Quello che è accaduto domenica 15 maggio a Gemona e che ha scosso il mondo del trail, dovrebbe cominciare a far riflettere tutti coloro che, seguendo un trend, si improvvisano organizzatori di competizioni di trail running.
Colgo l’occasione dell’incidente che, viste le circostanze nessuno
poteva evitare, per condividere la mia opinione su ciò che sta interessando il
movimento di tale disciplina. Non punto il dito contro nessuno,
tantomeno contro l’organizzazione del Trail dei 3 Castelli, ma ciò che
purtroppo è successo durante quella gara, mi ha fornito il pretesto per fare la
seguente riflessione.
Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di runners che
si sono avvicinati all’affascinante disciplina della corsa in ambiente e che,
di conseguenza, hanno fatto incrementare il numero degli eventi ad essa
dedicati. A mio avviso alcuni ne hanno approfittato, proponendo gare con lo
scopo principale di lucrare economicamente e in termini di visibilità.
Il trail running non è una gara su strada, dove la
relativa semplicità del contesto rendono l’organizzazione della manifestazione
più semplice e, in caso di necessità, l’intervento più tempestivo e mirato. La
montagna è per sua natura un ambiente impervio che esige rispetto, le
condizioni metereologiche possono cambiare da un momento all’altro e avere
conseguenze rilevanti.
Durante una competizione i corridori sono vulnerabili:
stanchi, bagnati e poco lucidi. Se, in aggiunta, l’atleta è poco allenato
fisicamente e tecnicamente al contesto montano il repentino cambiamento
meteorologico, può avere conseguenze serie. Nel migliore dei casi si traducono
in raffreddamenti, disidratazione e meri infortuni; altre volte, si può
arrivare ad incidenti ben più gravi: dai principi di ipotermia ai casi di
decesso.
Solitamente gli organizzatori di grandi eventi e che sanno fare il proprio
lavoro, tengono in giusta considerazione la sicurezza degli atleti mettendo in
sicurezza il percorso nei punti più critici, ridefinendo o annullando la gara quando
necessario (vedi Tor de Giants e UTMB). Penso che il “semplice” disclaimercontenuto
nei regolamenti delle manifestazioni, dove i partecipanti sollevano gli
organizzatori della gara dalla responsabilità di eventuali accadimenti
spiacevoli non basta.
Se da un lato si richiede ai trailer un
livello minimo di allenamento e di preparazione per partecipare alle gare,
penso che anche dalla parte degli organizzatori ci debba essere garanzia di
serietà e competenza.
Il fatto di Gemona rimane un evento singolare e unico, dove
l’organizzazione difficilmente avrebbe potuto fare qualcosa vista la
circostanza, ma che dovrebbe far riflettere gli organizzatori “improvvisati”
che continuano a lanciare gare in luoghi indiscutibilmente meritevoli ma che
sicuramente necessiterebbero di maggiore studio anche in termini di sicurezza
dei partecipanti. Penso che il trail running sia uno sport
bellissimo, da condividere con gli altri anche in occasione delle gare.
Uno
sport praticato da ognuno per il proprio benessere e che per nessun motivo deve
trasformarsi in una minaccia per l’incolumità dei singoli, a maggior ragione
alle gare, dove i concorrenti non dovrebbero pensare ad altro che a correre e
divertirsi.
Le nostre passioni sono i motivi per i quali vale la pena vivere, non
morire.
Se madre natura ha lanciato un campanello d’allarme, forse è il caso di
ascoltarlo, farsi un esame di coscienza e ricominciare… a correre.
Articolo di
Francesco Trenti
Fonte: TrailRunning.it
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