Dott. in Scienze Motorie
Secondo articolo del macro-argomento relativo al
recupero.(qui trovi la prima parte)
Dopo aver spiegato il concetto di supercompensazione,
fondamentale per capire il rapporto tra carico allenante e recupero,
affrontiamo ora un secondo importantissimo concetto: il tapering.
Nello sport di alto, altissimo livello, la
competizione oltre ad essere il momento culminante del lavoro svolto durante la
settimana, allenamento dopo allenamento, è anche mezzo determinante per
raggiungere la miglior condizione grazie a ritmi altrimenti non ripetibili in
allenamento.
Ai giorni
nostri la metodologia dell’allenamento sta virando però su un concetto: correre
meno e meglio (di qualità), cercando di allenarsi al 110% per poi affrontare
gare considerate “target”: un vero e proprio concetto agli antipodi rispetto al
“correre per incrementare la condizione”.
Il punto è che, al di la dell’idea perseguita, un
coach deve riuscire a trovare il “timing”, corretto ed individualizzato
sull’atleta, tra carichi allenanti e fasi di recupero riuscendo a raggiungere
l’apice di condizione nel momento esatto della competizione più importante…non
certo un gioco da ragazzi!
Al di la delle infinite serie di variabili che possono
ritardare uno o più picchi di forma occorre anche considerare come un atleta
con alti carichi acuti di allenamento sarà maggiormente allenato, ma andrà incontro
ad una fatica più elevata rispetto ad un atleta proveniente da un periodo di
recupero più lungo, che al contrario però rischierà di essere meno allenato.
E quindi?!?!? Direte voi
giustamente…come ci si avvicina ad una gara importante?
L’IMPORTANZA DI UN “TAPERING” CORRETTO:
Potremmo definire il tapering come una progressiva
riduzione del carico di allenamento per un periodo di tempo variabile, avente
il fine di ridurre lo stress psico-fisico dei carichi allenanti precedenti e di
ridurre la fatica accumulata per poter raggiungere la massima prestazione in
uno specifico momento.
Italianizzando
l’espressione siamo molto vicini a quello che veniva e viene definito tutt’ora
scarico, anche se questo in realtà risulta essere più relativo ad un microciclo
che ad un periodo di più lungo, inoltre nel tapering, come vedremo in seguito,
si assiste ad un mantenimento dell’intensità previa riduzione del volume
allenante. Piccole, ma sostanziali differenze quindi.
Obiettivo dunque quello di ridurre
la fatica e mantenere gli adattamenti precedenti per migliorare la prestazione.
Alcuni studi di Mujika (1996), uno dei fisiologi più apprezzati al mondo, hanno
inoltre evidenziato come esista un rapporto tra la percentuale di miglioramento
della performance durante il tapering e l’aumento del rapporto tra testosterone
e cortisolo, ove quest’ultimo è un fondamentale indicatore dello stato di
fatica dell’atleta.
TAPERING: INTENSITA’ O VOLUME?
Come accennato poco sopra tapering significa anche
intensità, diversi studi hanno infatti fatto emergere la miglior qualità di un
periodo di avvicinamento alla gara in cui fosse stata mantenuta l’intensità
rispetto ad un periodo in cui si fosse ridotta drasticamente.
A questo punto vi domanderete di
certo: se mantengo l’intensità che “scarico” è?
Ovviamente la domanda è più che lecita, ma è chiara
anche la risposta che ne consegue: si mantiene l’intensità allenante come
parametro principale a discapito di una riduzione del volume, anche con
percentuali maggiori del 50% (in alcuni casi prossime al 60-90%, Mujika 1998).
Il mantenimento dell’intensità si
tramuta in una miglior capacità di trasporto dell’ossigeno del sangue, in un
aumento del glicogeno muscolare, in una maggiore attività degli enzimi
mitocondriali e, tornando al rapporto cortisolo-testosterone, ad un aumento di
quest’ultimo.
Il calo
anche sostanziale del volume invece non porta al disallenamento, purchè però
non si esageri con lunghi periodi di riduzione dello stesso.
TAPERING: RIDURRE LA FREQUENZA?
La riduzione della frequenza di allenamento (il numero
di sedute settimanali) viene spesso vista di cattivo occhio da atleti d’elite,
pertanto è consigliabile togliere al massimo una seduta allenante oppure
mantenere la solita frequenza; mentre un atleta allenato si, ma non
professionista, può pensare di ridurre di un ulteriore giorno rispetto al
proprio schema settimanale classico.
ESEMPIO DI TAPERING:
Prendiamo ad esempio il caso della nostra Francesca
che tra 8 settimane sarà impegnata in un Trail impegnativo di 20 km.
FASE NORMALE / STANDARD
Francesca ha seguito il programma senza intoppi,
gradualmente ha incrementato la propria condizione dopo aver lavorato sulle
principali capacità condizionali.
DURATA: fino a 5 SETTIMANE DALLA COMPETIZIONE “TARGET”
FASE DI OVERREACHING
La condizione è buona, i test svolti sono confortanti
e da questi è emerso come ci sia ancora del margine. Un piccolo sforzo
aggiuntivo per cercare di incrementare l’intensità agendo a livello
neuromuscolare e fisiologico.
DURATA: c.a 20 GIORNI – 2 SETTIMANE E MEZZO
Aumento dell’intensità di circa il
5% rispetto alla fase standard.
TAPERING
La nostra atleta è stanca dopo il carico e necessita
di recuperare.
Si procede
al tapering: in questa fase si mantiene un allenamento settimanale ad alta
intensità ma si provvede ad una riduzione del volume, Mantenere almeno un
allenamento intenso le servirà per non far decadere la condizione, ma anzi,
raggiungere uno status più elevato.
DURATA: c.a 20 GIORNI – 2 SETTIMANE E MEZZO Mantenimento dell’intensità con riduzione del volume: 1° settimana -40/50 % del volume standard 2° settimana -60/70% del volume standard.
DURATA: c.a 20 GIORNI – 2 SETTIMANE E MEZZO Mantenimento dell’intensità con riduzione del volume: 1° settimana -40/50 % del volume standard 2° settimana -60/70% del volume standard.
Ovviamente quello di qui sopra rappresenta un esempio
(come vedrete la riduzione di volume proposta ed è stata nella prima settimana
“meno coraggiosa” per ragioni relative ad alcuni allenamenti “di volume” non
svolti nel periodo precedente) altrettanto ovvio che un allenatore debba
considerare diversi aspetti qualora si appresti a preparare un periodo di
tapering per il proprio atleta: dalla qualificazione dello stesso alla condizione
del momento, oltre che conoscere lo stato psicologico e fisico magari avendo a
disposizione uno storico degli anni precedenti.
Spesso infatti un metodo può dare grandi risultati per
un atleta e negativi per un altro, occorre quindi studiare, conoscere e
sperimentare, senza mai dare nulla per scontato oppure, ancora peggio, senza
mai avere dubbi. I dubbi sono leciti e necessari per crescere e per trovare le
soluzioni adatte alla risoluzione dei problemi, che nel percorso sportivo di
ognuno di voi e nel rapporto coach-atleta certamente saranno presenti.
Visto che come lettori e come
sportivi sarete sicuramente attenti ai numeri, in particolar modo quando si
tratta di percentuali di miglioramento, voglio lasciarvi con un ulteriore
incentivo allo sperimentare questo metodo: un tapering ben svolto è in grado di
portare ad un miglioramento prestazionale del 2-3% (con picchi fino al 5-6%).
Leggendolo così forse penserete sia
un margine trascurabile, ma se vi dicessi che potreste correre una mezza
maratona invece di 4’00” al km a 3’55” e forse meno, cambierebbe la vostra
visione?
Vi lascio
con il dubbio (lecito e necessario…).
Dott. in Scienze Motorie
www.zetatraining.it
zetatraining@gmail.com
Fonte: InfinityRun
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