sapendo cogliere il momento ideale per effettuare la variazione. Non
l’espressione di un comando interno quanto piuttosto il concretizzarsi di
un’intuizione non appena si presentano le condizioni fisiche e psicologiche
ottimali per effettuarlo.
Dopo una
serie di esecuzioni e tentativi, magari non perfettamente riusciti, dovreste
essere in grado di effettuare il cambio di ritmo al momento opportuno,
rispettando queste indicazioni. Il rientro nell’alveo dell’andatura del lungo
lento, dovrebbe risultare più facile anche se all’inizio di questo tipo di
allenamento, si tenderà a correre aumentando leggermente l’andatura sullo
slancio del cambio di velocità avvenuto in precedenza.
Quanto deve durare, quanti
chilometri percorrere, quanti cambi effettuare
Di quanti
metri o di quanto tempo e con quali modalità? La risposta non è univoca ed è da
mettere in relazione con le finalità dell’allenamento e del periodo in cui
viene effettuato (macrocicli di allenamento).
Sia nelle
uscite orientate alla ricerca di benessere o veri allenamenti in vista di competizioni,
è possibile scegliere tratti di percorso dai 100 ai 300 metri, una distanza
abbastanza breve da vivere con una corsa piena e distesa, vero momento di
gioco, simulando di rincorrere un invisibile concorrente là davanti a voi o un
cambiamento di ritmo da effettuare in sintonia con un vostro compagno
d’allenamento.
La quantità
di queste variazioni non dovrebbe essere inferiore a due ma nemmeno prodursi in
continuazione. Questo “gioco di di velocità” dovrebbe portarvi, gradualmente, a
diventare veramente padroni della vostra azione atletica, a tenerla saldamente
in mano, a familiarizzarvi con essa e non essere sopraffatti dalla medesima.
Dopo un adeguato esercizio, come detto, dovreste diventare consapevoli delle
vostre potenzialità, aver ben chiare quante “marce” siete in grado di attivare,
diventare accorti nel gestirlo adottando il miglior passo di corsa ad ogni
ritmo prescelto.
Psicologicamente
questo esercizio è apportatore di flessibilità e duttilità alla corsa, evita la
standardizzazione del ritmo e vi mette in grado di conseguire un adattamento
dello stile di corsa conforme al terreno incontrato: più impegnato e lievemente
contratto in salita, più disteso in pianura, lievemente rilassato in discesa.
Quanto sia
necessaria la flessibilità nell’esprimere ritmi di corsa variabili è confermato
da mie giornaliere osservazioni di podisti che frequentano un circuito
cittadino quasi completamente sterrato e situato nei pressi della mia
abitazione. Ebbene molti di loro nel corso degli anni continuano a replicare il
solito modo di correre, caratterizzato dalla monotona ripetizione dei medesimi
gesti, dal loro procedere con la solita falcata (quando esiste) con un’azione
sempre più scomposta con il passare dei chilometri. Spesso si presentano anche
piuttosto legnosi con un'azione atletica tendenzialmente vischiosa, a tratti
legata, non bella da vedersi.
Danno
l’impressione di essere al traino di qualcosa, là davanti a loro e che riescono
a seguire con fatica. Non è certo questo il modo migliore per vivere la corsa.
Se potessero uscire dall’abitudine, sicuramente acquisita negli anni, di
correre in modo ripetitivo, quasi senza entusiasmo e partecipazione,
finirebbero per apprezzare maggiormente i benefici della corsa ed il Fartlek
potrebbe aiutarli.
Fartlek per agonisti
Chi lo
pratica con finalità agonistiche o amatoriali tendenzialmente competitive,
dovrebbe provvedere a strutturarne con cura l’esecuzione, senza snaturarne la
filosofia, evitando di ridurlo a prescrizioni decise in anticipo in numero e
durata.
L’amatore puro,
che fa della corsa un mero piacere, gode invece dello straordinario privilegio
di poterlo eseguire in modo spontaneo, seguendo in pieno il proprio intuito,
cambiando il ritmo usuale al momento opportuno senza schemi di alcun tipo. Un
vero esercizio di libertà.
L’atleta più
evoluto e competitivo, pur avendo a disposizione meno gradi di libertà
nell’esecuzione, trarrà grande beneficio, soprattutto a livello psicologico, se
riuscirà a mantenerne il carattere gioioso. Il giorno del Fartlek dovrebbe
essere vissuto come una festa!
Al ritmo
iniziale, superiore o lievemente superiore a quello dello jogger, ne dovranno
subentrare, in successione, altri più cadenzati, orientati a dar brio e
vivacità all’uscita. La distanza o il tempo di esecuzione andranno messi in
relazione con lo stato di avanzamento della preparazione.
All’inizio
della stagione agonistica, il Fartlek potrà farsi vivo ogni 15 giorni per poi
diventare regolare 1 o 2 volte la settimana avendo cura di non cercare ritmi
troppo elevati se non in imminenza di specifici impegni a cui si tiene
particolarmente. La distanza su cui produrre il cambiamento di ritmo andrebbe
messa in relazione alle esigenze dell’atleta: sufficientemente corta (60-100
metri) per chi vuole migliorare la propria velocità di base, allungandola (dai
300 ai 500 metri) per acquisire resistenza nella velocità prolungata.
Percorso più breve nel primo caso ed più allungato nel secondo.
Percorso più breve nel primo caso ed più allungato nel secondo.
La distanza
complessiva potrebbe variare dagli 8 ai 12 chilometri o anche meno, con
l’indicazione di dedicare al ritmo più veloce almeno un terzo della medesima.
Se il percorso è di 10 chilometri bisognerebbe riuscire a variare il ritmo per
almeno 3 chilometri, opportunamente suddivisi anche in frazioni variabili nella
metratura.
Se verrà
praticato in compagnia, occorrerà evitare di trasformarlo in una serie continua
di scatti e, soprattutto, senza sfidare il compagno di allenamento o, peggio,
misurarsi in competizione per arrivare primi al punto stabilito.
Se avrete
l’abilità di farlo diventare un gioco di corsa, un equilibrato alternarsi di
passo, di piacevoli e veloci cambi di ritmo dovreste riuscire a divertirvi
accumulando notevoli benefici che finiranno per influenzare positivamente anche
il vostro umore.
In questo
tipo di corsa vengono richieste reattività ed attenzione, al fine di cogliere il
momento opportuno per variare il ritmo e una prontezza ad adattarsi molto
velocemente alle caratteristiche del terreno.
È risaputo
come la tecnica di corsa possa migliorare notevolmente alternando terreni
diversi. Com’è noto la corsa in salita richiede un maggior consumo di
ossigeno per minuto e chilogrammo di peso corporeo e, ad ogni spinta, i muscoli
saranno maggiormente sollecitati rispetto ad un’andatura di pianura. Correndo in discesa si ha, invece, una minor spesa
energetica in quanto il consumo di ossigeno per minuto e chilogrammo è
all’incirca metà di quello fatto registrare in salita, mentre la velocità di
corsa tenderà ad aumentare naturalmente per cui la medesima andrà bilanciata
con una tecnica frenante, cioè impostando passi più corti e molto frequenti
senza perdere il controllo dei piedi e lavorando molto con i medesimi.
Per
facilitare l’esecuzione in solitaria potreste porvi ideali traguardi: un palo o
una pianta in lontananza, un punto ove cesserete di correre più veloci per
rientrare nell’andatura del lento evitando di fermarvi prima del dovuto. Questo
è un altro punto a cui prestare molta attenzione. Scelto un riferimento per
terminare la variazione di ritmo dovreste cercare di raggiungerlo con una certa
determinazione evitando la cocciutaggine d’insistere quando l’azione atletica
diventasse legnosa, priva di scioltezza esecutiva. Se vi accorgete di aver
sbagliato la valutazione nello scegliere il ritmo dovreste rallentate e ripromettervi
di ricercare e analizzare le cause dell’insuccesso. Alla successiva variazione
dovreste impostare un ritmo più basso cercando di non variarlo sino alla fine
del tratto di percorso prescelto.
Evitate di
farvi coinvolgere dall’euforia atletica alimentata dalla facilità con cui, in
qualche esecuzione, riuscite a perseguire con facilità quanto avete pensato
perché potrebbe trattarsi di un particolare momento di grazia psicofisico e non
espressione di una condizione atletica consolidata.
Il vero obiettivo,
non dovreste mai dimenticarlo, è quello di riuscire a stabilizzare nel tempo la
capacità di variare il ritmo, di mantenerlo senza tentennamenti e con una certa
facilità. In ogni caso non vorrei insistere nel fornire regole troppo
vincolanti: mi basta avere accennato ai principi che sostengono questo
originale metodo d’allenamento.
Sul luogo
dove effettuare il Fartlek, credo, non ci possano essere dubbi. È un
allenamento da collocare in mezzo alla natura scegliendo un percorso
sufficientemente vario con presenza di lievi salite possibilmente con fondo in
terra battuta. Sull’asfalto verrebbero messi a dura prova i tendini, ridotti i
tempi di spinta: meglio optare, allora, per esecuzioni su pista.
Qualora
decideste di orientarvi verso un Fartlek più impegnativo e maggiormente
strutturato abbiate l’accortezza d’inserire qualche variazione di ritmo in
salita a pendenza variabile senza mai superare il 10%. Magari potreste
preparare in anticipo due o tre percorsi di Fartlek ed alternarli di settimana
in settimana aggiungendo, in tal modo, altra flessibilità alla vostra pratica
atletica.
La
possibilità di variare con frequenza i percorsi o addirittura di inventarne dei
nuovi potrà costituire un buon antidoto alla possibile noia da ripetizione.
Questo vale sia per il Fartlek che per il lungo lento.
Come dovreste
sentirvi al termine di questo tipo di allenamento?
Certamente
non provati anche se ai primi approcci l’ostacolo della pigrizia mentale
tenderà a limitare i cambi di ritmo. Siete ancorati al vostro procedere senza
scossoni e incontrate una certa fatica psicologica a sbarazzarvene. Superato
questo scoglio e, dopo svariate ripetizioni, il Fartlek vi risulterà simile
all’esecuzione di un lungo lento. Non sono, infatti, richiesti sforzi
particolari: solo opportune e semplici variazioni di ritmo necessarie a
cambiare quello normale di base, quello dedicato alla costruzione aerobica.
Addirittura potreste sentirvi più tonici e reattivi a seguito di questa corsa,
diversa da quella praticata normalmente, e avvertire dentro di voi una maggiore
freschezza ed una brillantezza psicologica capace di annullare eventuali
residui di stanchezza mentale e fisica, prodotta da altri tipi di allenamento
più impegnativi.
Se ben
eseguito dovrebbe trasmettere la sensazione di una decurtazione del tempo di
allenamento, all’imprescindibile condizione di eseguirlo in modo piacevole e
divertente.
Il circuito collinare alla
Lydiard
Una modalità
per alternare velocità diverse era proposta anche da Lydiard con un lavoro
denominato “circuito collinare” inserito nel suo programma come “lavoro in
salita”. E’ in qualche modo simile ai suggerimenti presenti nell’articolo Fartlek a triangolo illustrato su questo sito qualche
tempo fa.
Prevedeva una
corsa da effettuarsi su una distanza di circa 13 chilometri, costituita da
quattro ripetizioni della lunghezza di 3 chilometri e 200 metri ciascuna,
seguendo una precisa sequenza: 800 metri di corsa impegnata in salita, 800
metri di jogging alla sommità del percorso, un tratto di discesa a ritmo veloce
per altri 800 metri. Si completava l’anello con sprint veloci a piacere di 100
metri ripetuti 4 volte e seguiti da un 400 metri o una coppia di 200 metri a
scelta. Se invece si optava per un circuito più corto, gli sprint venivano
effettuati ogni 15 minuti.
È ovvio come
questo lavoro, svolto in una precisa fase della preparazione per atleti
agonistici di ottimo livello tecnico, risulti decisamente più impegnativo di
quello da me tratteggiato anche perché viene prevista una precisa sequenza e
l’esecuzione giornaliera, entro un dettagliato programma di allenamento con
l’eccezione della domenica, giorno in cui si effettuava il lungo lento o
lunghissimo di ben 35 chilometri.
La modalità
d’allenamento imperniata su circuiti da ripetere 3/4/5 volte sono certamente efficaci
perché sottopongono gli atleti a differenti sollecitazioni, in un lasso di
tempo piuttosto contenuto: corsa in salita, un recupero in sommità seguito da
tratti di corsa veloce in discesa, sprint. Una simulazione di gara molto
movimentata con l’obiettivo di incrementare la resistenza e la velocità del
praticante.
Un lavoro un
po’ troppo dettagliato e strutturato la cui esecuzione giornaliera, seppur per
soli due mesi o tre all’anno non mi sento di consigliare ad un principiante ma
solo ad atleti in possesso di una buona preparazione atletica e con un
curriculum di rispetto.
Conclusioni
Le tante
varianti o modi d’interpretare il modello Fartlek originale potrebbero generare
qualche confusione nel lettore. Rimane però fermo un principio: nell’allenamento,
specie se protratto per anni e giorni, occorre ricercare delle varianti che
stimolino l’atleta a vivere la propria preparazione con entusiasmo, pur
accompagnato da regolarità e dalla necessaria determinazione.
Il Fartlek
costituisce sicuramente una variante piacevole e divertente e mi sento di
indicarlo, soprattutto per chi vive la corsa con obiettivi non troppo
ambiziosi, come uno dei tre pilastri su cui costruire la propria preparazione.
Il primo costituito dall’imprescindibile lungo-lento, il secondo dal gioioso
Fartlek ed il terzo, forse più importane, da un sottile allenamento psicologico
teso a costruire l’ambiente mentale adatto per effettuare gli allenamenti con
piacere, serenità, continuità ed efficacia. Di quest’ultimo, però, ci
occuperemo un’altra volta.
Fonte: Runnig Italia
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