Dolomiti Sky Run,
ancora una volta, ancora insieme, ancora un'altro viaggio, ma questa
volta da finisher, questa volta
l'avventura si è chiusa sotto
l'arco.
Mi porto via un'altra esperienza , un'altra sensazione,
un'altra avventura che farà parte del mio bagaglio, del mio vissuto.
Ho sudato, riso , imprecato, sofferto. Mi sono emozionato nel
vedere la roccia rosa, ho sognato sopra il Coldai, mi sono avvicinato alle
stelle salendo al Lagazuoi, ho riempito gli occhi sopra la forcella Zità , ho fatto palpitare il mio cuore al
passo Giau.
Mi sono perso nella bellezza delle dolomiti e mi sono ritrovato nella durezza delle dolomiti
bellunesi. Ho imprecato salendo nel buio
il muro del Gravedel e scendendo in picchiata tra sassi e radici umidi.
MI sono maledetto in quella infinita strada che separa l'ultima forcella da
Belluno.
Mi sono perso in calcoli
per immaginare il tempo di arrivo e mi sono ritrovato nella sicurezza
della mia convinzione.
Ogni viaggio, ogni gara ha un insieme di istanti che uniti
tra di loro la raccontano. Qui , in 37 ore , di instanti ce ne sono stati
molti. La tranquillità del pre gara, gli amici con te, la prima salita per
raggiungere il rifugio biella che apre il tuo cuore alla fatica. Il panorama
visto da sopra il lago di Braies. La nebbia che nasconde la montagna in alcuni
punti , come farebbe una ragazza per farsi immaginare senza spogliarsi.
La
pioggia che scende fredda sul tuo corpo
sudato, l'umidità che ti regala una sensazione di calore insopportabile. I tuoi
amici che dividono con te i loro racconti, le cime conquistate, la minestra
calda del Falzarego che riscalda il tuo stomaco. La luce della frontale che
illumina la tua strada nel buio della montagna. L'allegria del chiassoso
ristoro del passo Giau.
La prima birra consumata con avidità e immenso piacere,
proprio li al passo Giau, lasciando da parte il buon senso che non ti farebbe
bere alcool in gara, ma il buon senso in una gara da 130 km è difficile da
trovare.
La forcella del Camp , che agita in te i peggiori ricordi.
il Duran , la prima tappa importante. La forcella van de
Zità che ti sorprende con la sua bellezza, la discesa subito dopo che manda in
frantumi le tue caviglie e l'interminabile asfalto che separa la fine della
discesa all'attacco del Gravedel, e infine
l'arco di una insonnolita Belluno che ti accoglie come una mamma appena
svegliata, con quella maglia da finischer tanto cercata.... una birra per
favore... anche questo viaggio è andato...
Massimiliano Tebaldi
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